Il Fregio di Beethoven di Gustav Klimt

Il “Fregio di Beethoven” di Klimt e le sue traversie

Gustav Klimt, Fregio di Beethoven - dettaglio delle forze ostili
Il Fregio di Beethoven di Gustav Klimt – dettaglio delle forze ostili

Ma insomma, c’è un limite a tutto… Chiunque abbia ancora un minimo senso del pudore non può non infiammarsi d’ira. Che volete che si dica di questa pornografia pittorica? […] Per un locale sotterraneo teatro di orge pagane simili pitture potrebbero forse anche andar bene, ma non sicuramente per delle sale nelle quali gli artisti avrebbero l’audacia di invitare donne onorate e giovani fanciulle“.

Furono anche di tale tenore le reazioni che il Fregio di Beethoven suscitò presso il pubblico viennese quando l’opera venne esposta nel 1902, in occasione della XIV mostra della Secessione, in una sala dedicata del Palazzo dell’Associazione.

Gustav Klimt, Fregio di Beethoven
Fregio di Beethoven

Il Fregio si estendeva su tre pareti per un totale di circa 35 metri all’interno della prima sala di visita, secondo l’allestimento concepito da Joseph Hoffmann che ruotava attorno alla monumentale scultura di Beethoven realizzata da Max Klinger. Tutta la mostra infatti era stata concepita con l’obiettivo di creare un tempio per Beethoven, considerato il prototipo del genio artista combattente solitario ed atlante della sofferenza dell’umanità, coinvolgendo vari artisti ed impiegando differenti tecniche e materiali, secondo il concetto teorizzato da Wagner dell’unione di tutte le arti. Oltre a Klinger e a Klimt negli altri ambienti si ammiravano opere di Koloman Moser, Maximilian Lenz, Leopold Stolba, Ferdinand Andri, Wilhelm List, Alfred Roller, i cui interventi di pittura, scultura, design e grafica dovevano collaborare e fungere da elementi simbolici e decorativi allo stesso tempo.

Gustav Klimt, Fregio di Beethoven - dettaglio dell'inno alla gioia
Fregio di Beethoven – dettaglio dell’inno alla gioia

Nel realizzare la sua opera – una delle principali di Klimt e di tutta l’arte Liberty viennese (Jugendstil) – l’artista distrusse gli stretti confini del quadro creando una messa in scena teatrale ed emozionale: le immagini occupavano la parte superiore della parete e si leggevano da sinistra a destra. I pannelli erano realizzati con la tempera a secco, l’impiego di pastelli e carboncino, l’aggiunta di sabbia e oro e anche di materiali inusuali come chiodi da tappezziere, anellini per tende, frammenti di specchi, bottoni di madreperla e bigiotteria in vetro levigato e colorato, in osservanza al principio fondamentale dell’identità secessionista che prevedeva l’impiego creativo di materiali semplici. Le figure che compaiono nel fregio sono articolate ritmicamente e disposte in posizione frontale o di profilo, secondo una scelta stilistica che evidenzia la funzione ornamentale del fregio al servizio dell’architettura, in base a quanto disposto dal testo del catalogo: “Principio decorativo: considerare l’impianto delle sale. Superfici intonacate decorate”. I contorni furono tracciati con il pennello ma anche con il carboncino, a grafite e a pastelli, mentre il grigio chiaro delle pareti intonacate fu utilizzato come colore di base anche per gli incarnati. Per le altre zone Klimt utilizzò colori alla caseina, dalla resa opalescente, in contrasto con le superfici dorate e le applicazioni specchianti e iridescenti.

Fregio di Beethoven, prima parete - dettaglio dell'Umanità debole che supplica l'Uomo forte e bene armato con Compassione e Orgoglio
Fregio di Beethoven, prima parete – dettaglio dell’Umanità debole che supplica l’Uomo forte e bene armato con Compassione e Orgoglio

Il programma figurativo dev’essere interpretato con la trascrizione della Nona di Beethoven fatta da Wagner in occasione dell’esecuzione a Dresda del 1846 e con i versi dell’Inno alla Gioia di Friedrich Schiller cantato nell’ultimo movimento della stessa. La composizione prende avvio dalla parete sinistra con una lunga catena di geni che si librano in alto, simbolo “dell’anelito alla felicità“, fino alla figura di un “Uomo forte e bene armato” che, supplicato dalla sofferente “Debole Umanità” e mosso da “Compassione e Orgoglio”, si fa carico della lotta per la felicità. Le “Forze Ostili” occupano interamente la seconda parete, quella frontale all’ingresso, dominate da “Tifeo”, mostro dal corpo di scimmia e serpe alata: lo accompagnano le “tre Gorgoni, la Malattia, la Follia, la Morte, la Voluttà, la Lussuria, l’Intemperanza, il Cruccio tormentoso”. “Aneliti e desideri” sono però più forti e volano oltre, sulla terza parete, al cui centro si erge la “Poesia“, presso la quale gli aneliti si placano. Al di là di questa figura, rappresentata mentre suona la lira, si trovano le “Arti“, raffigurate come figure femminili sollevate verso l’alto da onde d’oro, che introducono nel “regno ideale, unico luogo in cui possiamo trovare pura gioia, pura felicità, puro amore. Coro degli angeli del paradiso. Questo bacio a tutto il mondo”. Punto centrale di tutta la composizione è l’immagine della coppia di amanti abbracciati che prelude al Bacio, circonfusi d’oro e protetti da una sorta di campana.

