Villa Durazzo Pallavicini, il Lago grande con il Tempio di Diana, la Pagoda cinese, l'altalena e, sullo sfondo, il campanile della chiesa di san Martino

Il parco di Villa Durazzo Pallavicini, teatro all’aperto e viaggio iniziatico

Villa Durazzo Pallavicini, il Lago grande con il Tempio di Diana, la Pagoda cinese, l'altalena e, sullo sfondo, il campanile della chiesa di san Martino
Lago grande con il Tempio di Diana, la Pagoda cinese, l’altalena e, sullo sfondo, il campanile della chiesa di san Martino

Il parco di Villa Durazzo Pallavicini a Genova Pegli fu realizzato a partire dal 1840 per volere del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini su progetto dell’architetto Michele Canzio, primo e geniale scenografo del teatro Carlo Felice. Con un’estensione di 8 ettari si sviluppa sulla collina di Pegli che guarda al mar Ligure, ed è stato eletto il Parco più bello d’Italia nel 2017: rappresenta infatti un riferimento di eccellenza nell’ambito del giardino storico romantico in Italia e in Europa, capace di coniugare arte, architettura e spiritualità.

Il parco venne concepito, nella sua struttura, quale racconto scenografico-teatrale dalle sfumature esoteriche e massoniche, articolato in un Prologo, un Antefatto e tre Atti, ognuno composto da quattro scene: ogni scena è scandita da un elemento architettonico, paesaggistico e naturalistico come, ad esempio, edifici ed arredi da giardino, cascate, laghi, piante rare e scorci. Seguendo un percorso di visita attentamente studiato, il visitatore vive un’esperienza teatrale e al contempo è invitato a compiere una riflessione filosofica e un viaggio iniziatico, aventi ad oggetto la parabola esistenziale dell’uomo nel rapporto fra la propria anima e il mondo.

Tribuna Gotica
Tribuna Gotica

L’aspetto attuale del Parco di Villa Durazzo Pallavicini fu il risultato di oltre vent’anni di lavori, ai quali si aggiunsero la ristrutturazione di Palazzo Grimaldi e dei giardini attigui, nonché dell’orto botanico, proprietà che il marchese Ignazio Alessandro aveva ereditato dalla zia Clelia Durazzo, cui aggiunse due serre e lo scalone monumentale. Per raggiungere la Villa il marchese fece inoltre costruire un viale monumentale pensile che, per una lunghezza di quattrocento metri, partiva dalla stazione ferroviaria di Pegli, realizzata nel 1857 proprio per suo volere: gli illustri ospiti potevano scendere dal treno, il mezzo allora più moderno, e percorrere comodamente il viale monumentale, al termine del quale s’innalzava il cinquecentesco Palazzo Grimaldi, ristrutturato e affrescato da Canzio (oggi sede del Museo di Archeologia Ligure).

Arco di trionfo
Arco di trionfo

Appena entrati nel giardino la rappresentazione teatrale ideata da Canzio e il viaggio interiore del visitatore hanno inizio con il Viale Gotico, che costituisce il Prologo: si tratta di un viale affiancato da piante di leccio, una sorta di selva oscura di dantesca memoria, al cui incipit si trova la Tribuna Gotica dalla facciata cuspidata. Il Viale Gotico conduce alla Coffee House, elemento architettonico che introduce all’Antefatto, il Viale Classico: rappresentazione dei boulevards parigini e della città ottocentesca, si oppone al precedente per il suo ordine e la luce sfavillante, con le siepi in forme parallelepipede e i vasi bianchi, la fontana al centro e, in fondo, un fulgido Arco di Trionfo. Sulla trabeazione dell’Arco si legge l’invito rivolto al visitatore: “Addio cittadine cure che opprimete l’animo; mi chiamano gli alti monti, le selve, le fonti e quanto di più sublime ed eloquente ha la natura per sollevare lo spirito a Dio”, un’esortazione ad abbandonare le attrattive della quotidianità per scoprire le bellezze della natura.

