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Tag: Andrea della Robbia

Casentino
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Radicofani in Val d’Orcia, il castello di Ghino di Tacco costruito sul vulcano

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San Quirico d'Orcia
Giugno 30, 2020

San Quirico d’Orcia, borgo ricco di storia ed opere d’arte in Val d’Orcia

San Quirico d’Orcia è un borgo di origine etrusca che nel corso dei secoli conobbe una grande importanza, e che conserva testimonianze di tale…

Montepulciano. Piazza grande
Maggio 31, 2020

Cosa vedere a Montepulciano, il Rinascimento poliziano

Fondato secondo una leggenda dal re etrusco Porsenna, il borgo toscano noto sin dal 715 come Mons Politianus vanta una storia antica e un…

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Sansepolcro è la città della val Tiberina in Toscana nota per essere la patria di Piero della Francesca, maestro di cui si conservano nella…

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Visitare Pistoia: i pellegrini di Santiago e le chiese zebrate

Con un fine settimana a disposizione è possibile visitare Pistoia e ammirarne il ricchissimo patrimonio storico-artistico, ancora oggi testimoniato dalle sue chiese e dai…

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La Basilica di santa Croce a Firenze e i suoi capolavori, da Giotto a Canova

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Sant'Anna dei Lombardi, Cappella Piccolomini
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Sant’Anna dei Lombardi, Firenze nel cuore di Napoli

La chiesa di sant’Anna dei Lombardi a Napoli è un gioiello poco conosciuto che rappresenta una delle testimonianze storico-artistiche più significative e preziose del…

