Il campanile di Giotto è la torre campanaria della cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. Deve il suo nome a Giotto, che il 18 luglio 1334, a 67 anni compiuti, ne avviò la costruzione in qualità di “proveditore” incaricato dal Comune fiorentino (così riporta Giovanni Villani nella sua “Cronica”). Il progetto fu portato avanti dopo la morte del maestro (avvenuta nel 1337) da Andrea Pisano, subendo poi un’interruzione di due anni – dal 1348 al 1350 – a causa dell’imperversare della terribile epidemia di peste nera. Fu infine concluso da Francesco Talenti – che ideò i finestroni di bifore e trifore e la grande terrazza sporgente sulla sommità – nel 1359. La realizzazione della terrazza modificò il progetto giottesco, che invece prevedeva il coronamento di una gigantesca guglia piramidale di trenta metri.
Alto oltre 84 metri – per giungere sulla terrazza si devono salire più di 400 gradini – e largo circa 15 metri, il campanile di Giotto coniuga l’impressione di solidità allo slancio verticale, reso ancor più evidente dai finestroni gotici che alleggeriscono l’impostazione classica giottesca. Rivestito da marmi bianchi, rossi e verdi come la cattedrale (sono i colori della parte Guelfa, che all’epoca governava Firenze), il campanile presenta un apparato decorativo che in parte fu disegnato dallo stesso Giotto: la decorazione scultorea costituisce uno dei più completi e significativi cicli figurativi del Medioevo, opera di maestri quali Andrea Pisano e Luca della Robbia – autori insieme alla bottega delle formelle esagonali e delle losanghe – e dello stesso Andrea Pisano, di Nanni di Bartolo e Donatello – che scolpirono le statue collocate entro le nicchie del terzo piano.
Il complesso programma iconografico del campanile di Giotto si svolge entro tre fasce sovrapposte: lungo il primo registro si dipanano ventisei rilievi entro formelle esagonali, sovrastati da ventotto rilievi entro losanghe nel registro superiore e infine da sedici statue collocate all’interno di nicchie. Oggi sul campanile si trovano delle copie, gli originali sono custoditi nel Museo dell’Opera del Duomo, che ha loro riservato il magnifico spazio espositivo della Galleria del Campanile.
Il video della Galleria:
Le formelle esagonali del Campanile di Giotto rappresentano gli inizi del lavoro umano – la pastorizia, la musica, la metallurgia, la viticoltura – i mestieri – l’edilizia, la medicina, la tessitura, la navigazione, l’agricoltura – le arti – la scultura, la pittura, la grammatica, la dialettica. Secondo una precisa corrispondenza, ciascuna formella del primo registro è sovrastata da una losanga del secondo registro dedicata alla rappresentazione di un pianeta, di una Virtù Cardinale e Teologale, di un’Arte del Trivio e del Quadrivio, di uno dei sette Sacramenti. Ogni losanga contiene un rilievo in marmo bianco su un fondo in mattonelle di maiolica azzurra.
Nel lato ovest, il più importante perché allineato con la facciata della cattedrale, si osservano nelle formelle esagonali episodi della Genesi e soggetti narranti l’inizio della pastorizia, della musica e della metallurgia, sormontati da losanghe dedicate alle personificazioni dei pianeti. Sui lati sud, est e nord proseguono le formelle con le attività e il lavoro dell’uomo, accompagnate dalle losanghe con le Virtù Teologali e Cardinali (sud), le Arti del Trivio e del Quadrivio (est), i Sacramenti (nord).
In questa rappresentazione lungo le facciate del campanile di Giotto – una celebrazione della conoscenza, della creatività e del lavoro umano – colpisce, inoltre, il realismo di alcuni dettagli, come l’attenzione prestata alla resa degli strumenti, alle presenze degli animali e alla rappresentazione di alberi e piante. E’ infine peculiare l’esaltazione delle attività intellettuali, con gli uomini completamente assorbiti dallo studio e dalla propria vitalità artistica, una capacità creatrice che è trasmessa da Dio all’uomo – artefice e inventore – nel momento della Genesi. Il ciclo fu realizzato in gran parte da Andrea Pisano e bottega a partire dal 1334, e venne completato da Luca della Robbia fra il 1437 e il 1439 con le ultime cinque formelle esagonali.
