La storia dell’Ospedale degli Innocenti a Firenze

Andrea della Robbia, Putto in fasce

In fervente attesa che riapra lo splendido verone che ospita la caffetteria dell’Istituto degli Innocenti, realizzato nell’antico stenditoio dell’Ospedale e da cui la vista spazia sui tetti di Firenze fino alla Cupola di Santa Maria del Fiore, ho avuto occasione di visitare il Museo inaugurato nel giugno 2016, dedicato all’affascinante storia di un’Istituzione che da sei secoli si prende cura dei più deboli, i bambini abbandonati.

Alla prima metà del Quattrocento Firenze era una città con una solida rete assistenziale, con il grande ospedale di Santa Maria Nuova ed altre istituzioni che offrivano cure agli infermi e davano ospitalità a pellegrini, mendicanti e forestieri. Fra di esse gli ospedali di San Gallo e di Santa Maria della Scala accoglievano, oltre ai poveri e agli ammalati, anche i bambini abbandonati, e le confraternite come il Bigallo e la Misericordia offrivano cure ai bambini di ogni età che ne avevano bisogno.

Il prospetto dell’Istituto degli Innocenti su Piazza Santissima Annunziata

Nel 1410 il mercante Francesco Datini promosse la fondazione di un ospedale per i trovatelli con un lascito di mille fiorini e nel 1419 l’Arte della Seta acquistò un terreno sulla piazza dei Servi e iniziò la costruzione del nuovo Ospedale di Santa Maria degli Innocenti affidandone il progetto a Filippo Brunelleschi, che all’epoca era impegnato nel concorso pubblico per la realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore. Brunelleschi eseguì il progetto e diresse i lavori per otto anni, fino al 1427, quando venne chiamato ad altri incarichi. Al suo progetto si devono il loggiato (una delle più importanti realizzazioni architettoniche del Rinascimento, d’ispirazione per tantissime reinterpretazioni successive e determinante per l’aspetto di tutti gli altri edifici affacciati sulla piazza), il cortile centrale e i due locali affiancati, ovvero la Chiesa e il dormitorio dei bambini.

Pittore fiorentino, Madonna degli Innocenti – dettaglio

Nel 1436 alla direzione dei lavori subentrò Francesco della Luna, le cui modifiche e aggiunte  suscitarono le critiche del Brunelleschi, come riporta anche il Vasari nella sua biografia: “Il quale Francesco fece il ricignimento d’uno architrave che corre a basso di sopra, il quale secondo l’architettura è falso; onde tornato Filippo e sgridatolo perché tal cosa avesse fatto, rispose averlo cavato dal tempio di San Giovanni che è antico. Disse Filippo: «Un error solo è in quello edifizio, e tu l’hai messo in opera».” I lavori proseguirono negli anni successivi e l’edificio fu inaugurato – benché non ancora concluso – il 25 gennaio 1445: il 5 febbraio, festa di Sant’Agata, l’Ospedale accolse la prima bambina, cui fu dato nome Agata Smeralda. Nel 1487 negli occhi collocati tra i pennacchi della facciata, concepiti vuoti dal Brunelleschi, furono inserite le terracotte invetriate rappresentanti un putto in fasce, realizzati da Andrea della Robbia: il putto, secondo un’antica usanza, veniva fasciato – ovvero stretto con lunghe strisce di stoffa – nella convinzione che questo servisse a proteggerlo e a raddrizzarne le ossa, e  divenne simbolo dell’Ospedale il cui scopo era appunto accogliere e proteggere i bambini.

Lapicida fiorentino, Stemma dell’Arte della Seta

In origine i piccoli venivano deposti su una “pila“, una pietra concava a forma di acquasantiera, che si trovava sotto il loggiato e comunicava con la chiesa delle donne. Dal 1660 questo sistema fu abbandonato a favore di una “buca“, raggiungibile da una finestra ferrata situata all’estremità sinistra del loggiato, che consentiva l’abbandono dei soli neonati, apertura che venne infine murata nel 1875: tale decisione venne presa in seguito a un acceso dibattito che coinvolse gli intellettuali del tempo, e mise fine all’ingresso di neonati legittimi, causa del cronico disavanzo economico dell’ente.

