
“Soltanto San Miniato al Monte ha ancora sole sul volto semplice e amabile, ed io non tralascio mai di cogliere il suo ultimo sorriso come una perfetta lieve grazia”. Con queste parole Rainer Maria Rilke si riferisce all’abbazia di San Miniato al Monte, che in virtù della sua posizione elevata sopra la città di Firenze viene illuminata dagli ultimi raggi del sole che tramonta.
La chiesa è uno degli esempi più insigni del romanico fiorentino: già esistente nel 783 – citata in un diploma di Carlo Magno – fu ricostruita dal 1013 e consacrata nel 1018 dal vescovo Ildebrando. Custodisce le reliquie di Miniato, l’eroico soldato armeno martirizzato nel 250 d.C.: i soldati dell’imperatore Decio lo decapitarono sulle sponde dell’Arno, ma egli raccolse la propria testa e salì sul monte, dove venne sepolto in uno dei più antichi cimiteri cristiani di Firenze. Le sue spoglie riposano nell’altare della cripta e la sua immagine è raffigurata nel mosaico duecentesco dell’abside mentre, “Rex Erminiae” (“Re dell’Armenia”), offre la corona terrena al Cristo Pantocratore e riceve quella della gloria celeste.

San Miniato al Monte ha attraversato i secoli, assistendo durante i suoi mille anni di storia alle vicissitudini politiche di Firenze e all’evoluzione del monachesimo cristiano. È stata protagonista di momenti drammatici, tra tutti l’assedio posto alla città da parte delle truppe di Carlo V d’Asburgo nel 1529: Michelangelo Buonarroti fortificò la collina di San Miniato, che divenne punto sensibile della difesa della Repubblica fiorentina, subendo gli attacchi provenienti dal campo imperiale posizionato al Pian de’ Giullari.
L’abbazia conobbe inoltre l’avvicendarsi di vari ordini monastici: inizialmente conferita dal vescovo Ildebrando all’Ordine Benedettino Cluniacense, nel 1373 fu affidata ai monaci di Monte Oliveto Maggiore, chiamati da papa Gregorio XI e rimasti fino al 1553: in quel periodo, infatti, San Miniato al Monte si trovò al centro della fortezza voluta da Cosimo I de’ Medici a difesa di Firenze e i monaci abbandonarono il complesso occupato dai soldati spagnoli e dalle loro famiglie. Dal 1703 al 1774 il monastero fu affidato ai Gesuiti e destinato agli esercizi spirituali. Gli Olivetani vi tornarono nel 1924.

La chiesa di San Miniato al Monte è indimenticabile sin dalla facciata, divisa in due ordini spartiti da incrostazioni in marmo bianco e serpentino verde di Prato a scomparti geometrici, in stretta analogia con il paramento esterno del Battistero del Duomo. Sopra la finestra della parte superiore si trova un mosaico del XIII secolo con Cristo benedicente al centro fra la Vergine e San Miniato e sulla cuspide l’aquila che stringe il torsello, ovvero la balla di lana, emblema dell’Arte di Calimala patrona della chiesa.
L’interno è suggestivo, intatto nella struttura dell’XI secolo a tre navate con colonne dai capitelli in parte di reimpiego, senza transetto. Nella navata centrale si estende un tappeto marmoreo a intarsio, un ricamo sublime di motivi geometrici e figure tratte dai bestiari medievali, di cui il primo riquadro riporta la data d’esecuzione, 1207. Fra i riquadri in marmo intarsiato spicca quello dello zodiaco, con al centro l’immagine del sole.

In fondo alla navata si trova la Cappella del Crocifisso di Michelozzo, realizzata nel 1448 su commissione di Piero de’ Medici detto il Gottoso: a forma di edicola su colonne, presenta una volta a botte ornata da cassettoni in terracotta invetriata e copertura a scaglie policrome di Luca della Robbia. Qui si trovava il celebre Crocifisso che intorno al 1030 avrebbe piegato il capo davanti a san Giovanni Gualberto, monaco del cenobio e fondatore dell’abbazia di Vallombrosa, per assentire al perdono da lui elargito all’uccisore del fratello. Nel 1671 il Crocifisso fu trasferito nella chiesa vallombrosana di Santa Trinita (in cui si trova anche la splendida Cappella Sassetti affrescata dal Ghirlandaio), mentre sono qui rimasti i pannelli dipinti da Agnolo Gaddi che formavano le ante della custodia.

