Collezione Torlonia. Statua di Ninfa e Satiro, repliche del gruppo detto "Invito alla danza", dalla Villa dei Sette Bassi sulla via Appia. Repliche della fine del I secolo d.C. da originali del II secolo a.C.

La Collezione Torlonia, la storia delle storie di una raccolta leggendaria

Ritratto maschile su busto moderno, detto Vecchio da Otricoli, circa 50 a.C.
Ritratto maschile su busto moderno, detto Vecchio da Otricoli, circa 50 a.C.

La Collezione Torlonia è la più importante raccolta privata di sculture di età classica al mondo, rimasta per decenni non visitabile e circondata anche per questo da un’aura di leggenda. Appartenente ancor oggi alla famiglia Torlonia, si compone di 620 opere tra busti, rilievi, statue e sarcofagi, dalla provenienza spesso insigne, raccolte grazie alla “possibilità di fare acquisti straordinari” e al “prospero successo di scavi largamente eseguiti” (Pietro Ercole Visconti). Una tale collezione fu dunque riunita nel corso del XIX secolo grazie sia all’acquisizione di alcune delle maggiori collezioni romane sia ai ritrovamenti effettuati durante gli scavi nelle terre di proprietà della famiglia.

Sarcofago strigilato con leoni, circa 260-270 d.C.
Sarcofago strigilato con leoni, circa 260-270 d.C.

La Collezione Torlonia nacque ai primi dell’Ottocento con l’acquisto tramite asta pubblica delle opere dello scultore Bartolomeo Cavaceppi: il celebre restauratore di statuaria antica possedette e restaurò opere appartenenti ad alcune delle più antiche collezioni romane del Cinque e Seicento, tra cui quella del cardinale Rodolfo Pio da Carpi, la collezione Caetani, la Cesarini. La raccolta, lasciata in eredità dal Cavaceppi all’Accademia di San Luca affinché fosse utilizzata nella formazione dei giovani scultori, fu invece venduta all’asta e acquistata da Giovanni Torlonia.

Negli anni successivi il Torlonia, seguito poi dal figlio Carlo e soprattutto dal terzogenito Alessandro, promosse alcune campagne di scavo nei numerosi possedimenti di famiglia, spesso coincidenti con antiche residenze di epoca imperiale: tra di essi la tenuta di Roma Vecchia (all’interno della quale si trovavano la Tenuta dei Quintili e la Villa di Massenzio, entrambe sulla Via Appia), le proprietà nella zona di Anzio, della Caffarella e del Quadraro. Durante le ricerche furono rivenute opere come la Replica del gruppo di Eirene e Ploutos di Kefisodoto, l’Invito alla danza, il Sarcofago decorato con le fatiche di Ercole. Gli scavi proseguirono anche nella seconda metà dell’Ottocento e furono estesi ai possedimenti in Sabina, nella Tuscia e nell’area di Porto, dove fu riscoperta l’antica zona portuale di età imperiale (fu qui ritrovato lo straordinario Rilievo di Porto).

Sarcofago con coperchio e decorato con fatiche di Ercole, circa 160-170 d.C.
Sarcofago con coperchio e decorato con fatiche di Ercole, circa 160-170 d.C.

Parallelamente agli scavi, nel corso dell’Ottocento furono acquisite le maggiori collezioni patrizie romane, come la raccolta Giustiniani, che comprendeva circa 270 sculture tra le quali, in particolare, l’Hestia Giustiniani, il Satiro ebbro Torlonia, la Statua di caprone integrata della testa scolpita da Gian Lorenzo Bernini. La raccolta fu acquisita da Giovanni Torlonia quale rimborso di un prestito non onorato di 36.000 scudi. Nel 1866 Alessandro Torlonia acquistò Villa Albani, la più importante dimora cardinalizia del Settecento, e la sua collezione, una raccolta di opere di straordinario rilievo, sebbene duramente colpita dalle vicende politiche di fine Settecento. In origine infatti la Collezione Albani comprendeva sculture provenienti da scavi archeologici e da acquisti di collezioni più antiche (tra cui quelle di Ferdinando de’ Medici, del cardinale Ippolito d’Este, di Cristina di Svezia). Nel 1798 il governo francese pose villa Albani sotto sequestro e dispose l’asportazione di 516 sculture, destinate ad arricchire il costituendo Musée Napoléon a Parigi. Grazie all’intervento di Antonio Canova furono recuperate alcune sculture, mentre altre vennero vendute nell’impossibilità di sostenerne i costi del trasporto da Parigi a Roma. Fra le opere pervenute ai Torlonia si annoverano l’imponente Tazza con le fatiche di Ercole, la Tazza con simposio bacchico, il Nilo Torlonia.

Collezione Torlonia. Replica del gruppo di Eirene e Ploutos di Kefisodoto (dettaglio), dalla Villa dei Quintili, fine I secolo d.C.
Replica del gruppo di Eirene e Ploutos di Kefisodoto (dettaglio), dalla Villa dei Quintili, fine I secolo d.C.

