Visitando il Museo della Centrale Montemartini a Roma ho appreso storie che mi hanno profondamente colpito: alcune opere qui custodite testimoniano infatti vicissitudini davvero particolari.
È piena di dolcezza quella di Crepereia Tryphaena, la cui sepoltura fu scoperta nel 1889 in occasione della realizzazione del Palazzo di Giustizia a Prati: i lavori di scavo rinvennero due sarcofagi, posti uno accanto all’altro, che custodivano i resti di Crepereia Tryphaena e Crepereius Euhodus. Il corpo della fanciulla Crepereia era deposto nella sepoltura insieme al suo corredo e alla sua bambola di avorio: uno degli anelli, recante inciso il nome Filetus, fece subito pensare a un anello nunziale e al nome del futuro sposo della giovane. Anche la bambola aveva con sé un piccolo corredo, i cui oggetti in miniatura erano raccolti in un cofanetto in avorio che forse poteva essere aperto da una piccola chiave appesa all’anellino infilato alla mano del giocattolo stesso. I Crepereii erano una famiglia molto agiata, originari di una regione di lingua greca, e la fattura della bambola ha fatto pensare ad artigiani di Alessandria d’Egitto, mentre la sua pettinatura, ispirata alle acconciature di epoca antonina, ha confermato la datazione della sepoltura alla metà del II secolo d.C..
L’area archeologica di Largo Argentina accoglieva al proprio interno ben quattro templi ed era circondata da un vasto porticato quadrangolare, dove avvenivano le distribuzioni gratuite di grano per la popolazione.
Tra i quattro templi presenti, quello a pianta circolare era dedicato alla Fortuna del giorno presente (Fortuna huiusce diei): nei pressi di questo tempio sono stati ritrovati i resti – tra cui la testa – di una statua di dimensioni eccezionali, stimate in 8 metri, altezza pari a quella della cella del tempio. Secondo la ricostruzione, la statua reggeva nell’incavo del braccio destro il corno dell’abbondanza, simbolo della fortuna, ed era realizzata con la tecnica dell’acrolito, ovvero presentava le parti nude in marmo e il mantello in bronzo.
Nell’area adiacente a Largo Argentina Pompeo volle costruire tra il 60 e il 55 a.C. il primo teatro in muratura di Roma, per celebrare i propri trionfi bellici sui popoli orientali. Per poter aggirare il divieto di costruire edifici di spettacolo stabili in città, alla sommità della cavea Pompeo fece realizzare un tempio dedicato a Venere Vincitrice, sì che tutto il teatro potesse sembrare una sorta di gradinata monumentale di accesso al tempio. La sua struttura è tutt’oggi riconoscibile nella forma di via di Grotta Pinta, che ricalca la curva interna del teatro. Alle spalle della scena si estendeva un vasto porticato sul quale dava una grande aula, spesso utilizzata per le riunioni del Senato: qui fu ucciso Giulio Cesare.
A partire dal I secolo a.C. le grandi famiglie romane, che fino ad allora si erano contese la possibilità di una collocazione centrale della propria domus, considerandola status del proprio potere politico, cominciarono a realizzare grandi ville ai margini del centro urbano, arricchendole di parchi e giardini pieni di architetture, sculture e mosaici. Questo processo si affermò tanto che alla fine del I secolo d.C. il centro urbano di Roma era circondato da una corona di ville, che con i loro parchi stupefacenti costituivano una sorta di cintura verde attorno alla città. Queste residenze, gli horti, divennero rapidamente, in modo differenziato, parte del demanio imperiale: gli Horti Sallustiani – già possedimento di Cesare – furono donati all’imperatore Tiberio dal nipote di Sallustio, gli Horti di Mecenate furono lasciati in eredità ad Augusto, gli Horti Tauriani furono acquisiti da Agrippina sembra addirittura con l’assassinio del loro proprietario, Statilio Tauro. In particolare gli Horti Sallustiani si estendevano su tre grandi terrazze disposte tra il Pincio e il Quirinale, con portici ornati da statue che celavano i muri di sostegno, mentre sul giardino si apriva il palazzo residenziale, articolato su tre piani. L’intero complesso venne alla luce alla fine del’800, in occasione della sciagurata demolizione di Villa Ludovisi e alla lottizzazione del suo parco, che in parte si estendevano sull’area degli Horti.
La mia visita alla Centrale Montemartini.
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