Fregio di Beethoven, terza parete, l'anelito alla felicità si placa nella Poesia. Le Arti, il coro degli angeli del paradiso e il bacio a tutto il mondo
Fregio di Beethoven, terza parete, l’anelito alla felicità si placa nella Poesia. Le Arti, il coro degli angeli del paradiso e il bacio a tutto il mondo

La mostra fu uno dei massimi successi di pubblico riscossi dalla Secessione, con quasi 60.000 visitatori nei tre mesi di esposizione: alla vista del Fregio di Beethoven le reazioni si polarizzarono, sancendo una netta separazione fra fautori e detrattori di Klimt, all’epoca già fortemente criticato e avversato. Proprio in virtù degli attacchi sferrati contro la sua opera, l’artista poteva ben identificarsi nella figura del combattente solitario e incompreso dal mondo: assecondando questa lettura, le tre Gorgoni disposte a lato del mostro Tifeo potevano alludere alle tre teste di Gorgone che si trovano sulla facciata del Palazzo della Secessione, sopra la porta principale e sotto il celebre motto “Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà“.

Alla conclusione della mostra ebbe inizio per il Fregio una sorte movimentata, a causa dai rivoluzionamenti politici e storici del secolo scorso. L’opera, concepita come effimera e destinata esclusivamente alla XIV esposizione, rimase in realtà al suo posto – coperta da tendaggi – anche durante le tre successive esposizioni, e fu nuovamente mostrata al pubblico in occasione della grande personale di Klimt del 1903. Sarebbe stata quindi demolita ma venne provvidenzialmente acquistata dall’industriale Carl Reininghaus, uno dei massimi collezionisti di arte moderna di Vienna: il Fregio fu staccato e tagliato in sette parti, trasportate in un deposito per mobili nel nono distretto viennese.

Palazzo della Secessione
Palazzo della Secessione

Nel 1915 l’opera venne venduta all’industriale August Lederer, fervido ammiratore di Klimt e grande collezionista, rimanendo sempre nel deposito del nono distretto. Nonostante molteplici tentativi, né a Reininghaus né a Lederer riuscì trovare una sede adeguata per esporre interamente il Fregio di Beethoven, a causa delle dimensioni imponenti dell’opera. Nel 1938 la famiglia Lederer, al pari di tante famiglie di origine ebrea, fu colpita dall’espropriazione dei beni: il Fregio venne posto sotto la gestione dello Stato e trasferito nel deposito di una ditta di spedizioni. Nel 1943 venne allontanato da Vienna per il rischio di attacchi aerei e riparato nel castello di Thürnthal in Bassa Austria. Al termine della Seconda Guerra Mondiale Erich Lederer, figlio di August e legittimo proprietario del Fregio, rientrò in possesso delle opere della collezione paterna, ottenendo per molte di esse il permesso all’esportazione tranne che per il Fregio, che rimase nel castello di Thürnthal: Lederer risultava responsabile della conservazione dell’opera, alla quale però non aveva diritto di accesso, né tantomeno di esportazione. Negli anni successivi la custodia del Fregio di Beethoven diede luogo a una lunga serie di interventi giudiziali e stragiudiziali, che si conclusero solo con l’ennesimo trasferimento nell’antica scuderia del Principe Eugenio di Savoia al castello di Belvedere di Vienna. Lo Stato austriaco stava riflettendo sull’acquisto dell’opera sin dagli anni Cinquanta e lo stesso Lederer, considerato il divieto di esportazione e al contempo la necessità di un restauro, decise di procedere alla vendita del capolavoro, che avvenne nel 1973. Il restauro si protrasse per dieci anni e il Fregio venne infine ricollocato nel Palazzo della Secessione – divenuto nel frattempo sede di esposizioni di arte contemporanea – in una sala realizzata appositamente, delle stesse dimensioni di quella che originariamente lo aveva ospitato. Qui l’ho ammirato durante la mia visita di Vienna.

Altre immagini del Fregio di Beethoven e del Palazzo della Secessione di Vienna:

Mappa del Palazzo della Secessione di Vienna:

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