David di Michelangelo, dettaglio

Il David di Michelangelo, storia e curiosità del capolavoro del Buonarroti

David di Michelangelo
David di Michelangelo

Chi vede il David di Michelangelo non ha bisogno di vedere nient’altro nella storia della scultura. Lo sosteneva Giorgio Vasari, che ne “Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani” così scrisse: “E certo chi vede questa, non dee curarsi di vedere altra opera di scultura fatta nei nostri tempi o ne gli altri da qualsivoglia artefice“. Gran parte dei turisti sembra condividere questa affermazione, visto che entra all’Accademia quasi esclusivamente per ammirare il capolavoro che – sempre secondo lo storico aretino – “ha tolto il grido a tutte le statue moderne et antiche o greche o latine che elle si fossero“.

Il David fu realizzato da Michelangelo in un blocco di marmo sul quale già Agostino di Duccio nel 1464 e Antonio del Rossellino nel 1476 avevano tentato senza esito di lavorare, lasciandolo “sbozzato“: l’incarico era stato loro conferito dai sovrintendenti dell’Opera del Duomo di Firenze, che intendevano realizzare una statua colossale da apporre su uno dei contrafforti della cattedrale, ma l’impresa fu troppo ardua ed entrambi gli artisti l’abbandonarono. Il grande blocco rimase “male abozatum” nel cantiere di Santa Maria del Fiore per quasi quarant’anni, finché il lavoro non venne affidato a Michelangelo, che all’epoca aveva ventisei anni ed era già famoso per aver realizzato la Pietà Vaticana.

David di Michelangelo, dettaglio
David di Michelangelo, dettaglio

La difficoltà dell’opera era dovuta sia alle dimensioni colossali del blocco (e della statua da realizzare), elemento che già aveva indotto alla rinuncia i due scultori precedenti, sia – ancor di più – al fatto che il lavoro fosse già stato portato avanti, cosa che rendeva l’impresa ancora più complessa: nell’impostazione iniziale dell’abbozzo infatti era già stato deciso l’esito finale della scultura. In questo caso, l’abbozzo era addirittura di un altro scultore. La descrizione generale che ne fa il Vasari è davvero efficace: “E sì mal concia era quell’opera, […] tutto mal condotto e storpiato, di modo che gli operai di Santa Maria del Fiore […] senza curar di finirlo, per morto l’avevano posto in abbandono“.

Il lavoro ebbe inizio nel settembre del 1501 e fu concluso in tre anni, nel 1504. Il Buonarroti si fece costruire un muro intorno al cantiere per tenere lontani gli sguardi dei fiorentini, tutti impegnati a commentare la sua immensa sfida. Quando il muro venne demolito e la scultura mostrata, venne subito riconosciuta come un capolavoro, in primis dal gonfaloniere Piero Soderini. Commentò il Vasari: “E certo fu miracolo quello di Michele Agnolo far risuscitare uno ch’era tenuto per morto“.

David di Michelangelo nell'esedra concepita dal De Fabris
David di Michelangelo nell’esedra concepita dal De Fabris

Proprio sul Soderini Vasari riferisce un aneddoto poco lusinghiero, che la dice lunga sulla presunzione di chi parla a sproposito dando a intendere di saper quel che dice. Il gonfaloniere, che aveva seguito i lavori da vicino, guardando il David avanzò qualche critica sul naso, a suo giudizio troppo grosso. L’artista, per compiacerlo, fece finta di ritoccarlo, maneggiando lo scalpello e lasciando cadere della polvere di marmo raccolta dalle tavole del ponteggio, tenuta stretta in pugno. “Poi guardato a basso al Gonfaloniere, che stava a vedere, disse: Guardatelo ora. A me mi piace più (disse il Gonfaloniere): gli avete dato la vita. Così scese Michelangelo, e dello avere contento quel Signore se ne rise da sé […], avendo compassione a coloro che, per parere d’intendersi, non sanno quel che si dicono“.

La Signoria fiorentina decise che il David di Michelangelo – la rappresentazione del giovane biblico che aveva sconfitto Golia con la sola forza della sua fede – sarebbe divenuto il simbolo stesso della città, emblema dell’eroe che lotta per la libertà: Firenze infatti proprio in quegli anni stava lottando per preservare la propria libertà repubblicana. Per questo motivo fu deciso di cambiare la destinazione della scultura: non più i contrafforti di Santa Maria del Fiore ma una nuova collocazione, della massima rilevanza civica e della migliore visibilità.

