Sacro Bosco di Bomarzo, la Bocca tartarea

Il Sacro Bosco di Bomarzo, alla scoperta dell’esoterico “parco dei mostri”

Sacro Bosco di Bomarzo, la Bocca tartarea
Bocca tartarea

Il Sacro Bosco di Bomarzo – conosciuto anche come Parco dei mostri – fu creato per volontà di Pier Francesco Orsini, detto Vicino, nella verde campagna della Tuscia viterbese. Realizzato nella seconda metà del Cinquecento nella valle ai piedi del borgo, affascina e stupisce il visitatore che oggi lo ammira, così come il viaggiatore dei secoli passati, con l’effetto straniante delle sue enormi sculture, scolpite nelle rocce del luogo nell’aspetto di “mostri”.

La sua progettazione è stata attribuita agli artisti più attivi dell’epoca, tra i quali il Vignola e Pirro Ligorio, ma tali ipotesi non sono confermate da alcuna documentazione: tale assenza di fonti scritte potrebbe permettere di attribuire la creazione di Bomarzo al solo Orsini, che sarebbe così l’unico ideatore e progettista di questo luogo tanto originale. Anche il significato del Sacro Bosco – per il quale si è parlato di un progetto organico o di più progetti sovrappostisi nel corso del tempo – non è attestato da alcuna spiegazione palese: i visitatori sono invitati a addentrarvisi e scoprirne le apparizioni guidati solo da enigmatiche didascalie disseminate lungo il percorso.

Sacro Bosco di Bomarzo, la Casa pendente
Casa pendente

Secondo alcuni studiosi (in particolare l’analisi di Antonio Rocca, pubblicata in “Bomarzo. Guida al sacro bosco”) Bomarzo è un giardino fondato su conoscenze esoteriche e misteriche, riconducibili nello specifico all’opera “L’idea del theatro” (1550) di Giulio Camillo: un testo molto conosciuto all’epoca, che secondo Rocca avrebbe costituito la principale fonte iconografica della creazione dell’Orsini. Il “theatro” di Camillo descrive il cosmo come il dispiegarsi dell’unità divina dall’iperuranio nei sette pianeti tolemaici e nella regione sublunare della terra, qui declinata nelle molteplici espressioni del mondo durante i sei giorni della creazione. Vicino Orsini prese spunto dal libro del Camillo per costruire il suo Sacro Bosco, con un progetto che dovette essere chiaro sin dal principio e che, con il passare degli anni, conobbe integrazioni e ampliamenti.

Antro delle Ninfe e Tre Grazie
Antro delle Ninfe e Tre Grazie

Voi che pel mondo gite errando, vaghi di veder meraviglie alte e stupende, venite qua, dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orsi, orchi e draghi“, si legge inciso sulla panca etrusca, una delle opere collocata lungo l’itinerario. Nel loro viaggio di scoperta del Bosco di Bomarzo i visitatori sono invitati a compiere un cammino iniziatico che dal punto più basso (l’ingresso antico era situato in corrispondenza della casa pendente) si addentra nella selva – simbolo del mondo materiale – per giungere a un’oasi egizia, e proseguire in un percorso di conoscenza e salvezza articolato in tre livelli: attraverso il mondo, la terra e l’occhio, tale cammino culmina infine con il riconoscimento del divino in se stessi.

Sacro Bosco di Bomarzo, Piazzale dei vasi, Nettuno (a sinistra) ed Elefante (a destra)
Piazzale dei vasi, Nettuno (a sinistra) ed Elefante (a destra)

Nel corso di questa esperienza di catarsi, dalla materialità alla divinità, le suggestioni etrusche ed egizie si accompagnano a figure del mito greco e latino e a rimandi alla letteratura cavalleresca: s’incontrano figure quali le Sfingi, Iside, le Ninfe, le Grazie, luoghi come la Casa Pendente, le immagini di Venere e Nettuno, il Drago e l’Elefante, le sembianze della Bocca Tartarea, oggetti come il vaso di Pandora, il Carro di Cibele. E ancora Leoni, la Furia-Arpia e la Furia-Sirena, Cerbero, infine il Terrazzino, apice del percorso e luogo di convergenza tra il mondo terreno e la prospettiva divina. Accanto al Sacro Bosco l’Orsini fece realizzare, dal 1573, il giardino pubblico di Bomarzo, dove si ammirano la fontana di Pegaso e le sculture di Festina lente, dell’Orca, di Proteo, della Gigantomachia.

Festina lente
Festina lente

I lavori per la realizzazione di Bomarzo partirono nel 1550 (o forse nel 1551) per concludersi intorno al 1580. Alla morte di Vicino – avvenuta nel 1585 – il giardino entrò in un lungo periodo di oblio e conobbe diversi passaggi di proprietà fino al 1954, quando venne acquistato dalla famiglia Bettini. Sin dal primo Novecento numerosi intellettuali avevano riscoperto il Sacro Bosco: fondamentali furono i contributi – tra gli altri – di Salvador Dalì, Michelangelo Antonioni, Paolo Portoghesi, Marcel Duchamp. Numerosi giardini d’arte – dichiaratamente ispirati a questo luogo – sono stati costruiti in seguito: tra di essi la Scarzuola di Tomaso Buzzi, il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, il giardino di Daniel Spoerri.

Informazioni utili: per visitare il Sacro Bosco di Bomarzo suggerisco di consultare il sito internet ufficiale, www.sacrobosco.it. La gita a Bomarzo può comprendere – oltre alla visita del borgo, sul quale spicca il Castello Orsini – alcune località vicine: a breve distanza consiglio senza dubbio i borghi di Vitorchiano e Soriano nel CiminoBagnaia e la sua Villa Lante, il santuario di Santa Maria della Quercia e, naturalmente, Viterbo.

Altre immagini:

Le immagini dell’Istituto Luce dedicate alla visita di Salvador Dalì a Bomarzo: Dalì girò un cortometraggio sul Bosco Sacro, che in seguito ispirò il dipinto “La Tentazione di Sant’Antonio”.

Il documentario di Michelangelo Antonioni sul borgo di Bomarzo e sul Sacro Bosco:

Mappa del Bosco di Bomarzo:

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