Cassero del castello di Radicofani

Radicofani in Val d’Orcia, il castello di Ghino di Tacco costruito sul vulcano

Panorama dalla torre del castello di Radicofani
Panorama dalla torre del castello

Il borgo di Radicofani in Val d’Orcia si erge sulla cima di un cono vulcanico abitato sin dalla tarda età del bronzo. La sua spettacolare posizione, che lo rende visibile a chilometri di distanza, ne fece avamposto strategico per il controllo del territorio, attraversato da strade importanti sin dall’antichità: tra di esse la via Francigena, sulla quale transitarono mercanti, uomini di chiesa, pellegrini, papi e imperatori.

Le prime fortificazioni furono forse di epoca longobarda. Roccaforte di proprietà imperiale, al 1081 risale la prima contesa per il suo controllo: gli Aldobrandeschi – signori feudali della Maremma (ebbero sede prima a Roselle, poi a Sovana) – si erano arbitrariamente impadroniti del castello, scatenando la reazione dei monaci dell’Abbazia di san Salvatore, che si appellarono all’imperatore Enrico IV affinché obbligasse la famiglia ad abbandonare l’occupazione.

Palazzo Pretorio di Radicofani
Palazzo Pretorio

Alla metà dell’XI secolo il nascente Comune di Siena si lanciò alla conquista delle zone circostanti, mirando al controllo della Francigena e dunque della rocca di Radicofani: di fronte alle resistenze dell’Abbazia di san Salvatore, Siena nel 1145 inviò il proprio esercito ottenendo la sesta parte della rocca. Il possesso però rimase all’abate, che astutamente lo donò al Pontefice, obbligandolo così a difendere costantemente la fortezza. Nel 1198 Innocenzo III fece ristrutturare e potenziare le fortificazioni, rendendo Radicofani il principale avamposto militare nord dello Stato Pontificio sulla Tuscia. L’imperatore dovette prendere atto, nel 1201, che la fortezza regia era caduta nelle mani del papa.

Durante la prima metà del XIII secolo il castello di Radicofani fu coinvolto nello scontro fra papato e impero, in particolare nella guerra che vide fronteggiarsi Firenze, Siena e Orvieto per il controllo dell’Italia centrale. Intanto anche nel borgo si stava affermando l’attività del Comune, con il primo Statuto nel 1255.

Piazza del Teatro, già piazza della Giudecca
Piazza del Teatro, già piazza della Giudecca

Tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento si colloca la signoria di Ghino di Tacco su Radicofani e sui territorio circostanti, narrata anche da Dante e da Boccaccio: tra gli episodi che videro protagonista il “bandito gentiluomo”, quello legato al rapimento dell’abate di Cluny. Il prelato, in viaggio sulla Francigena per recarsi ai Bagni di Siena a curare il fegato, venne rapito da Ghino e tenuto prigioniero a pane, acqua e fave secche, regime dietetico che ne consentì la guarigione. Liberato e tornato in possesso dei propri averi, l’abate tornò a Roma perorando la causa del brigante presso Bonifacio VIII. Il papa, ascoltando il racconto dell’abate, perdonò Ghino, gli tolse la scomunica e lo nominò cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di san Giovanni.

In seguito alla morte di Ghino, entro il 1305 il castello tornò sotto il controllo del papato: dopo la crisi generale a causa del trasferimento della Curia ad Avignone e dopo una breve concessione alla famiglia senese dei Salimbeni, Radicofani nel 1412 divenne possesso della Repubblica di Siena, che ne avviò il potenziamento e il restauro generale. La via Francigena venne deviata verso il castello, per consentire il controllo di tutto il traffico, e nel 1464 papa Pio II Piccolomini – creatore della vicina Pienza – cedette Radicofani in vicariato perpetuo a Siena.

Castel Morro
Castel Morro

Durante la Guerra di Siena (1552-1559) – che portò alla sconfitta della Repubblica senese da parte dalle milizie dell’imperatore Carlo V e di Cosimo I de’ Medici – Radicofani subì l’assedio e il cannoneggiamento delle truppe imperiali, ma non venne conquistata: fu l’ultima a arrendersi e, insieme ai territori senesi, entrò a far parte del neonato Granducato di Toscana. Il castello, in virtù della sua posizione strategica, venne sottoposto a consistenti restauri diretti da Baldassarre Lanci da Urbino, l’architetto militare artefice della fortezza senese: la rocca medievale venne circondata da bastioni, forse riutilizzando la cinta muraria quattrocentesca.

La fine della gloriosa storia bellica del castello di Radicofani e della sua funzione venne sancita da un evento tragicomico: nel 1735 un ufficiale della guarnigione, esasperato per la mancata nomina a comandante, dette fuoco alla polveriera e causò l’esplosione che sventrò il castello. Divenuta inutile, la fortezza venne progressivamente abbandonata, rudere grandioso ammirato da tutti i viaggiatori in transito lungo la Francigena. Solo nel 1925 ne fu avviato il primo restauro.