Lungo la navata sinistra si apre la Cappella del Cardinale del Portogallo, capolavoro del Rinascimento edificato tra il 1461 e il 1466 su progetto di Angelo Manetti insieme ad Antonio Rossellino, che realizzò il monumento funebre. Si chiama così perché fu commissionata dal re Alfonso V di Portogallo per accogliere le spoglie del nipote Jacopo di Lusitania, morto a Firenze. La Cappella vide all’opera il talento dei maestri più insigni dell’epoca, tra i quali – oltre ai già citati – Luca della Robbia (autore della magnifica volta in terracotta invetriata) e Alesso Baldovinetti (che dipinse l’Annunciazione sulla parete di fronte al monumento funebre): fu inoltre modello e riferimento per luoghi simili, come la Cappella Piccolomini nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli.

Il presbiterio di San Miniato al Monte è collocato sul pontile che sovrasta la cripta: salendo la scala, sul fianco destro della chiesa si trova la sagrestia, affrescata da Spinello Aretino nel 1386-87 con le Storie di san Benedetto, forse il capolavoro del pittore (autore, tra l’altro, degli affreschi nell’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote a Bagno a Ripoli), mentre gli stalli lignei risalgono al 1472.
Il presbiterio è chiuso da un magnifico recinto a transenne marmoree del 1207, finemente intarsiato in bicromia, con disegni di folletti e draghi nella parte terminale. Su di esso si eleva l’ambone duecentesco, poggiante sulla parte anteriore su due colonnine con capitelli compositi. Decorato a intarsi con rosoni, ha il leggìo sostenuto da un’aquila ad ali spiegate, sotto la quale si trovano un uomo e una protome leonina.

Al di sotto del presbiterio si estende la cripta dell’XI secolo, con volte a crociera sorrette da trentasei colonne marmoree di varia provenienza: le volte dell’altare sono decorate ad affresco con Santi e Profeti entro cornici mistilinee su fondo azzurro e stelle, opera di Taddeo Gaddi.
All’esterno si eleva la torre campanaria innalzata da Baccio d’Agnolo fra il 1524 e il 1529 dopo il crollo – nel 1499 – del campanile precedente: fu utilizzata da Michelangelo durante l’assedio del 1529 per collocarvi due colubrine. I segni delle cannonate delle milizie nemiche sono ancora visibili sul fianco. A destra della chiesa di San Miniato al Monte si eleva coronato da merli il Palazzo dei Vescovi, edificato nel 1294 dal vescovo fiorentino Andrea de’ Mozzi quale sede estiva dell’episcopato, mentre attorno si estende il Cimitero Monumentale detto Delle Porte Sante, progettato nel 1839 entro il perimetro delle fortificazioni cinquecentesche volute da Cosimo I de’ Medici.

Informazioni utili: per visitare la chiesa di San Miniato al Monte suggerisco di consultare il sito internet www.sanminiatoalmonte.it, ricco di informazioni. Il Cimitero Monumentale Delle Porte Sante è aperto al pubblico dalle 8,00 alle 17,00 dal 1° ottobre al 31 marzo e dalle 8,00 alle 18,00 dal 1° aprile al 30 settembre. La domenica e i festivi chiude alle ore 13,00.
Da San Miniato è possibile compiere una magnifica passeggiata sui colli rivolti a Firenze: percorrendo il viale Galileo si incrocia via di San Leonardo, costeggiata dai muri delle ville e circondata da olivi, vigneti e cipressi. Seguendone il tracciato si giunge al Forte di Belvedere e oltre al Giardino di Boboli, mentre proseguendo per Costa San Giorgio si arriva alla Villa e Giardino Bardini scendendo infine a Ponte Vecchio.
Per la redazione di questo articolo mi sono avvalsa di varie fonti, tra le quali ricordo Casimiro Masetti, «Regesto dell’Abbazia Fiorentina di San Miniato al Monte», estratto da «La Graticola», Anno IV, n. 7-8 Luglio-Agosto 1976; Bruno Santi, «San Miniato», Firenze, Becocci Editore, 1994; Guido Carocci, «I dintorni di Firenze», Roma, Società Multigrafica Editrice, 1968. Per approfondire il valore simbolico e il significato astronomico dello zodiaco sul pavimento della chiesa suggerisco il volume di Simone Bartolini «Sole e simboli. Gli zodiaci della Basilica di San Miniato al Monte e del Battistero di San Giovanni a Firenze», Firenze, Edizioni Polistampa, 2013.
Altre immagini di San Miniato al Monte:
Mappa: