Visitare Meknes, Volubilis e Moulay Idriss. Place Lalla Aouda e le mura

Visitare Meknes, Volubilis e Moulay Idriss in Marocco

Place Lahdim
Place Lahdim a Meknes

Nel corso del mio soggiorno a Fes ho dedicato una giornata intera per visitare la città imperiale Meknes, Volubilis – sito archeologico patrimonio Unesco – e Moulay Idriss, meta di pellegrinaggio e venerazione per i musulmani del Marocco.

L’escursione, organizzata con il noleggio di un’auto con autista e la presenza di due guide – una a Volubilis e una a Meknes – è stata possibile grazie alla vicinanza a Fes e la consiglio per molti motivi.

La scoperta di Meknes infatti mi ha permesso di osservare una diversa città imperiale, meno affollata rispetto a Fes, con una medina ancora dedicata alle attività artigianali della tradizione e le testimonianze architettoniche di un imponente palazzo imperiale, in parte visitabile.

Campagna con le rovine di Volubilis
Campagna con le rovine di Volubilis

Le rovine romane di Volubilis, patrimonio Unesco e più importante sito archeologico del Marocco, restituiscono l’idea di una città antica (le prime testimonianze sono di origine punica e risalgono al III secolo a.C.) che ha attraversato i secoli e le vicissitudini del tempo.

La vicina Moulay Idriss, che dalla pianura di Volubilis si osserva adagiata su uno sperone roccioso con le sue case bianche, è città santa che custodisce il mausoleo di Idriss I, Moulay Idriss el-Akbar, “il Grande”: capostipite della prima dinastia araba del Marocco, la sua tomba è meta di uno dei pellegrinaggi più sentiti di tutto il Paese, che si svolge ogni anno nel mese di agosto.

La strada che da Fes conduce a Volubilis offre una successione di spettacolari vedute sul paesaggio circostante, una campagna verdissima e ben tenuta ricca di coltivazioni ed olivi secolari. Durante il tragitto consiglio inoltre di fermarsi al punto panoramico che affaccia sul barrage Sidi Chahed, un bel lago originato da una diga che rifornisce d’acqua Meknes e un centinaio di comunità agricole circostanti.

Barrage di Sidi Chahed
Barrage di Sidi Chahed
Basilica e foro, Volubilis
Basilica e foro

La visita di Volubilis è molto semplice, e si snoda lungo un percorso ad anello che si può intraprendere nel senso che si preferisce. I resti della città romana sono immersi nel verde, condizione che rende questo luogo più simile a un giardino di rovine che a un vero e proprio sito archeologico: e in effetti la città prende il proprio nome dal fiore “Volubilis”, un convolvolo conosciuto anche come “bella di giorno” che qui fiorisce ovunque. La particolarità di questo luogo consiste nella possibilità di osservare i molti mosaici che ornavano le antiche abitazioni proprio nella loro collocazione originaria, esposti tutt’oggi all’aria aperta: una condizione che se da un lato è di autentico privilegio, dall’altro pone seri interrogativi sulla loro conservazione. Tra queste opere segnalo in particolare la Casa del corteo di Venere, con i mosaici di Bacco e le Quattro Stagioni e di Diana al bagno sorpresa da Atteone; la Casa del Desultor, il cui mosaico mostra l’atleta seduto al contrario su di un asino mentre regge un cantaro; la Casa di Orfeo, con un mosaico di pesci, crostacei, un cavalluccio marino e uno rappresentante il Mito di Orfeo.

Mosaico delle fatiche di Ercole
Mosaico delle fatiche di Ercole

I pavimenti, risalenti al I-III secolo d.C., furono realizzati durante il periodo di maggiore splendore di Volubilis: al tempo degli Antonini e dei Severi, la città infatti fu cinta da mura e  abbellita da monumenti come il Campidoglio e l’Arco di trionfo. In seguito ne cominciò il declino, anche se fino all’VIII secolo fu abitata dai berberi cristiani. Altri luoghi da osservare sono il Decumanus maximus, che si distingue agevolmente per la permanenza – lungo il suo tragitto – di alcune delle colonne originarie, e l’Arco di trionfo, dove il Decumanus conduce: venne eretto nel 217 in onore di Caracalla e della madre Iulia Domna. Nei pressi dell’arco di apriva il foro, di cui è rimasta la pavimentazione, il Campidoglio e la Basilica. Altri ambienti monumentali erano le Terme di Gallieno, gli oleifici e – lungo il Decumanus – il Palazzo di Gordiano, probabilmente residenza dei procuratori romani.

Arco di trionfo a Volubilis
Arco di trionfo

Annesso al parco archeologico vi è un piccolo museo che custodisce altri reperti e permette di approfondire la conoscenza del luogo.

Sullo sperone di roccia che sovrasta Volubilis si sviluppa Moulay Idriss, la cui forma ricorda la sagoma di un cammello: la città prende il nome dal discendente di Fatima – figlia di Maometto – e di Ali, cugino e primo seguace del Profeta. Dopo la disfatta di Alì nel 786 che sancì la divisione fra le confessioni sunnita e sciita, Moulay trovò rifugio presso i berberi di Volubilis: convertì all’islam gli abitanti e ne divenne il capo, fondando la prima dinastia imperiale del Marocco. In quanto luogo santo, le moschee e i santuari che si trovano all’interno del recinto sacro non sono accessibili ai non musulmani, ma è comunque possibile attraversare la città e, con del tempo a disposizione, passeggiare nel dedalo delle viuzze e vicoli fino a giungere alla Grande terrasse, da cui si ammira la vista sul Mausoleo e sull’abitato.