Andrea della Robbia, Madonna incoronata col Bambino e i santi Francesco, Elisabetta, Cristina e Lorenzo, chiesa di sant'Agata
Andrea della Robbia, Madonna incoronata col Bambino e i santi Francesco, Elisabetta, Cristina e Lorenzo, chiesa di sant’Agata

La visita di Radicofani può dunque partire dal castello, costituito dalla sua cinta muraria con i quattro bastioni (Sant’Andrea, Santa Maria, San Pietro e San Rocco) – realizzata fra 1560 e 1570 – e dal cassero medievale – risalente al Tre-Quattrocento – del quale l’elemento più spettacolare è la torre. Alta 37 metri su quattro piani, ospita al proprio interno il museo che illustra la storia del castello, le fasi di restauro e degli scavi archeologici, di cui sono esposti i reperti rinvenuti. Arrivati sulla cima, si ammira un panorama indimenticabile, che spazia dall’Umbria al Lazio, dall’Amiata a Siena. Più in basso rispetto al castello si trovano i resti di Castel Morro, piccolo insediamento fortificato – aggregato al castello – abbandonato nel corso del Settecento: ne rimangono solo alcuni bastioni cinquecenteschi, oggi ospita il cimitero.

Borgo di Radicofani dalla torre del castello
Borgo di Radicofani dalla torre del castello

Il borgo di Radicofani, citato in un documento dell’876 con il nome di Callemala, ha conservato il suo impianto urbanistico medievale, di cui la testimonianza architettonica più significativa è la chiesa di san Pietro, ricordata già all’inizio del Duecento ed eretta su un edificio più antico.
La facciata è romanica, l’interno gotico, ed ospita una pregevole raccolta di terracotte robbiane: una statua raffigurante la Madonna annunziata, attribuita ad Andrea della Robbia; la grande pala dell’altare maggiore con il Crocifisso e la Maria Maddalena, di Santi Buglioni; la pala dell’altare della navata destra, con la Madonna in trono col Bambino e i santi Antonio e Giobbe, coronata da lunetta con l’Eterno adorato dagli angeli, opera di Andrea e Giovanni della Robbia; il dossale dell’altare della navata sinistra, di Andrea e Luca della Robbia, rappresentante la Madonna col Bambino, insieme a san Michele e santa Caterina d’Alessandria. Oltre alle robbiane, nella chiesa si ammira una statua lignea policroma raffigurante la Madonna col Bambino, opera di Francesco di Valdambrino. Uscendo da san Pietro si può ammirare la chiesetta di santa Maria Assunta, del XV secolo, addossata al lato sinistro dell’edificio.

Fontana medicea di Radicofani. Sullo sfondo, la torre del castello
Fontana medicea. Sullo sfondo, la torre del castello

Attraversando la piazza si può entrare nella vicina chiesa di sant’Agata, dove si trova la più significativa tra le opere robbiane di Radicofani, la Madonna incoronata col Bambino e i santi Francesco, Elisabetta, Cristina e Lorenzo: è corredata da una predella, con al centro l’Annunciazione e ai lati i santi Sebastiano e Rocco.

Una passeggiata lungo le strade e i vicoli del borgo di Radicofani rivela inoltre angoli pittoreschi – come la piazzetta del teatro, già piazza della Giudecca e parte centrale dell’antico ghetto ebraico – e architetture di epoca diversa: tra di esse, il Palazzo Pretorio, sede per secoli del Capitano di Giustizia, lo Spedale di Spineta (uno dei sette antichi spedali medievali di Radicofani), i resti della duecentesca Torre dell’Orologio, minata e fatta esplodere dai tedeschi in ritirata nel 1944.

Piramide nel Bosco Isabella
Piramide nel Bosco Isabella

Sulla via principale affaccia Palazzo Luchini – in parte trasformato nel 1922 in pensione di élite: ospitò personalità come Romano Bilenchi, Giorgio de Chirico, Ottone Rosai, Curzio Malaparte, Gabriele D’Annunzio. La proprietaria – Matilde Luchini – realizzò insieme al padre Odoardo il Giardino romantico esoterico “Bosco Isabella”, posto sul retro del palazzo per un’estensione di 2,5 ettari. Passeggiando nel parco – una sorta di tempio massonico all’aperto – si ammirano i resti di una costruzione etrusca e una piramide in pietra a base triangolare.

Lungo il tragitto della via Francigena, a pochi passi dal centro di Radicofani, si trova la Posta Medicea, progettata nel 1584 da Bernardo Buontalenti per volere del granduca Ferdinando I de’ Medici. Nel corso dei secoli ha ospitato personaggi illustri in viaggio sulla Francigena, come i papi Pio VI e Pio VII, i granduchi Ferdinando I, Cosimo II, Leopoldo II, l’imperatore Giuseppe II d’Austria, Giacomo Casanova, Stendhal, John Ruskin, Charles Dickens. Davanti alla Posta si trova la Fontana Medicea, fatta costruire nel 1603 da Ferdinando I per i viandanti.

Al di fuori del borgo infine si possono ancora ammirare i resti dell’antico camino vulcanico, impressionanti macigni che testimoniano l’antichità della rupe su cui si erge Radicofani.

Informazioni utili: per approfondire la conoscenza dei luoghi di Radicofani consiglio di consultare le pagine dedicate sul sito del Comune, www.comune.radicofani.siena.it. Per visitare il castello suggerisco di controllarne le informazioni sul portale internet, www.fortezzadiradicofani.it.

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