L’acquisizione delle più insigni collezioni patrizie romane ha reso la Collezione Torlonia “una collezione di collezioni” (Salvatore Settis), con opere che sono entrate a farvi parte dopo aver viaggiato tra una raccolta e l’altra e aver conosciuto una lunga storia collezionistica: emblematico è il caso del Cratere con Simposio bacchico, che nel Quattrocento si trovava in una chiesa in Trastevere, nel Cinquecento era collocato nel giardino del cardinal Cesi, nel Settecento era a Villa Albani.

Nel 1876, quando la Collezione Torlonia contava ormai un numero straordinario di pezzi, superiore alle esigenze di arredo delle dimore di famiglia, per volere del principe Alessandro fu fondato il Museo, riutilizzando vecchi magazzini di granaglie in via della Lungara. In 77 sale venne accolta l’imponente collezione di 517 opere, un “enorme tesoro di erudizione e arte” secondo le parole di Pietro Ercole Visconti, a cui si deve la prima sistemazione museale e il primo catalogo, edito in varie edizioni tra il 1876 e il 1881. Negli anni seguenti la raccolta fu poi ampliata fino ad arrivare alla consistenza attuale, comprendente 620 opere. Nel 1884-85 fu pubblicato un nuovo catalogo a cura di Carlo Ludovico Visconti, nipote di Pietro, quale aggiornamento dell’edizione del 1876 con la riproduzione in fototipia di tutte le opere: un’impresa avanguardistica, uno dei primi esempi di catalogo di una collezione di sculture antiche riprodotte fotograficamente, che fu donato a biblioteche e personaggi illustri.

Collezione Torlonia. Statua di caprone, corpo della fine del I secolo d.C. con testa attribuita a Gian Lorenzo Bernini
Statua di caprone, corpo della fine del I secolo d.C. con testa attribuita a Gian Lorenzo Bernini

Dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni si sono susseguiti i contatti fra la famiglia Torlonia e lo Stato Italiano: nel 1892 furono donati 380 dipinti, il primo nucleo della Galleria Nazionale di Arte Antica (oggi a Palazzo Barberini); nello stesso anno furono cedute alcune opere di arte moderna, che ornavano il palazzo in piazza Venezia, demolito per far posto al Monumento di Vittorio Emanuele II. Tra di esse, alcune sculture di artisti della cerchia di Thorvaldsen e il celebre gruppo di Ercole e Lica, realizzato da Antonio Canova su commissione di Giovanni Torlonia per la cifra iperbolica di 18.000 scudi (oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna).

I marmi antichi sono stati custoditi dalla famiglia fino ad oggi, vincolati dal Ministero della Pubblica Istruzione dal 1948 in virtù del loro “eccezionale interesse artistico e storico”. Nel corso dei decenni furono diversi i tentativi compiuti da parte dallo Stato per acquistare la raccolta, mentre la famiglia avanzò molteplici progetti di allestimento al fine di consentirne l’apertura al pubblico, ma a causa di varie vicissitudini e mancati accordi tali propositi non furono mai realizzati.

Ritratto di fanciulla, circa 50-40 a.C.
Ritratto di fanciulla, circa 50-40 a.C.

Nel 2016 è stato infine firmato uno storico accordo tra il MIBACT e la Fondazione Torlonia – nata per preservare e promuovere la collezione – per l’apertura permanente di un nuovo Museo Torlonia a Roma e per l’organizzazione di una mostra temporanea presso i Musei Capitolini. La mostra, dal titolo “I marmi Torlonia. Collezionare capolavori”, è stata inaugurata il 14 ottobre 2020 nei nuovi spazi di Villa Caffarelli, con oltre 90 capolavori selezionati tra i 620 complessivi. A cura di Salvatore Settis e Carlo Gasparri, l’esposizione è articolata in cinque sezioni tematiche, che a partire dall’evocazione del Museo Torlonia (I sezione) ripercorrono la storia della raccolta e della sua costituzione, con i ritrovamenti archeologici (II sezione), l’acquisizione delle collezioni del XVIII secolo (Villa Albani e Studio Cavaceppi, III sezione), la raccolta Giustiniani (IV sezione), le raccolte del XV e XVI secolo (V sezione).

Informazioni utili: per la redazione di questo articolo mi sono avvalsa in primis del catalogo della mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare capolavori” a cura di Salvatore Settis e Carlo Gasparri, edito da Electa in occasione dell’esposizione capitolina. Per visitare la mostra, aperta fino al 29 giugno 2021, suggerisco di consultarne il sito ufficiale torloniamarbles.it, oltre al portale dei Musei Capitolini, www.museicapitolini.org.

Altre immagini della Collezione Torlonia:

Mappa di Villa Caffarelli:

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