Cappelle di Firenze
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La Tribuna Grimani è senz’altro lo spazio più La Tribuna Grimani è senz’altro lo spazio più spettacolare e significativo di Palazzo Grimani a Venezia. 
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Ideata da Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia dal 1545, per raccogliere la collezione di sculture antiche della famiglia, fu realizzata nel corso del Cinquecento quale Antiquarium: all’interno della sala a pianta quadrata, coperta da una volta a vele decorata con cassettoni a stucco ispirati al Pantheon e illuminata da un lucernario, si aprono nicchie timpanate, s’inseriscono pilastri, mensole e basamenti. 
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Le sculture furono disposte in questi spazi (in origine erano più di centotrenta) sì da creare un movimento ascensionale: in basso erano collocate le statue a figura intera, frutto anche di assemblaggi e integrazioni successive (come d’uso all’epoca), sopra i ritratti, posti a creare un gioco di rimandi e sguardi incrociati. Il ritmo creato da tale disposizione conduce lo sguardo in alto, dove un Ganimede rapito dall’aquila del II secolo d.C. è sospeso al centro della volta, illuminato dalla luce naturale che inonda tutte le superfici.
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La suggestione è amplificata inoltre dal cromatismo dei marmi, che alterna sapientemente il rosso di Verona, il grigio e il verde, creando un felice contrasto con la superficie candida delle pareti e soprattutto con l’incarnato delle sculture. Tale alternanza è studiata su tutte le dimensioni dell’ambiente, dal pavimento alle pareti fino alla volta.
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Il nartece della Basilica di San Marco a Venezia f Il nartece della Basilica di San Marco a Venezia fu costruito un secolo dopo l’edificazione della Basilica ed è ricoperto da mosaici risalenti al XIII secolo (eseguiti dal 1215 al 1280) raffiguranti Storie del Vecchio Testamento.
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Questi mosaici a fondo oro appartengono allo straordinario patrimonio musivo che si estende per una superficie complessiva di oltre 8mila metri quadrati sulle volte, le cupole e le pareti di tutta la Basilica: la loro realizzazione ha accompagnato la costruzione dell’edificio sacro per otto secoli, a seguito della fondazione avvenuta nel IX secolo.
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Mentre i mosaici dell’interno raffigurano le storie del Nuovo Testamento (oltre a storie della Vergine e dei santi veneziani più venerati - in particolare San Marco), secondo un piano iconografico già compiuto nel XII secolo, quelli del nartece raccontano episodi veterotestamentari, che preannunciano al visitatore lo spazio sacro dell’interno e lo preparano alle immagini là raffigurate. Il racconto che qui si svolge è modellato sulle miniature di una bibbia paleocristiana alessandrina del V secolo, la Bibbia Cotton, di cui il British Museum di Londra conserva alcuni frammenti.
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La Biblioteca Vallicelliana è ospitata all’inte La Biblioteca Vallicelliana è ospitata all’interno del complesso monumentale dell’Oratorio dei Filippini a Roma, capolavoro di Francesco Borromini edificato fra il 1637 e il 1649 accanto alla chiesa di Santa Maria in Vallicella.
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La Biblioteca, già ultimata dal Borromini nel 1644, raggiunse il suo assetto attuale solo nel 1666, quando per motivi statici fu ingrandita da Camillo Arcucci (subentrato nel 1652) per corrispondere in ampiezza alla sottostante Sala dell’Oratorio. Il progetto borrominiano è testimoniato dall’opera “Opus Architecnonicum equitis Fr. Borromini” recante i disegni dell’architetto ticinese.
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La sala presenta un soffitto ligneo a cassettoni rivestito in stucco, con un ornamento composto da stelle a otto punte (simbolo degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa) e tele dipinte a monocromo raffiguranti la "Divina Sapienza" e la "Mediocritas", intervallate da raffigurazioni di putti. Il pavimento è in cotto bicromo rosso e giallo chiaro.
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Le pareti a intonaco sono scandite da paraste scanalate con capitelli corinzi, sotto le quali si trovano le scaffalature lignee su due piani: il ballatoio del piano superiore è sostenuto da sottili e fitte colonnine, il parapetto ornato da cuori, gigli e stelle scolpiti, simboli di San Filippo. Al ballatoio si ha accesso mediante quattro scale a chiocciola celate agli angoli, dietro scaffali decorati da finti volumi in trompe-l’œil.
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Gli scaffali a giorno mostrano 28.000 volumi, suddivisi per argomento come indicano i cartigli su fondo oro apposti sul ballatoio.
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Riflessioni pomeridiane al Maxxi. . . . #maxxi #ro Riflessioni pomeridiane al Maxxi.
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Nel cuore del centro storico di Napoli si trovano Nel cuore del centro storico di Napoli si trovano la chiesa e il convento di Santa Chiara, edificati a partire dal 1310 per volere di Roberto d'Angiò e della consorte Sancia di Maiorca. 
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Passeggiando nel chiostro si possono ammirare magnifiche maioliche policrome settecentesche rappresentanti paesaggi, scene di vita quotidiana e festoni vegetali, opera dei maestri Donato e Giuseppe Massa. 
