Le mura sul porto

Cosa vedere a Otranto, la città più orientale d’Italia

Il mare di Otranto e le mura a porta alfonsina
Cosa vedere a Otranto: il mare e le mura a Porta Alfonsina

La città di Otranto affascina per la sua storia millenaria, con il borgo racchiuso dalle mura aragonesi, le case bianche e le viuzze tortuose lastricate in pietra, il colore ineguagliabile del suo mare, che trascolora nei toni del blu e del turchese e vale ogni anno la Bandiera Blu di Legambiente e Touring Club Italiano.

E’ la città più orientale d’Italia, fondata dai Messapi nel IX secolo, poi Municipium romano e nel Medioevo per cinque secoli uno dei centri più importanti della dominazione bizantina. Sotto la dominazione normanna, nel XI e XII secolo, fu crocevia di traffici commerciali e culturali, luogo di partenza delle crociate e importante piazza d’affari per ebrei, dalmati, levantini e veneziani. Il periodo di splendore terminò con il celebre assedio turco del 1480, volto a conquistare l’importante avamposto da cui muovere contro i cristiani: dopo quindici giorni di resistenza la città capitolò e i suoi abitanti furono massacrati (gli ottocento martiri furono poi santificati: i loro resti sono custoditi nella cappella a loro dedicata, nella cattedrale). Otranto venne ripresa dagli aragonesi un anno dopo ma, nonostante la ricostruzione, iniziò un periodo di decadenza che dalla seconda metà del Seicento, con l’affermarsi di Lecce, divenne inarrestabile.

Le mura sul porto
Le mura sul porto

Con un fine settimana a disposizione sono molti i luoghi da ammirare: il mio consiglio è prendersi del tempo per godere di tutte le bellezze di questa città, respirandone il fascino millenario e l’atmosfera orientale ed esplorandone i dintorni e i magnifici scorci lungo la costa.

La parte più antica della città è racchiusa dalle mura aragonesi, di cui la porta principale è la Torre Alfonsina: un’iscrizione che qui era apposta così recitava: “Re Ferdinando d’Aragona, figlio del divino Alfonso, nipote del divino Ferdinando, dopo aver riconquistato la città dai Turchi, curò la costruzione dalle fondamenta di porte, mura, e torri, con il suo regio stipendio”. La porta fu costruita – in posizione contrapposta al castello – alla fine del Quattrocento, dopo la liberazione della città dai turchi, nel piano di difesa voluto da Alfonso d’Aragona. Lungo le mura, uno dei punti migliori per ammirare il panorama è il bastione dei Pelasgi, da cui si vede il porto: all’interno del bastione si trova la splendida Torre Matta, modello di torre circolare di fine Quattrocento inglobata all’interno di una struttura pentagonale di metà Cinquecento. Acquistando un biglietto è possibile ammirare la torre all’altezza della parte cilindrica sporgente e quindi in ascensore scendere fino alla sua base.

Porto di Otranto dal castello aragonese
Porto di Otranto dal castello aragonese

Adiacente alle mura si trova il castello, ricostruito dopo il 1481 come cuore del nuovo sistema difensivo della città, ispirato agli studi di Francesco di Giorgio Martini: secondo la visione di Martini la città ideale era sovrapposta alla figura umana, con il castello in corrispondenza della testa, la piazza del popolo al centro della figura, l’ingresso ai piedi e i torrioni e le rondelle in coincidenza con le estremità degli arti. A pianta poligonale con tre torri circolari disposte agli spigoli (nominate Alfonsina, Duchessa e Ippolita), il castello rappresentava il centro di comando protetto dal fossato e da alte mura, a cui alla fine del Cinquecento fu edificato il bastione a punta di lancia che si spinge in direzione del porto. Oggi ospita rassegne ed eventi culturali, e la mostra permanente “Luoghi della preistoria”, dedicato alla Grotta dei Cervi di Porto Badisco, considerata il più importante patrimonio pittorico del neolitico europeo.