David, fianco sinistro
David, fianco sinistro

Per individuare il luogo più idoneo la Signoria compì una scelta straordinaria, ovvero delegò la decisione a una commissione di artisti: in questo modo, riconobbe il valore politico dell’arte e la funzione civica degli artisti. Coloro che presero parte alla commissione furono i migliori talenti della città, i cui nomi ancora oggi appartengono alla storia dell’arte: Andrea della Robbia, Cosimo Rosselli, Francesco Granacci, Piero di Cosimo, Davide Ghirlandaio, Simone del Pollaiolo, Filippino Lippi, Sandro Botticelli, Antonio e Giuliano da Sangallo, Andrea Sansovino, Leonardo da Vinci, Pietro Perugino, Lorenzo di Credi. Gli artisti furono all’altezza della situazione, degni della fiducia loro riposta dalla Repubblica.

Fu deciso di collocare il David di Michelangelo davanti al Palazzo della Signoria, al posto della Giuditta di Donatello, dove il colosso venne trasportato dopo quattro giorni di trasferimento, protetto da un castello di travi e sostenuto da corde per ammortizzare i contraccolpi. L’opera divenne però oggetto delle rivalità politiche nel momento in cui la fazione filomedicea si accorse ch’essa conferiva un vantaggio politico alla Repubblica. I sostenitori dei Medici decisero dunque di attaccarla, e durante la notte venne presa a sassate da alcuni giovani. Nel corso della rivolta repubblicana del 1527 la scultura pagò un prezzo ancora più elevato: durante gli scontri, dalle finestre di Palazzo Vecchio furono lanciate alcune panche, che colpirono il bracco sinistro del David e lo mandarono in pezzi.

David, fianco destro
David, fianco destro

I frammenti rimasero in terra per tre giorni senza che nessuno osasse raccoglierli: sempre con il favore delle tenebre, finalmente, un Giorgio Vasari ancora ragazzo trovò il coraggio di portarli via, insieme all’amico Cecchino Salviati. Furono posti a riparo e quindi consegnati a Cosimo I de’ Medici che, divenuto Signore di Firenze, li fece riattaccare nel 1543: un gesto di rispetto verso l’opera michelangiolesca e una scelta politica dettata dal buon senso, considerato l’amore della città per il suo illustre figlio.

Con il passare dei secoli il David di Michelangelo rimase esposto alle intemperie, finché nel XIX secolo le sue precarie condizioni conservative non evidenziarono la necessità di interventi risolutivi. Si susseguirono i restauri e il grande scultore Lorenzo Bartolini per primo parlò della necessità della rimozione per garantire la “massima conservazione della sublime statua”. Tra il 1860 e il 1870 il dibattito si orientò verso una soluzione definitiva, che venne adottata nel 1872 dalla commissione tecnica presieduta da Luigi Menabrea.

La scultura, ingabbiata in una torre di legno (di cui si conserva il modellino al Museo di Casa Buonarroti), attraversò il centro della città con un viaggio lentissimo, durato dal 30 luglio al 10 agosto del 1873, diretta verso la Galleria dell’Accademia: qui fu costruito ex novo un ambiente dedicato, la tribuna, un’aula a pianta quadrata al culmine della Galleria dei quadri antichi. Il progetto dall’architetto Emilio De Fabris, divenuto famoso per il disegno della facciata del Duomo, è un capolavoro della museografia celebrativa ottocentesca.

Galleria dei Prigioni. In fondo il David
Galleria dei Prigioni. In fondo il David

De Fabris ideò lo spazio in stile neorinascimentale, un’esedra voltata ad abside, inondata dalla luce naturale proveniente dal lucernario: la semplicità delle linee esalta ogni dettaglio anatomico del David di Michelangelo e ne enfatizza la monumentalità, nel segno di quella musealizzazione che fu completata qualche anno più tardi. La sistemazione all’Accademia fu infatti portata a compimento solo nel 1882, con la collocazione della statua nella posizione per essa ideata. Nel 1909 vennero trasferiti i Prigioni – destinati alla tomba di Giulio II e installati nella grotta del Buontalenti nel Giardino di Boboli – e il San Matteo realizzato per l’Arte della Lana: furono apposti a destra e a sinistra della galleria, quasi una guardia d’onore, un preludio alla contemplazione del capolavoro. L’originaria collocazione di fronte a Palazzo Vecchio rimase vacante fino al 1910, quando venne apposta una copia di Luigi Arighetti.

Il video della Galleria dei Prigioni e del David di Michelangelo:

Per la redazione di questo articolo mi sono avvalsa di divere fonti, a partire da “Le Vite” di Giorgio Vasari nelle edizioni del 1550 per i tipi di Torrentino e del 1568 per Giunti. Tra i volumi recenti ho fatto in particolare riferimento a “Michelangelo. Una vita inquieta” di Antonio Forcellino, pubblicato nel 2007 da Laterza. Per ammirare il David di Michelangelo consiglio di consultare il sito internet della Galleria dell’Accademia, per conoscerne orari di apertura e modalità di accesso: www.galleriaaccademiafirenze.beniculturali.it.

Mappa:

About the author