Pieve di Romena

Romena in Casentino, la pieve romanica e il castello duecentesco

Pieve di Romena
Pieve di Romena

Romena, con la magnifica pieve romanica e il suo imponente castello, è uno dei luoghi più belli e significativi del Casentino, la parte più alta della valle dell’Arno in provincia di Arezzo. Lambita dalla foresta del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, questa valle è punteggiata dai numerosi castelli edificati – come quello di Romena – dai Conti Guidi, e costellata da antiche pievi – costruite isolate, come quella di san Pietro, o nei borghi – che riflettono l’intensa spiritualità del luogo. Da sempre terra di meditazione e raccoglimento, il Casentino attirò a sé San Romualdo, che fondò l’Eremo di Camaldoli – e San Francesco, che alla Verna ricevette le stimmate.

Un viaggio alla scoperta di questi luoghi deve riservare una sosta a Romena, che per la bellezza del suo paesaggio e la ricchezza del patrimonio storico-artistico è una tappa imperdibile. Il suo toponimo deriva dall’etrusco Rumine, divenuto in latino “Rumenius”, indizio che fa supporre una presenza sin dall’epoca etrusca: l’esistenza di un’antichissima arteria viaria nella valle in direzione nord-sud e alcuni ritrovamenti archeologici sotto la pieve di san Pietro e nei dintorni del castello confermerebbero inoltre l’esistenza di edifici di epoca etrusca e romana. Fu proprio attraverso questa valle che l’esercito di Annibale raggiunse il Trasimeno per la famosa battaglia contro l’esercito romano.

Interno della pieve di Romena
Interno della pieve

La pieve di san Pietro, dichiarata Monumento Nazionale, è un magnifico esempio di architettura romanica. Fu costruita “(in) tempore famis MCLII”, al tempo della carestia del 1152, da “Albericus plebanus”, come si legge inciso su un capitello all’interno. Fu eretta su una chiesa preesistente triabsidata dell’VIII secolo, i cui resti sono visibili sotto il pavimento. La sua attuale facciata non è quella originaria: le prime due campate infatti crollarono nel 1678, rendendo la pieve più corta di sette metri. Anche la torre campanaria subì un crollo in occasione del terremoto del 1729, e venne ribassata con il rifacimento della cella.
L’interno è a tre navate, divise da dieci colonne con capitelli fitomorfi, zoomorfi, antropomorfi, opera probabilmente di maestranze lombarde. Alle scene bibliche si affiancano motivi e simboli riferibili ai riti di fecondità e propiziazione dei raccolti di origine pagana. La navata principale termina in un’abside a due ordini di arcate sovrapposte sostenute da semicolonne, con – sulla parte superiore – una trifora centrale affiancata da due bifore. Lo schema decorativo a doppio giro di arcate si ripete all’esterno, con arcate cieche che abbracciano l’abside e le pareti laterali di fondo, su cui si aprono finestrelle ed oculi che illuminano l’interno.

Capitello "Albericus plebanus fecit"
Capitello “Albericus plebanus fecit”

A breve distanza dalla pieve si trova il castello, imponente fortezza medievale la cui esistenza è documentata dal decimo secolo: nel 1008 – quale residenza del conte Guido Alberto dei Marchesi di Spoleto, proprietari di diverse corti nel Casentino – venne descritto quale “turrito e nobilissimo castello”. Passato in eredità ai Conti Guidi, nel 1217 fu assegnato ad Aghinolfo, che dette vita al ramo dei Guidi di Romena: nel corso del XIII secolo il maniero raggiunse il suo periodo di massimo splendore, come i castelli di Poppi e Porciano. In quegli anni probabilmente ospitò Dante Alighieri durante il primo periodo di esilio da Firenze, intorno al 1302 (più tardi, verso il 1310, il poeta tornò in Casentino, ospite dei Conti Guidi nel loro castello a Poppi). La memoria dantesca divenne imperitura nelle pagine della Divina Commedia, ricordata nelle parole di Mastro Adamo di Brescia, il falsario che falsificava i fiorini di Firenze per conto dei Guidi e che per questo fu bruciato vivo: “Ivi è Romena, là dov’io falsai / la lega suggellata del Batista; / per ch’io il corpo sù arso lasciai.” (Inferno, XXX, 73-75).