Interno della cattedrale
Interno della cattedrale

Al centro del borgo sorge la cattedrale, fondata nel 1068 e ultimata nel 1088 ai tempi del re normanno Roberto il Guiscardo, poi parzialmente ricostruita dopo l’assedio turco. La facciata è priva di decorazioni se non il rosone rinascimentale e l’aggiunta barocca che sovrasta il portale. L’interno è a tre navate diviso da quattordici colonne in granito, coperto da un soffitto a cassettoni lignei. Il capolavoro che qui è custodito è il pavimento a mosaico, realizzato nel 1163-1165 ad opera del sacerdote Pantaleone su commissione dell’arcivescovo Gionata. Il mosaico si estende lungo tutta la navata centrale, la parte sommitale delle navate laterali e nell’abside, rappresentando un immenso “tappeto di preghiera” ricco di raffigurazioni fantastiche di animali e di figure umane. Nella navata centrale si sviluppa attorno al grande Albero della Vita che, a partire dall’ingresso alla navata, protende il tronco e i rami fin quasi all’abside, popolato da un ricchissimo bestiario medievale e da episodi dell’Antico Testamento, come l’innalzamento della Torre di Babele e la costruzione dell’Arca di Noè.

Pavimento della cattedrale - dettaglio
Pavimento della cattedrale – dettaglio

Vi sono poi le figure di Alessandro Magno, di un leone con quattro corpi, di due uomini in combattimento, di un uomo e una donna che suonano trombe. Seguono in alto dodici tondi con le raffigurazioni dei mesi, ciascuno caratterizzato dal proprio segno zodiacale e da uno specifico lavoro campestre. Vi sono infine altre figure come Adamo ed Eva, Caino ed Abele, il re Salomone, la regina di Saba, re Artù. Il mosaico dell’abside rappresenta personaggi come Giona e Sansone. Nel mosaico della navata di sinistra sono raffigurati, seguendo sempre lo sviluppo di un albero centrale, l’inferno e il paradiso, con le immagini dei tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe insieme alle anime elette, e dei dannati in compagnia di “Infernus Satanas”. Nella navata destra, sempre attorno a un albero centrale, vi sono figure mostruose e favolose, con in alto un personaggio che sorregge una sfera. Nell’abside di destra si trova la cappella dei martiri, che conserva parte delle ossa degli ottocento martiri idruntini. Sotto il presbiterio si trova la cripta del 1088, a cinque navate divise da una selva di 42 colonne, sormontate da splendidi capitelli di epoche e fogge diverse.

Lavanda dei piedi - dettaglio dei discepoli
Chiesa di san Pietro, Lavanda dei piedi – dettaglio dei discepoli

Nella piazza della cattedrale affaccia palazzo Lopez, che ospita il museo diocesano: conserva sculture e pale d’altare dei secoli XVI-XVIII e i resti di un mosaico del IV scoperto nel corso di scavi nella cattedrale.

Nel punto più alto di Otranto e a breve distanza dal bastione dei Pelasgi sorge la chiesa di san Pietro, piccolo capolavoro di epoca bizantina che custodisce affreschi di varie epoche, i più preziosi risalenti alla fine del XI secolo. E’ la chiesa più antica di tutta la città, magistrale esempio di arte greco-bizantina che presenta anche una decorazione cufica, un’invocazione araba ad Allah. Con il suo nome testimonia il legame della città con l’apostolo Pietro, che secondo fonti antiche approdò proprio ad Otranto nel 43 d.C. proveniente da Antiochia e diretto a Roma.

Esterno
Chiesa di san Pietro, esterno

Sul colle della Minerva, l’altura che domina la città, si trova il santuario di santa Maria dei martiri, edificato a partire dal 1641 al posto di un preesistente edificio voluto da Alfonso d’Aragona in ricordo dei santi martiri. Qui infatti il 14 agosto 1480, tre giorni dopo l’occupazione della città, furono massacrati ottocento cittadini di Otranto dopo essersi rifiutati di rinnegare la fede cristiana.

Un altro luogo legato alla storia locale è la cappella della Madonna dell’Altomare, edificata nel Seicento e legata a un’antica leggenda: si narra che nel corso dell’invasione turca le truppe ottomane trafugarono la statua della Madonna. Grazie alle suppliche di una giovane otrantina resa schiava, la statua fu posta su un’imbarcazione senza equipaggio e affidata alle correnti del canale d’Otranto. L’imbarcazione giunse nel porto e solo allora i pescatori, che l’avevano vista arrivare, riuscirono a recuperarla, tra i festeggiamenti di tutta la città.