Il Primo Atto del Parco di Villa Durazzo Pallavicini è dunque dedicato al Ritorno alla Natura, a partire dalla I scena con il Romitaggio, ovvero il luogo dove si può godere della solitudine necessaria alla meditazione: una piccola baita immersa in un paesaggio agreste di agrifogli, abeti, felci, rievoca un contesto montano, accompagnata da due cascatelle su cui si getta un ponticello. L’ambiente esorta a riflettere sulla caducità delle ricchezze e della mondanità. Seguono due luoghi completamente diversi, l’Oasi mediterranea composta da piante esotiche, e il Belvedere, dove all’ombra di tre secolari e magnifiche sughere un tempo si poteva contemplare la vallata sottostante coltivata ad aranceti, fino al mare. Qui in origine si trovava il Parco dei divertimenti, che è stato ricollocato nel corso della discesa che conduce al Terzo Atto.

Lago vecchio
Lago vecchio

Percorrendo il viale delle camelie – risalente al 1856 e oggi una delle più importanti raccolte di esemplari secolari in Italia (accanto, ad esempio, alla collezione della Villa Reale di Marlia a Lucca) – si giunge alla III scena, il Lago Vecchio: per creare il bacino e la rupe che lo sovrasta, su cui scende la cascata d’acqua, la collina venne sbancata con lo scopo di rappresentare l’orrido della natura nei suoi aspetti selvaggi e ancestrali. Alcuni esemplari monumentali, come la Gunnera manicata di origine brasiliana, testimoniano questo intento. L’ultima scena è ricavata sopra la rupe della cascata in un luogo chiamato Sorgente: l’acqua che qui sgorga in maniera tanto naturale e scende per tre cascatelle è frutto di un imponente lavoro idraulico, ovvero la costruzione un acquedotto lungo otto chilometri. Accanto alle cascatelle si trovava una capanna con il tetto di paglia, dove il visitatore poteva fermarsi a riposare e meditare.

Villa Durazzo Pallavicini, il Castello del Capitano
Castello del Capitano

Il Secondo Atto della rappresentazione teatrale del Parco di Villa Durazzo Pallavicini è dedicato al Ritorno alla Storia, idealmente rappresentata da un feudo medievale collocato nell’ambiente naturale della macchia mediterranea: l’accesso al nuovo Atto è segnato dalla Cappelletta di Maria, un’edicola votiva in stile neogotico che invita alla riflessione sulla storia e la propensione dell’uomo a distruggere e usare violenza. Seguivano la Capanna Svizzera, rievocazione di un villaggio medievale oggi scomparso, e il Castello del Capitano, edificato sulla cima della collina al termine di un viale rettilineo: un maniero imponente, composto da bastioni a merli guelfi e un torrione centrale con merlature ghibelline. In origine gli ambienti interni, realizzati in pietra e mattoni, erano completamente arredati: erano la sala delle armi, la cucina, la sala da toilette, la sala degli stucchi (al piano superiore, con le pareti e il soffitto in oro e azzurro). Le finestre erano in vetri colorati, legati in piombo.

Mausoleo del Capitano, che richiama la tomba di Cangrande della Scala a Verona
Mausoleo del Capitano, che richiama la tomba di Cangrande della Scala a Verona

Il cammino prosegue per condurre al Mausoleo del Capitano, ultima scena del Secondo Atto e conclusione della meditazione sulla storia segnata dalla guerra e, quindi, dalla morte: un edificio in stile neogotico (memoria della tomba di Cangrande della Scala a Verona) accoglie – nella fantasia di Canzio – le spoglie del Capitano, mentre a sinistra i resti di un cimitero segnano le tombe dei suoi soldati. Lungo la discesa che porta agli ambienti del Terzo Atto si trova – ricostituito – il Parco dei divertimenti, in origine concepito quale II scena del Primo Atto e trasferito qui per volere della figlia del marchese Ignazio Alessandro: in un piazzale di forma ellittica sono disposti giochi per bambini, laddove l’io profondo dell’uomo è identificato con il fanciullo interiore.