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La decorazione risale alla sistemazione del chiostro da parte di Domenico Antonio Vaccaro, che fra il 1739 e il 1742 divise il giardino intersecando perpendicolarmente due viali coperti da un pergolato e articolando lo spazio in quattro settori, due destinati a giardino rustico e due ad agrumeti. 
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Le maioliche ricoprono interamente i pilastri ottagonali che scandiscono i viali, ornati da festoni, e le sedute fra ciascun pilastro, sui cui schienali si dispiegano scene popolari, agresti, marinare e mitologiche.
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Attorno al chiostro si sviluppa il portico trecentesco, con archi a sesto acuto poggianti su pilastri in piperno e, alle pareti laterali, affreschi seicenteschi raffiguranti allegorie, santi e scene dell'Antico Testamento.
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Le stazioni della metropolitana di Napoli non sono Le stazioni della metropolitana di Napoli non sono meri luoghi di passaggio, ma regalano un’inaspettata esperienza di bellezza. Nelle viscere della città dalle innumerevoli stratificazioni storiche e architettoniche ogni stazione rappresenta un’occasione d’incontro con l’arte e l’architettura contemporanea.
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Il progetto “La stazioni dell’arte” - con il coordinamento artistico di Achille Bonito Oliva - ha visto sin dai primi anni Duemila i maggiori artisti e architetti contemporanei impegnati nella riqualificazione di numerosi luoghi della mobilità pubblica, all’interno e all’esterno delle varie stazioni - e ha al contempo offerto un’esperienza diffusa, quotidiana, dinamica dell’arte e della creatività.
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Ogni stazione è un museo che esorta alla sosta, alla riflessione, all’esperienza della bellezza e all’esercizio del pensiero, un invito da cogliere senza indugio per scoprire un altro dei molteplici aspetti della città di Napoli.
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Il Camposanto di Pisa fu fondato nel 1277 per racc Il Camposanto di Pisa fu fondato nel 1277 per raccogliere le sepolture funebri fino ad allora disseminate intorno alla Cattedrale, costituendosi quale una delle più antiche architetture medievali destinate al culto dei morti.
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L’edificazione avvenne su progetto forse dell’architetto capomastro dell’Opera, Giovanni di Simone, sul terreno dove, secondo la tradizione, nel 1203 l’arcivescovo di Pisa Ubaldo Lanfranchi di ritorno dalla Palestina aveva sparso terra appositamente raccolta a Gerusalemme.
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Il Camposanto – collocato accanto alla Cattedrale e al Battistero, e con essi appartenente al sito Unesco “Piazza del Duomo di Pisa” – presenta una pianta rettangolare, con quattro gallerie coperte da capriate. Le pareti esterne erano completamente affrescate da un ciclo decorativo dedicato ai temi della Morte e della Vita, risalente in gran parte al Tre e Quattrocento e fra i più vasti al mondo: oggi si ammirano alcuni brani, sopravvissuti alle intemperie e ai bombardamenti degli Alleati del 1944.
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Passeggiando lungo i bracci si ammirano i monumenti funebri e i cenotafi di personalità legate alla storia di Pisa, tombe terragne e sarcofagi romani. A partire dal Cinquecento il Camposanto assunse l’identità di Pantheon delle memorie locali, luogo identitario della città e del suo antico passato.
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Le antiche stanze private del Palazzo Reale di Nap Le antiche stanze private del Palazzo Reale di Napoli colpiscono per la ricchezza degli arredi e delle decorazioni. Sono magnifici, in particolare, i sontuosi soffitti delle stanze della regina, decorati con preziosi ramages di stucchi bianchi ed oro di epoca settecentesca: un ricamo di gusto rococò che rimanda alla originaria destinazione privata.
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Si contano sulle dita di una mano i carradori sici Si contano sulle dita di una mano i carradori siciliani in attività, i maestri del carretto che ancor oggi tramandano un’arte antica, fatta di colori sgargianti, imprese di paladini, cavalli bardati, tintinnìo di sonagli. A Ragusa Ibla la loro storia è raccontata dalla bottega “Rosso cinabro”, il colore tipico del carretto, dove Damiano Rotella e Biagio Castilletti sono gli artigiani che si dedicano alla pittura e al restauro dei carretti, svelando ai garzoni i segreti del mestiere. 
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La bottega nel cuore di Ibla nei fondi del Palazzo Donnafugata, con gli anelli al muro per legare i cavalli, testimonia questa tradizione: alle pareti si osservano le foto degli antichi maestri all’opera, le vecchie cartoline, i fogli preparatori dei dipinti narranti le gesta di Orlando e Angelica, sugli scaffali ci sono i vasetti con i colori ancor oggi macinati a mano e mescolati ad olio di lino, ovunque gli attrezzi per lavorare il legno, accanto ai carretti già pronti e a quelli da terminare, e le casse di fuso in ferro battuto.
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Un luogo imperdibile, ricco di storia e cultura, un’arte sapiente da ammirare, una tradizione di qualità che parla di orgoglio e passione.
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