Mura e campanile
Mura e campanile di Otranto

Poco fuori l’abitato cittadino, immerso in un’incantevole valle coltivata a olivi, si trova un insediamento rupestre di epoca paleocristiana. Qui si ammira lo straordinario ipogeo di Torre Pinta, scoperto nel 1967, che suscita un’impressione indelebile di bellezza e stupore. Percorrendo una lunga galleria di oltre trenta metri, resa ancor più suggestiva dalle nicchie scavate lungo le pareti, si giunge a un vano circolare scoperto, avendo perduto l’originaria copertura, su cui in epoca successiva venne costruita una colombaia. Su questo corpo centrale affacciano tre vani, disposti a formare con il corridoio di accesso un ambiente a croce latina: i bracci corti della croce sono disposti ad est, sud e ovest, il lungo corridoio è orientato a nord. Secondo l’ipotesi più accreditata, l’ipogeo era adibito al culto funerario: le nicchie scavate in ordini sovrapposti lungo le pareti e nella volta erano destinate ad ospitare altrettante urne cinerarie. L’ipogeo si trova in una proprietà privata, presso l’agriturismo Torre Pinta.

Ipogeo di Torre Pinta, la torre colombaria, l'esterno
Ipogeo di Torre Pinta, la torre colombaria, l’esterno

Lungo la costa a sud di Otranto si ammirano i resti della torre del Serpe, di origine romana ricostruita da Federico II. A poca distanza si trova un laghetto turchese incastonato al centro di una cava di bauxite abbandonata, luogo che colpisce per il contrasto cromatico fra il colore dell’acqua e la terra rossa. Altro luogo incantevole è la baia delle Orte, dove l’acqua del mare assume colori turchesi. Nei pressi si ammirano i ruderi dell’abbazia di san Nicola di Càsole (all’interno di una masseria privata), che fu importante cenobio basiliano fondato nel 1099 da Boemondo d’Altavilla e rinomato centro di diffusione della cultura bizantina, distrutto dai turchi nel 1480. Ancora più a sud lungo la costa, dopo lo splendido punto panoramico di capo d’Otranto, si trova Porto Badisco, un gruppo di case di pescatori che per lungo tempo venne creduto il primo approdo di Enea in Italia. Nel 1970 qui venne scoperta la grotta dei Cervi (non visitabile per conservarne il microclima), che custodisce graffiti raffiguranti scene di caccia risalenti al 4000-2000 a.C. e rappresenta il più importante complesso di pitture rupestri in Europa.

Ipogeo di Torre Pinta, la torre colombaria, il vano circolare
Ipogeo di Torre Pinta, la torre colombaria, il vano circolare

Nei pressi di Otranto si trovano infine alcune località ricche di menhir e dolmen: a Giurdignano se ne ammirano venticinque, sia in centro sia nei dintorni, alcuni incastonati nelle abitazioni private, e anche nella campagna di Giuggianello si trovano tre pietre antiche, chiamate Massi della vecchia. Nei pressi di Minervino di Lecce sorge infine il più grande monumento megalitico del Salento, il Dolmen Li Scusi (ovvero “nascosto”) formato da otto pilastri che sorreggono una lastra lunga quasi 4 metri e larga 2,5.

Dove mangiare: consiglio il ristorante Peccato di Vino, a pochi metri dalla cattedrale. In un ambiente dalle volte in pietra arredato con gusto e semplicità, sono proposti piatti tradizionali, rivisitati con originalità e attenzione alla filiera corta e ai prodotti tipici. Il servizio è attento e curato e la carta dei vini ha un occhio di riguardo alle cantine del territorio.

Ho visitato Otranto nel corso di un viaggio in Puglia, nel corso del quale mi sono fermata anche a Trani, Castel del Monte, Canosa di Puglia, Lecce e all’abbazia di Santa Maria di Cerrate.

Altre immagini di Otranto:

Immagini di alcuni piatti del ristorante Peccati di Vino:

Mappa dei luoghi:

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