Al termine della discesa si trova l’Antro delle Grotte, grandi grotte artificiali completamente rivestite da stalattiti e stalagmiti naturali, attraversando le quali (oggi sono chiuse per motivi strutturali) si giungeva al Lago Grande. Le grotte sono simbolo degli inferi danteschi, illuminati da oculi sommitali: percorrendole, il visitatore compiva la propria Catarsi, tema del Terzo e ultimo Atto. La II scena della rappresentazione teatrale del Parco di Villa Durazzo Pallavicini è un luogo indimenticabile, il Lago grande, una composizione piena di luce dove gli elementi naturali dell’acqua e della vegetazione si compenetrano in modo armonioso con le costruzioni architettoniche: il Ponte romano, il Chiosco Turco, la Pagoda e il Ponte Cinese, l’Obelisco Egizio, simboli delle varie etnie che popolano la terra (Occidente, Medio Oriente, Oriente, Terre africane), raccolte attorno al Tempio monoptero di Diana posto al centro delle acque, unico edificio completamente bianco ed emblema della presenza divina.

Villa Durazzo Pallavicini, il Lago grande
Lago grande

Tutta l’ambientazione simboleggia il Paradiso al quale sono giunte le anime dopo il superamento degli Inferi. Il percorso originario prevedeva infatti che il visitatore – uscito dalle grotte – compisse il tragitto attraversando il lago in barca, in una sorta di traghettamento di Caronte tra i vari isolotti: oggi è possibile avvicinare l’itinerario immaginato da Canzio dirigendosi verso i Giardini di Flora, la III scena di quest’ultimo Atto. Flora è intesa quale raffigurazione della Natura, divinità di questo giardino terrestre insieme al suo sposo Zeffiro, con cui è rappresentata abbracciata nell’affresco al centro della volta dell’edificio: il Tempio a lei dedicato è di forma ottagona, simbolo della perfezione nella sintesi geometrica del cerchio e del quadrato. Accanto si trova il Viridario, sui cui fiori spicca una Silfide alata, disposta in asse con l’Obelisco egizio attraverso il Tempio di Flora, e alcune serre dove la natura fa fiorire e crescere i fiori sfidando le rigidità della stagione invernale.

Viridario con la scultura della Silfide
Viridario con la scultura della Silfide

La IV e ultima scena del Parco di Villa Durazzi Pallavicini è dedicata alla Rimembranza, simboleggiata da una stele marmorea dedicata a Gabriello Chiabrera – uomo giusto e poeta – che si erge al centro di un piccolo giardino circondato da cipressi e corsi d’acqua, una sorta di isola della memoria separata dal panta rei. Il percorso nel giardino si conclude attraversando il Ponte Romano e riscendendo verso il Tempio di Diana, la cui cuspide è una copia esatta di quella del campanile della chiesa di san Martino, richiamo all’analogia tra il Dio cristiano della chiesa e quello pagano del parco. Oltre si trovano il Chiosco delle rose, dove alcuni giochi d’acqua nascosti tra i fiori schizzavano e bagnavano i visitatori, il piccolo Labirinto – che nascondeva anch’esso giochi d’acqua – il Ponte Cinese con l’altalena un tempo utilizzabile. Tornando verso la Tribuna Gotica si trova lungo la discesa sulla destra una composizione di piccole cascatelle con un coccodrillo che attenta al nido di un’aquila, forse appartenente all’antico giardino all’inglese della marchesa Clelia Durazzo.

Informazioni utili: per visitare il Parco di Villa Durazzo Pallavicini suggerisco di consultare il sito internet www.villadurazzopallavicini.it, che fornisce tutte le indicazioni necessarie. Il percorso si sviluppa per una lunghezza di tre chilometri, la maggior parte dei quali (fino al Castello del Capitano) in salita: sono perlomeno necessarie scarpe comode. Per comprendere la storia di questo luogo straordinario e poterne ammirare le meraviglie nel loro significato simbolico profondo, suggerisco di consultare il ricco apparato didascalico che accompagna e spiega i luoghi della visita, nonché avvalersi di una delle guide cartacee disponibili presso il bookshop: io ho utilizzato quella redatta da Silvana Ghigino, di cui mi sono avvalsa anche per la redazione di questo articolo.

Agli amanti dei parchi e dei giardini suggerisco di visitare la sezione del blog che ho dedicato ad alcuni di essi, Ville e giardini.

Altre immagini:

Mappa:

About the author