Canosa di Puglia

I tesori di Canosa di Puglia: gli ipogei e le ceramiche

Ceramica con decorazione plastica e policroma
Ceramica con decorazione plastica e policroma

Sono autentici capolavori le ceramiche policrome e plastiche prodotte a Canosa di Puglia a partire dalla metà del IV secolo a. C., una produzione locale che non ha eguali per la sua originalità artistica e che reinterpreta la cultura ellenistica degli artigiani della vicina colonia greca di Taranto, portando a una nuova tecnica di assemblaggio dei vasi.

I maestri canosini crearono elementi ornamentali, in basso e alto rilievo, applicandoli al vaso prima della cottura con un legante di acqua e argilla. A tale decorazione plastica accompagnarono una nuova tecnica pittorica ispirata alla pittura parietale, con immagini dipinte dopo la cottura del vaso, a tempera a freddo, su fondo bianco e prevalenza dei colori celeste, rosa e rosso. Le raffigurazioni che oggi si ammirano rappresentano teste di donna, gorgoni, mostri ibridi e fantastici, quadrighe e ippocampi alati.

Askòs globulare policromo e plastico - dettaglio di Gorgoneia in bassorilievo
Askòs globulare policromo e plastico – dettaglio di Gorgoneia in bassorilievo

Dopo le prime sperimentazioni i vasi aumentarono le proprie dimensioni sì da poter ricevere una maggiore quantità di appliques, fabbricate separatamente ed inserite dopo la cottura con un adesivo. Si moltiplicarono dunque le figure a tutto tondo come donne oranti, statuine ammantate e alate, protomi di cavalli, mostri ibridi con testa umana e di uccello e coda di animali marini, mentre la decorazione pittorica si riduceva sempre più. I vasi erano sempre più spesso senza fondo, privi dunque di una reale utilità pratica, destinati esclusivamente ai corredi funebri e trasformati in supporti per le appliques.

Questa peculiarissima produzione locale venne ammirata anche dal poeta Giuseppe Ungaretti, che di fronte agli estrosi vasi canosini rimase così colpito da parlare di barocco ante litteram. Ungaretti si recò a Canosa nel corso di un viaggio nelle Puglie avvenuto nel 1934,  e nel testo “I vasi dell’ipogeo” così scrive: “Ma il vasaio canosino un giorno impazzisce. Ha mandato in giro tanti mai vasi sui quali il disegno è più o meno vivo, più o meno accademico, ora è sul punto di doversi riposare e diventa naturalmente come un bambino e sarebbe meglio dire: diventa come uno che abbia ritrovato se stesso: la tecnica delle figure rosse su fondo nero è abbandonata, e a nausea gli è anche venuto quell’untume che hanno i soliti vasi.

Ceramica con decorazione plastica e policroma - dettaglio della decorazione pittorica
Ceramica con decorazione plastica e policroma – dettaglio della decorazione pittorica

I nuovi sono vasi di una cottura incompleta, è abbandonata, come era giusto in Puglia, la cera per la calce: immersi in un bagno di calce, il bianco è lasciato alle figure coprendo il resto d’un rosa acre, e al rosa verranno presto a tenere compagnia altri colori anch’essi dati a fresco: il rosso cupo e il nero per i capelli, l’azzurro, il vermiglio… S’è ottenuto così un effetto assetato e abbagliante, com’è questa natura. Questa non è la sola novità: nel vaso è penetrato come un lievito, e il vaso si è gonfiato, s’è fatto trabocchevole di ornati in rilievo; le teste dei cavalli di una quadriga hanno sfondato la pancia d’un orciuolo, dai fianchi d’un secondo vaso fanno capolino vispi ippocampi, dalla bocca d’un terzo escono brontolando un tritone e una tritonessa, un quarto ha addirittura la forma d’una testa femminile e due testine giovinette le sbocciano lateralmente da quattro petali che formano calice. Insomma il Barocco più straordinario e più genuino si manifesta in questi vasi rinvenuti in un ipogeo di ventidue secoli fa“.

Statuine fittili di figure femminili alate
Statuine fittili di figure femminili alate

Le opere più straordinarie provengono dall’ipogeo Varrese, che fu casualmente scoperto nel 1912 da Sabino Varrese nei terreni di sua proprietà, durante lo scavo di un pozzo. Dopo la scoperta della prima camera, che il contadino comunicò alle Autorità vendendo il corredo funebre al Museo Archeologico di Taranto, il Varrese intraprese clandestinamente un ulteriore scavo, cercando di cedere una parte dei reperti al Museo Provinciale di Bari: il tentativo fu rovinoso, perché il trafugamento fu scoperto e Varrese venne arrestato. Questo ipogeo, una tomba a cinque camere risalente alla metà del IV-III secolo a.C., custodiva un corredo ricchissimo di oltre 400 pezzi comprendente, oltre alle ceramiche plastiche e policrome, vasi apuli a figure rosse, ceramiche listate, una splendida corazza anatomica in bronzo. Le opere si ammirano oggi nel Museo Archeologico di Palazzo Sinesi, che in otto sale espone manufatti provenienti dai corredi di tombe arcaiche e ipogei ellenistici, testimoniando l’evoluzione della produzione canosina dal IV al III secolo a.C..

