Ettore Roesler Franz, Porto di Ripetta verso ponente, 1880

Le ultime vestigia del perduto porto di Ripetta a Roma

Fontana Clementina del Porto di Ripetta a Roma
La fontana clementina

Nella piazzetta situata fra via di Ripetta e ponte Cavour a Roma si trovano una fontana senza acqua e due belle colonne, ultime vestigia dello scomparso Porto di Ripetta. Il porto sorgeva nell’area immediatamente antistante la chiesa di San Girolamo degli Schiavoni e fu costruito nel 1704 da Alessandro Specchi – con la collaborazione di Carlo Fontana – per volere di Papa Clemente XI Albani.

La costruzione era splendida, presentava due ampie scalinate curve che dal piano della strada scendevano fino al livello del Tevere, seguendo un movimento sinuoso che più tardi si ritroverà anche nella scalinata di Trinità dei Monti. Al centro si apriva un emiciclo con una fontana, utilizzata per abbeverare gli animali, e una balaustra delimitata da due colonne, utilizzate per indicare il livello delle alluvioni in occasione delle esondazioni fluviali. Il porto serviva il traffico fluviale dell’alto Tevere, e le imbarcazioni che vi attraccavano, provenienti dal nord, vi smerciavano materiali e prodotti come legna, vino, olio. Esso era così chiamato per distinguersi dall’altro porto, più importante e riservato al traffico marino, di Ripa Grande, che era situato alla foce del fiume.

Immagine tratta dal volume "Excursions daguerriennes: vues et monuments les plus rémarquables du globe" di Lerebours
Immagine tratta dal volume “Excursions daguerriennes: vues et monuments les plus rémarquables du globe” di Lerebours

L’aspetto del porto di Ripetta si può immaginare grazie alle numerose sue immagini risalenti al Settecento e all’Ottocento, di cui una appartenente alle “Excursions daguerriennes: vues et monuments les plus rémarquables du globe” pubblicate fra il 1840 e il 1844 dall’ottico e dagherrotipista Lerebours: il volume doveva sua peculiarità al processo di realizzazione delle immagini, incisioni ricavate da dagherrotipi scattati da pionieri della fotografia. Una di esse, che trovai su una bancarella di Digione qualche anno fa, è appunto il porto di Ripetta, e vi si scorgono perfettamente le due colonne – che adesso si trovano a poca distanza dalla loro collocazione originaria – e la forma dell’emiciclo.

Fontana Clementina, retro, del Porto di Ripetta a Roma
Il lato posteriore della fontana

Si intuisce invece la fontana, che fu realizzata con il travertino proveniente dalle arcate del Colosseo crollate per il terremoto del 3 febbraio 1703. La forma della fontana è rimasta inalterata, e presenta un corpo a scogliera, ornato da una coppia di delfini e da una valva di conchiglia, sormontato tre monti e da una stella (in ferro battuto), simboli araldici della famiglia Albani: nel corso del Settecento sulla sommità fu collocata una lanterna, utile per segnalare l’approdo durante la notte, che venne poi rimossa nel 2014 a causa di un cedimento.

Ettore Roesler Franz, Porto di Ripetta, 1888
Ettore Roesler Franz, Porto di Ripetta, 1888

Anche gli acquarelli realizzati da Ettore Roesler Franz fra il 1878 e il 1888 restituiscono la bellezza e l’autenticità del luogo, mostrandone la vista dai prati di Castello, la fontana e i tratti terminali delle scalinate destra e sinistra. Con il passare del tempo le condizioni del porto decaddero irrimediabilmente, e quando alla fine del 1800 si trattò di costruire i nuovi muraglioni per arginare le alluvioni del Tevere e consentire una nuova viabilità, esso fu in parte distrutto e in parte interrato sotto l’attuale Lungotevere in Augusta, per la cui costruzione il letto del fiume venne spostato verso la sponda di Prati. Nel punto in cui si trovava la fontana clementina curiosamente ancora oggi l’acqua zampilla, ma dalla fontana del Meier situata di fronte all’Ara Pacis.

Ettore Roesler Franz, La fontana clementina al porto di Ripetta, 1878
Ettore Roesler Franz, La fontana clementina al porto di Ripetta, 1878

Sul lato orientale della chiesa di San Rocco si trova un’ultima testimonianza del porto scomparso: un idrometro, risalente al 1821, che si componeva di cinque segmenti collocati ad altezze diverse in vari punti del porto. I primi tre segmenti si trovavano sulle gradinate, il quarto su uno spigolo del palazzo affacciato sul fiume, il quinto – questo – sulla facciata rivolta su via di Ripetta. Con la demolizione dello scalo i primi quattro segmenti andarono perduti, l’ultimo venne murato in Largo San Rocco dove oggi si ammira. Lungo la sua altezza, accanto alla scala metrica, sono segnati i livelli raggiunti dal Tevere nel corso delle sue esondazioni: la tacca più alta è relativa alla tremenda alluvione del dicembre 1598, quando l’acqua raggiunse i 19,56 metri di altezza. In quell’occasione la forza del fiume fu tale da demolire tre arcate dell’antico Ponte Emilio, oggi Ponte Rotto, rendendolo definitivamente inutilizzabile.

Di fronte alla piazza dove si trovata il porto perduto si trova l’Ara Pacis Augustae, l’altare alla pace che venne fatto erigere dall’imperatore Augusto tra il 13 e il 19 d.C.. E’ un museo la cui visita è imprescindibile, uno dei miei preferiti a Roma, cui ho dedicato un articolo.

Altre immagini:

Mappa del luogo dove si trovava il porto di Ripetta:

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