Sala al primo piano del Museo Bardini, sul pavimento la collezione di cassoni rinascimentali

Il Museo Bardini a Firenze: il capolavoro è il Museo

Sala al primo piano del Museo Bardini, sul pavimento la collezione di cassoni rinascimentali
Sala al primo piano, sul pavimento la collezione di cassoni rinascimentali

In Oltrarno a Firenze si trova un Museo che è escluso dai grandi flussi turistici: appartiene al circuito dei Musei Civici Fiorentini ed è il Museo Bardini. Qui non si trova nessun capolavoro che giustifica l’abbandono del più affollati circuiti museali e l’allontanamento dal ristrettissimo perimetro del centro storico, se non fosse che il luogo stesso, talmente ricco di fascino e di storia, è di per sé un capolavoro.

Definito incomprensibilmente “museo minore”, la sua storia è strettamente legata a quella del suo proprietario, che ne fu anche l’ideatore, l’architetto, l’arredatore: Stefano Bardini nel 1881 acquistò il complesso conventuale di San Gregorio della Pace in Oltrarno e lo trasformò in un suggestivo palazzo neorinascimentale. L’immobile venne completamente ristrutturato, con l’impiego di pezzi quali timpani, scale e portali, per diventare la galleria dove l’antiquario esponeva la propria collezione e la mostrava a una ristretta e selezionata cerchia di clienti.

Sala del terrazzo del Museo Bardini
Sala del terrazzo

La disposizione dei pezzi all’interno di questo spazio, destinato appunto a “show-room”, rispondeva a un gusto del tutto particolare, che privilegiava gli accostamenti più suggestivi senza assecondare criteri cronologici, geografici, o di scuola artistica: l’effetto voluto era quello d’insieme, capace di emanare tutt’oggi un fascino unico. Opere antiche dialogavano con quelle medievali e rinascimentali: vicinanze suggerite da un gusto eclettico che accostava pezzi diversissimi, combinati in modo del tutto originale e scenografico.

A tale scopo le pareti furono dipinte di un insolito color blu fiordaliso, che a differenza del canonico e tradizionale bianco faceva risaltare il candore dei marmi e le loro dorature. Una scelta inusuale, che venne imitata da collezionisti come i Jacquemart-André nella loro casa-museo a Parigi (di cui ho parlato in questo articolo, dedicato alla mia gita parigina) e Isabella Stewart Gardner a Boston.

Tullio Lombardo, Maddalena, Museo Bardini
Tullio Lombardo, Maddalena

La stessa articolazione degli spazi espositivi fu pensata in modo da favorire l’ingresso della luce naturale, che illuminava l’interno grazie ad ampissimi lucernari o alle grandi finestre della facciata. Per raggiungere questo scopo, ad esempio, nella sala delle sculture Bardini utilizzò un soffitto cinquecentesco trasformandolo in lucernario con la sostituzione dei pannelli dipinti con vetri.

Nel corso dell’adattamento dell’ex complesso, l’antiquario abbatté alcuni tramezzi, impiantò due grandi scale e alcuni portali: uno degli ambienti più suggestivi, quello che dal piano terreno conduce al mezzanino di destra, presenta una grande scala addossata alla parete e affiancata da un pozzo, con stemmi in pietra murati tutti attorno e un lucernario che consente l’illuminazione naturale. Interventi, questi, che citano chiaramente il cortile del Bargello, per Bardini luogo di grande ispirazione.

Sala delle sculture medievali e rinascimentali del Museo Bardini
Sala delle sculture medievali e rinascimentali

Per raggiungere l’aspetto più suggestivo possibile nei pezzi in vendita, l’antiquario non esitò a ricorrere ampiamente a pastiches, componendo elementi di provenienza diversa ed epoca coeva per ricostruire nella loro unitarietà pulpiti, portali, fronti di camini, elementi architettonici e scultorei.

Sul mercato antiquario opere integre, almeno nel loro aspetto, avevano un’attrattiva imparagonabile rispetto a frammenti isolati e opere mutile, sebbene l’integrità fosse frutto di discutibili assemblaggi. Va tuttavia sottolineato che Bardini non intervenne mai su opere di sommo pregio, consapevole che il restauro avrebbe potuto danneggiarle.