Nel terzo registro del campanile di Giotto sono collocate sedici statue entro nicchie ogivali, una sistemazione apparentemente non prevista dal progetto giottesco e ideata da Andrea Pisano. Su ciascuna facciata furono collocate quattro sculture a partire dal prospetto ovest e da quello sud, visibile da chi proviene dal centro storico e dal Palazzo dei Signori (Palazzo Vecchio). I lati est e nord – meno visibili – furono sprovvisti di statue fino al Quattrocento.
Mentre le sculture della facciata della cattedrale – dedicata a Santa Maria del Fiore – erano riferite alla Madonna, quelle del lato ovest del campanile raffiguravano re, profeti e sibille anticipatori del messaggio cristiano: la sibilla Tiburtina, il re Davide, il re Salomone, la sibilla Eritrea, opera di Andrea Pisano e del figlio Nino, risalenti al 1337-1341. Nel 1464 queste sculture vennero spostate al lato nord per far posto alle opere di Donatello – Geremia e lo Zuccone (il soprannome dato dai fiorentini ad Abacuc o forse Eliseo) – e di Nanni di Bartolo (Abdia e Profeta) realizzati fra il 1422 e il 1436. Sul lato sud si trovano altre sculture di Profeti opera di Andrea Pisano e bottega (1337-1341) mentre sul lato est alla metà del Quattrocento vennero collocati due Profeti di Donatello (Profeta pensieroso e Profeta imberbe, 1416-1418), un Profeta di Nanni di Bartolo e il Sacrificio di Isacco di Donatello e Nanni di Bartolo (1421).
Oltre ad ammirare il campanile di Giotto dall’esterno, i rilievi e le sculture presso il Museo dell’Opera del Duomo, suggerisco di salirne gli oltre 400 gradini per osservarne l’architettura interna e godere del panorama che si svela dai finestroni e, infine, dalla terrazza sulla sua sommità: un colpo d’occhio indimenticabile sulla cattedrale di Santa Maria del Fiore, sul Battistero di San Giovanni, su piazza del Duomo e su tutta la città di Firenze.
Nel corso dell’ascesa – al terzo livello del campanile, dove si aprono le grandi trifore – alloggiano le campane. La più grande, chiamata “Apostolica”, è stata disposta a terra, non più utilizzabile a causa delle ingiurie del tempo e di una frattura causata da una caduta: creata nel 1401 dai fonditori Niccolò e Luca Bondigi da Cortona, pesa quasi 1.300 chili. Altre quattro campane antiche sono state dismesse e si trovano entro gli archi delle trifore, mentre sette sono tuttora in funzione all’interno della torre campanaria, suonando regolarmente all’orario stabilito.
Ciascuna campana del campanile di Giotto ha un nome e una storia da raccontare: ad esempio la più grande – detta “di Santa Reparata” in onore della santa a cui era dedicata l’antica cattedrale – venne realizzata nel 1475 ed, essendosi crepata, fu fusa nuovamente nel 1705. Il modo in cui le campane vengono suonate varia a seconda delle celebrazioni e del rito liturgico: l’Archivio di Santa Maria del Fiore conserva un codice del XIII secolo, il “Mores et consuetudines canonice florentine”, che ne disciplina l’uso.
Informazioni utili: per visitare il Campanile di Giotto suggerisco di consultare il sito internet dell’Opera del Duomo – ricco anche di informazioni storiche e artistiche – per conoscere orari di apertura e modalità d’ingresso. Per la relazione di questo articolo mi sono avvalsa fra le altre fonti della guida del Museo dell’Opera, a cura di Timothy Verdon, edita da Mandragora, cui rinvio per ulteriori approfondimenti.
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