La città di Moulay Idriss
La città di Moulay Idriss
Bab el-Mansour
Bab el-Mansour

La città imperiale di Meknes si articola, come Fes, attorno ai tre nuclei della Città vecchia (di fondazione berbera), della Città imperiale e della Ville Nouvelle di epoca novecentesca. I primi stanziamenti risalgono al X secolo a.C., poi sotto il dominio degli Almohadi e dei Merinidi vennero costruiti alcuni del monumenti più antichi che oggi si ammirano e infine nel corso del XVII secolo la città raggiunse il massimo splendore, divenendo la capitale del Marocco nel 1672 per volere del sultano Moulay Ismail. Ismail fece costruire l’imponente cinta muraria che ancora oggi protegge – con i suoi 25 km di lunghezza – la medina, e avviò la costruzione dell’imponente palazzo reale, rimasto però incompiuto. Dopo la sua morte, nel 1727, Meknes conobbe il proprio declino, con il trasferimento della capitale a Marrakech e il terremoto di Lisbona del 1755 che colpì durante le architetture cittadine.

Strada della medina verso la moschea el-Beradayn
Strada della medina verso la moschea el-Beradayn

La visita alla città non può che partire dalla piazza principale, Place el-Hedim: realizzata da Moulay Ismail è delimitata su di un lato dal mercato alimentare coperto (dove fare incetta di dolci squisiti, olive, spezie, miele…), sull’altro dall’ingresso alla medina e sul terzo dalla splendida porta Bab el-Mansour, che dà accesso alla Città imperiale. Si tratta della più grande fra tutte le porte imperiali del Marocco, ornata di zellige e iscrizioni, ultimata nel 1732 dal figlio di Moulay Ismail. La piazza è affollata di gente dedita alle proprie commissioni, di ambulanti, di bambini e ragazzi che giocano con macchinine elettriche, di bancarelle di ceramica: avvicinandosi all’ingresso della medina, affacciato sulla piazza, si trova il Museo Dar Jamai, che espone oggetti di arte e artigianato locale tra cui un’importante collezione di tappeti. Purtroppo non ho potuto visitarlo perché chiuso per restauro.

Forno di quartiere
Forno di quartiere

La medina merita una passeggiata nell’intrico delle sue vie, dove ancora oggi è possibile osservare gli artigiani al lavoro, fermarsi nel forno di quartiere per osservarne il funzionamento, sostare nei pressi di un hamman e vedere l’uomo che ne alimenta la caldaia. Una dimensione quotidiana, questa, ancora più verace e semplice rispetto a quella di Fes, ricca di fascino e tranquillità. Tra i luoghi di interesse storico-artistico va segnalata la medersa Bou Inania, risalente al 1358 e meno sontuosa della omonima di Fes, e la Grande moschea, chiusa ai non musulmani. Fra le porte più belle, oltre alla Bab el-Mansour, vi sono Bab Jdid e Bab el-Baradayn, la porta dei sellai che prende il nome del mercato delle bestie da soma che si svolgeva nella sua grande piazza: nelle sue vicinanze si trova la koubba di Moulay Amhed el-Ouazzani, sant’uomo assai venerato in città. L’ultima porta da segnalare è Bab el-Khemis, che dà accesso al vecchio e nuovo mellah (quartiere ebraico).

Place Lalla Aouda e le mura
Place Lalla Aouda e le mura

A poca distanza dalla medina si trova la Città imperiale, la cui visita può partire dalla grande Place Lalla Aouda, vasta spianata che si apre tra le mura e il Palazzo Reale: la piazzetta che si apre a poca distanza, koubba el-Khiyatin, conserva nel sottosuolo grandi silos sotterranei, che le guide descrivono come prigioni degli schiavi cristiani. Di fronte si trova il Mausoleo di Moulay Ismail mentre a due chilometri si possono visitare i due luoghi più interessanti di tutto il Palazzo, ovvero i granai e le scuderie Heri es-Souani: gli ambienti sono magnifici e restituiscono solo una pallida idea della loro originaria maestosità.

I granai – costruiti fra il XVII e il XVIII secolo – avevano finestre minuscole e pareti massicce, in grado di mantenere il luogo sempre fresco e ben ventilato: qui si custodivano le derrate alimentari per la città e per i 12.000 cavalli del sultano. Grazie ad alcuni pozzi scavati nel terreno per una quarantina di metri, veniva estratta l’acqua con l’impiego di norie azionate da animali.

Scuderie reali
Scuderie reali

Alle spalle dei granai si osserva la grandiosa costruzione delle scuderie, articolata in 23 navate alte 12 metri, di cui oggi si osservano alcune arcate sorrette da poderosi pilastri, a cielo aperto: la costruzione era concepita in modo tale da consentire al guardiano di osservare, con una semplice occhiata, tutti i cavalli disposti attorno ai pilastri, sfruttando lo sviluppo prospettico degli spazi per offrire la visione immediata dell’insieme. Moulay Islail era talmente fiero di questa opera da considerarla uno dei suoi migliori progetti. A poca distanza dall’Heri es-Souani si trova il Bacino di Agdal, un enorme specchio d’acqua alimentato da canali sotterranei che aveva il duplice scopo di consentire l’irrigazione dei giardini reali e offrire un luogo di riparo e frescura al sultano.

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