Postierla, cassero e mastio del castello di Romena
Postierla, cassero e mastio

Il castello venne poi venduto alla Repubblica di Firenze nel 1357 e divenne sede di Ufficialato e Comune. Fu infine acquistato nel 1768 dal conte Ascanio dei Goretti de’ Flamini, famiglia cui ancora appartiene: nel 1902 ospitò Gabriele D’Annunzio, che qui scrisse alcune pagine dell’Alcyone. Il poeta-vate, accompagnato anche dalla Duse, scrisse: “Quando feci soggiorno in Romena, presso il castello dei Guidi, l’estate era così arida che pareva «tener le labbra aperte» come la miseria del mastro Adamo. Tutti i ruscelletti verzicanti, tutti i canali freddi e molli parevano disseccarsi.  […]. Era il tempo dell’ebrietà di Alcione. Era il tempo di quelle metamorfosi immortali. Ogni giorno mettevo la sella a un cavallo balzano da tre ma non alato; e me ne andavo a passar l’Arno; o me n’andavo verso la Giogana, verso il «gran giogo» a bevermi un sorso della Fonte Fredda, a tentare un galoppo alpestre sul Prato al Soglio” (Le faville del maglio, Il secondo amante di Teresa Buti, 1907).

Postierla e cassero
Postierla e cassero

Il castello di Romena, costruito sulla sommità di un colle che guarda al Casentino, era costituito dal Cassero, da tre torri centrali (molto più alte delle attuali), e da tre cinte fortificate concentriche disposte su livelli diversi. La cerchia più esterna era punteggiata da undici torri perimetrali quadrangolari e dotata di quattro porte di accesso, di cui oggi si sono conservate la porta Bacìa (attuale ingresso al castello) e la porta Gioiosa. Al suo interno si trovavano le abitazioni dei coloni, lo spedale di santa Maria Maddalena penitente (destinato ad accogliere i pellegrini) e un oratorio, crollati in seguito ai terremoti del 1579 e del 1729. Quello che oggi si ammira è il frutto dell’attività edificatoria duecentesca. Delle tre torri centrali, la postierla proteggeva il ponte levatoio ed era fiancheggiata da due trinceramenti – rivellini – che permettevano la difesa ed, eventualmente, la ritirata dei difensori attraverso due porticine laterali. La torre delle prigioni era accessibile solo dal cammino di ronda: i prigionieri venivano calati ai livelli inferiori mediante una botola, in base alla gravità della loro pena. Un sistema, questo, che lo stesso Dante ha rappresentato nel suo Inferno.

Piazza d'arme dal ponte levatoio della postierla
Piazza d’arme dal ponte levatoio della postierla

Il mastio infine era la prima torre di difesa in caso di attacco centrale e l’ultima da proteggere. Si tramanda che all’interno esistesse un collegamento sotterraneo che, quale via di fuga, consentisse di raggiungere il convento delle monache di Pratovecchio. Il cassero, residenza dei Conti Guidi, si trovava tra la postierla e il mastio: protetto dal fossato a secco, era collegato alla cisterna alimentata dalle acque piovane. Il grande piazzale davanti alla postierla è la piazza d’armi, luogo delle esercitazioni militari, cinto da un’altra cerchia muraria su cui correva il cammino di ronda.

Informazioni utili: per visitare la pieve di Romena suggerisco di consultare gli orari di apertura indicati nel sito internet www.castellodiromena.it, ricchissimo anche d’informazioni storiche. Per visitare la pieve di Romena consiglio di contattare la Fraternità che qui vive: www.romena.it. Sono moltissimi i luoghi da visitare nel corso di una gita in Casentino. Tra questi, senz’altro i borghi di Poppi, Bibbiena, Stia e Pratovecchio, Castel San Niccolò, l’Eremo di Camaldoli e il Santuario della Verna, il castello di Porciano.

Altre immagini di Romena:

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