Cortile degli uomini

I bambini abbandonati venivano allattati da balie e quindi affidati a famiglie del contado che li allevavano dietro un compenso economico, fino a 5/6 anni di età. Dopo questo periodo, venivano riaccolti nell’Istituto per essere scolarizzati e avviati a una professione, mentre le bambine apprendevano l’arte della tessitura o erano istruite ai lavori domestici presso le famiglie agiate di Firenze, in modo che potessero guadagnarsi la dote matrimoniale. La tutela fisica e morale dei fanciulli veniva garantita fino al compimento dei 18 anni per i maschi, mentre alle femmine era offerta ospitalità fino al matrimonio o alla vocazione monastica.

Cortile delle donne

Con il trascorrere dei secoli la struttura dell’Ospedale crebbe rapidamente, per soddisfare le sempre più numerose richieste: nel Cinquecento vennero costruiti nuovi locali per ospitare la comunità femminile, e gli ampliamenti proseguirono anche nel Seicento, con la realizzazione di ambienti al di là di via della Colonna, collegati al corpo di piazza Santissima Annunziata tramite un corridoio soprelevato. Contemporaneamente, i priori che dirigevano l’Ospedale erano impegnati nell’organizzazione e nei progetti pedagogici destinati agli ospiti, le cui giornate erano scandite da programmi molto rigidi. Dalla fine del Settecento venne invece intrapresa un’opera di riorganizzazione degli spazi, per rispondere a un numero di ingressi che – nella seconda metà del secolo – arrivò al migliaio all’anno.

Immagine d’epoca: una delle sale di separazione per l’allattamento artificiale

Nel corso del Settecento l’attenzione si concentrò anche verso la salvaguardia della salute dei piccoli ospiti, con la diffusione delle vaccinazioni e l’utilizzo di latte artificiale in funzione antivaiolo. Nel 1815 venne inoltre istituito un Ospizio di maternità, affiancato da una cattedra per la formazione professionale destinata all’insegnamento delle pratiche dell’ostetricia. Alla fine del secolo arrivano l’illuminazione elettrica, l’uso di acqua calda e fredda, nuovi servizi igienici e l’allestimento di nuove cucine, innovazioni che resero l’Ospedale un luogo all’avanguardia nell’assistenza ai bambini, tanto che nel 1900 l’Istituzione partecipò all’Esposizione Universale di Parigi.

Una delle sale del Museo

Nel corso del Novecento l’Ospedale ha continuato la propria opera di ammodernamento, assecondando lo sviluppo della nuova cultura dell’infanzia che mette al centro l’interesse del bambino, persona con valori autonomi e soggetto di diritti. Oggi l’Istituto prosegue la propria missione, con servizi socio-assistenziali ed educativi destinati a bambini e famiglie, lo studio e la promozione attraverso attività di ricerca, documentazione e formazione, la tutela e valorizzazione del patrimonio artistico attraverso il Museo degli Innocenti.

Segno di riconoscimento di Saturnina, abbandonata il 23 luglio 1855

Il Museo, allestito nei locali seminterrati, narra dunque la storia dell’Ospedale, dell’edificio che lo ospita e lo sviluppo delle attività assistenziali e delle funzioni mediche svolte nel corso dei secoli, attraverso l’esposizione di opere d’arte, documenti fotografici e video, di oggetti appartenuti ai piccoli ospiti: è commovente la sala dedicata ai segni di riconoscimento che le madri introducevano tra le fasce dei propri bambini abbandonati, nella speranza forse di poterli un giorno riabbracciare. L’archivio storico conserva migliaia di questi piccoli oggetti: medaglie, monete, fermagli, santini, bottoni, pezzetti di stoffa, e alcuni di essi vengono esposti in mostra con l’indicazione del nome del neonato a cui appartenevano.

Raccolta d’arte al primo piano

Una volta conclusa la visita al piano seminterrato, in cui manca l’allestimento della sezione dedicata al Novecento (promessa a breve), si giunge al primo piano, dove una bella raccolta d’arte evidenzia il valore artistico delle opere esposte e il loro legame con la storia dell’Istituzione: fra di esse, quelle di maggior pregio sono l’Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio, la Madonna col Bambino di Luca della Robbia, la Madonna col Bambino in trono e santi di Pietro di Cosimo.

Piero di Cosimo, Madonna in trono col Bambino e i santi Pietro, Giovanni Evangelista, Elisabetta d’Ungheria (?), Caterina d’Alessandria e angeli – dettaglio

Ho realizzato una galleria fotografica dedicata alla mia visita, che comprende qualche immagine del Caffé del Verone prima della sua temporanea chiusura, e ho caricato una mappa del Museo utile alla visita.

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