Ipogeo di Cerbero - dettaglio dell'affresco
Ipogeo di Cerbero – dettaglio dell’affresco

Oltre al Museo consiglio di visitare alcuni ipogei dauni-ellenistici, che a richiesta vengono aperti gratuitamente dal personale della Fondazione Archeologica Canosina. La Fondazione propone anche visite a pagamento, che hanno l’ulteriore pregio di guidare il visitatore fra gli edifici del centro abitato laddove, sotto scuole e condomini, si celano – spesso invisibili – gli ipogei più belli, una vera e propria città sotterranea sotto la Canosa dei nostri giorni: fra le tombe che così ho ammirato quella del Cerbero, che mostra l’affresco di un cane a tre teste sopra l’architrave di una delle camere sepolcrali, e l’ipogeo Lagrasta I, composto da nove ambienti che si dipartono dal lungo corridoio d’ingresso formando una pianta a croce latina. Di grande interesse è anche l’area archeologica di Vico San Martino, collocata sotto alcuni condomini, utilizzata continuativamente dal V secolo fino al I secolo a.C. con la compresenza di strutture funerarie, impianti abitativi ed attività artigianali.

Area archeologica di Vico San Martino - ipogeo
Area archeologica di Vico San Martino – ipogeo

Tutti gli ipogei sono scavati nella bianca roccia tufacea di Canosa e sono preziosa testimonianza della ricchezza e potenza raggiunta da questo centro della Daunia tra il IV e III secolo a.C., quando le famiglie aristocratiche realizzarono le proprie sepolture arricchendole di straordinari corredi. Questo periodo di floridezza conobbe un’interruzione nel corso del processo di romanizzazione in seguito agli eventi della battaglia di Canne (216 a.C.), per poi riprendere nel periodo augusteo, quando la città divenne municipium, e consolidarsi nel II secolo d.C.: durante il periodo di Antonino Pio Canosa fu trasformata in colonia e interessata da un ampio rinnovamento urbanistico, con la costruzione dell’anfiteatro, di un acquedotto, di complessi termali, del foro e di un imponente tempio dedicato a Giove, oltre ad essere raggiunta dal tracciato della via Traiana che collegava Benevento a Brindisi con un percorso meno accidentato e più rapido dell’Appia.

Ceramica apula con figure rosse proveniente dall'ipogeo Varrese
Ceramica apula con figure rosse proveniente dall’ipogeo Varrese

Oltre al museo e agli ipogei, consiglio di visitare la cattedrale di San Sabino, costruita intorno al 1080 su una preesistente basilica bizantina e rimaneggiata profondamente in seguito al terremoto del 1689: dal braccio destro del transetto si accede al Mausoleo di Boemondo, principe normanno – tra l’altro fondatore della magnifica Abbazia di Santa Maria di Cerrate – morto durante la prima crociata ad Antiochia (1111). Nella campagna a sud-est dell’abitato si trova il parco archeologico di San Leucio, dove nel IV secolo a.C. fu eretto un complesso religioso dedicato alla dea Minerva, distrutto a partire dalla fine del V secolo d.C. e riedificato come basilica paleocristiana, la più grande della Puglia: si ammirano imponenti ruderi, colonne, capitelli, mosaici pavimentali che testimoniano la grandiosità dell’edificio.

Phiale con quadriga guidata da Eos - dettaglio
Phiale con quadriga guidata da Eos – dettaglio

Fra le manifestazioni locali più significative ed emozionanti è la processione della Desolata, che si svolge in occasione del Sabato Santo, quando le donne vestite di nero e la testa coperta camminano seguendo la statua della Madonna Desolata cantando lo Stabat Mater di Jacopone da Todi.

Ho visitato Canosa in occasione di un viaggio in Puglia che, tra le varie tappe, ha toccato Trani, Castel del Monte, Otranto, l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, Lecce.

Dove mangiare: consiglio senza alcun dubbio l’osteria La Capannina, situata fra la cattedrale di San Sabino e il Museo Archeologico, per la qualità delle pietanze servite, la selezione dei prodotti locali, la cura nel servizio.

Altre immagini delle ceramiche e degli ipogei di Canosa di Puglia:

Mappa di Canosa di Puglia:

 

About the author