Un’altra particolarità delle scelte compiute dall’antiquario fu la sua attenzione a ogni forma di arte applicata, dimostrando un’ampiezza di sguardo e un gusto assolutamente originale: notevoli sono le raccolte di corami (pannelli in cuoio lavorato che rivestivano le pareti dei palazzi nobiliari), la collezione di cornici – concepite come opere d’arte autonome – quella di cassoni (risalenti soprattutto al XV e XVI secolo), i tappeti antichi.

Sulla parete fondo, Gregorio di Lorenzo, Fronte di camino, Museo Bardini
Sulla parete fondo, Gregorio di Lorenzo, Fronte di camino

Collezioni speciali sono quelle dei rilievi di Madonne col Bambino, in stucco e terracotta, e la selezione di bronzetti, di provenienza prevalentemente veneta. Una collezione nella collezione è costituita dalla raccolta d’armi, che si caratterizza non soltanto per la presenza di alcuni pezzi significativi, ma per la volontà di ricostruire vari aspetti dell’arte della guerra.

Sono dunque esposte armi di ogni epoca e provenienza, ma anche oggetti connessi al rituale della battaglia e della parata, nonché una singolare selezione di sepolcri di guerrieri. Scelte che testimoniano la sua sensibilità per ogni ambito dell’artigianato artistico e la sua disinvoltura nel combinare sculture e pitture con opere d’arte applicata.

Donatello, Madonna col Bambino detta Madonna dei cordai, Museo Bardini
Donatello, Madonna col Bambino detta Madonna dei cordai

Dal 1914, dopo anni di intensa attività commerciale, Bardini cominciò a riorganizzare la sua collezione e il suo palazzo con l’intento di creare un museo da lasciare a Firenze: a questo scopo lavorò intensamente elaborando un progetto unitario che integrava indissolubilmente la sede espositiva, la collezione e il suo allestimento. Il Museo così ideato venne donato da Bardini al Comune di Firenze all’indomani della sua morte, avvenuta il 12 settembre 1922 all’età di 86 anni.

Il Comune accolse la donazione ma decise di riorganizzarne l’allestimento, non condividendo le scelte operate dall’antiquario. Le pareti dal bel blu Bardini furono tinteggiate in ocra, le opere furono risistemate secondo un ordine cronologico ed estetico. La sala delle armi fu trasformata in Sala mistica e vi vennero riuniti tutti i monumenti funerari, altre opere di proprietà comunale – estranee alla collezione originaria, come il Porcellino del Tacca – furono qui trasferite da altre sedi e depositi.

Crocifisso della Sala al primo piano del Museo Bardini
Crocifisso della Sala al primo piano

Il Museo così organizzato venne inaugurato nel 1925, radicalmente alterato. L’allestimento odierno ripropone invece gli ambienti così come l’antiquario li aveva concepiti, ad eccezione di alcune scelte operate in seguito all’alluvione del 1966 e delle mutate esigenze di sicurezza e conservazione delle opere: offre dunque la possibilità di passeggiare in un luogo unico, assaporando la stessa atmosfera meditata e creata da Stefano Bardini per i suoi privilegiati clienti stranieri.

Informazioni utili: tutte le indicazioni necessarie alla visita del Museo Bardini sono riportate sulla pagina internet dell’ente che lo gestisce. Suggerisco di cogliere l’occasione per visitare anche lo splendido Giardino Bardini, distante pochi passi, che si chiama così perché fu anch’esso di proprietà dell’antiquario: oltre a offrire un magnifico panorama su Firenze – senza alcun dubbio una delle viste più belle della città – è un luogo unico per il suo multiforme aspetto, composto da antiche parti agricole poste accanto al giardino all’italiana e al bosco all’inglese. La presenza delle mura medievali di Firenze che ne sovrastano l’estensione si accompagna infine alla ricchezza degli elementi decorativi, tra cui statue, fontane, architetture da giardino.

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