La Bretagna è la terra degli “enclos paroissiaux”, i complessi (o recinti) parrocchiali che costituiscono un luogo unico perché formano – all’interno della stessa area delimitata da un recinto in pietra – uno spazio con un’identità riconosciuta e immediatamente riconoscibile: qui si trovano la chiesa, il cimitero, l’ingresso monumentale – un portale o un arco di trionfo – il calvario, l’ossario e la cappella funebre.
Questo luogo così peculiare appartiene a un genere artistico e architettonico che si sviluppò in Bretagna fra il XVI e il XVII secolo, in un periodo storico di grande prosperità grazie allo sviluppo di intensi traffici commerciali via mare. Le piccole comunità rurali, che spesso dovevano la loro ricchezza alla lavorazione del lino e della canapa e alla fabbricazione delle tele, cominciarono ad abbellire i propri complessi parrocchiali in funzione non soltanto religiosa, ma anche sociale, politica, economica. Furono chiamati i migliori artisti e artigiani dell’epoca, in un confronto fra villaggi che divenne competizione per la realizzazione del più bel complesso.
Gli artisti trovarono ispirazione nelle vite dei santi bretoni, nelle leggende celtiche, nelle scene di vita quotidiana e nelle storie del Vecchio e Nuovo Testamento, ed eccezionalmente apparvero anche rappresentazioni di amerindi e afro-americani. Le chiese vennero ornate di organi, codici, retabli, che oltre ad impreziosire gli spazi interni consentivano anche alla popolazione – in maggioranza priva di istruzione e incapace di leggere – di apprendere e ricordare le storie della Bibbia e le vite dei santi. Dentro lo spazio del recinto si svolgeva la vita quotidiana del paese, nella molteplicità dei suoi aspetti: qui si discutevano affari e trattative commerciali, si teneva il mercato, le donne filano la lana sotto i portici…
La prosperità bretone si arrestò – alla fine del XVII secolo – a causa dell’introduzione di una tassa sulle esportazioni, necessaria per rimpinguare le casse ormai vuote del re di Francia Luigi XIV: per la Bretagna – che destinava l’80% delle sue tele all’esportazione in Inghilterra – queste imposte segnarono la fine di un periodo d’oro.
A testimonianza di quell’epoca rimangono i complessi parrocchiali come quello di Guimiliau, paesino che oggi non supera le mille anime, dove si trova un complesso fra i più celebri della Bretagna per la bellezza del suo calvario, popolato da una folla di oltre duecento personaggi.
Il recinto in pietra che racchiude l’intera struttura separa lo spazio esterno del borgo da quello del complesso, che a Guimiliau comprende anche la sagrestia: varcato l’arco di ingresso, che si affaccia sulla piazza del paese, ci si trova di fronte alla facciata della chiesa dedicata a san Miliau, in cui convivono elementi gotici e rinascimentali. A sinistra del portico si trova un piccolo ossario, con due acquasantiere sul basamento e alcuni episodi scolpiti in bassorilievo con scene evangeliche e un san Francesco che mostra le stimmate. Il portico è ornato nei piedritti e negli intradossi con scene dell’Antico e Nuovo Testamento, a partire dalla tentazione di Eva nel giardino della Genesi, scene che devono essere lette dal basso verso l’alto, passando alternativamente da sinistra a destra. All’interno dell’atrio – dove si svolgevano vari momenti della vita del paese – si ammirano le statue degli apostoli, e al di sotto un fregio con curiosi bassorilievi: si osservano personaggi ed episodi come pellegrini e infermi con le stampelle e il vincitore di combattimenti con il gallo insieme al suo animale vittorioso.
All’interno della chiesa la luce entra dalle grandi vetrate, fra le quali spicca quella dell’abside, risalente al 1599 e rappresentante la crocifissione. Accanto all’ingresso si trova un monumentale battistero, composto da una vasca battesimale in granito del 1675 sormontata da un baldacchino in legno di quercia, finemente scolpito con motivi vegetali e animali. Di fianco al battistero si trova l’organo, che presenta una tribuna in legno anch’essa scolpita: costruito da Thomas Dallam, figlio del più grande costruttore di organi inglese, ha 24 registri di 48 note. Lungo la navata centrale, in prossimità del presbiterio, si trova un pulpito in legno scolpito del 1677, mentre in corrispondenza degli altari delle navate si ammirano splendidi retabli dipinti: quello commissionato dalla locale Confraternita del Rosario (1675), quello dedicato al santo cittadino – san Miliau – (1580-fine XVII secolo), quello di san Giuseppe (XVII secolo).
Entro lo spazio del complesso si trova la cappella funeraria del 1648, costruzione indipendente di stile classico eretta sui bordi del muro di cinta: custodisce un altare in pietra sormontato da un retablo con episodi della vita di sant’Anna, mentre un’iscrizione sulla porta d’accesso – “memento mori” – ricorda la sua originaria funzione. In questa cappella infatti si deponevano i corpi dei defunti prima della loro sepoltura nel vicino cimitero.
Fra la chiesa e la cappella funeraria si eleva il calvario, elemento di grande interesse per la ricchezza del suo apparato decorativo, originariamente a colori: si distingue infatti fra tutti i calvari bretoni per la folla di personaggi scolpiti nella pietra ad illustrare gli episodi della vita di Cristo. Realizzato tra il 1581 e il 1588 in kersantite – pietra abbondante in Bretagna e facilmente lavorabile – è un corpo monumentale di forma ottagonale, originariamente sormontato da tre croci di cui rimane solo quella centrale del Cristo, che come la chiesa guarda ad ovest. Al di sotto della croce, si svolgono gli episodi scolpiti della vita e della passione del Figlio di Dio, con il racconto evangelico che si sviluppa orizzontalmente e le scene sovrapposte le une alle altre come in un fumetto.
Tutti i personaggi sono disposti in posizione frontale su ciascuna delle quattro facciate e fra gli episodi ve ne sono alcuni del tutto originali, come quello di Katen Gollet (Caterina la perduta) che viene spinta fra le fiamme dell’inferno da due diavoli, in quanto colpevole di peccato e meritevole di dannazione. Sul lato sud del calvario si trova un altare, destinato a celebrare l’eucaristia in circostanze particolari come il “pardon“: questa era la più celebre festa bretone, che si svolgeva in occasione della ricorrenza del santo patrono, durante la quale i fedeli ottenevano l’indulgenza e il perdono dei peccati.
Il complesso parrocchiale di Guimiliau è una preziosa testimonianza storico-artistica di devozione al servizio della fede religiosa, e al contempo luogo d’identità e riconoscimento per la collettività di questo paese bretone, la sua storia e la sua cultura. Una Bretagna da conoscere ed amare.
Informazioni utili: il complesso parrocchiale di Guimiliau si trova lungo la strada dei calvari e dei complessi parrocchiali di Bretagna, circuito turistico che comprende sette calvari e 19 “enclos parroissiaux”. Alcune associazioni – tra cui la Sprev (Sauvegarde du Patrimoine Religieux en Vie) accompagnano i visitatori alla loro scoperta. Sul sito turistico del dipartimento bretone di Finistère – dove si trovano la maggior parte dei complessi – si trovano tutte le indicazioni utili per programmare una visita: www.finisteretourisme.com/
Ho visitato Guimiliau e il suo complesso parrocchiale nel corso di un viaggio in Bretagna e Normandia che si è svolto in più tappe, tra le quali Carnac, con i suoi allineamenti di menhir risalenti al Neolitico, e l’abbazia di Jumièges, definita “la più bella rovina di Francia.
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