Opere di Caravaggio a Napoli

Caravaggio a Napoli: l’itinerario partenopeo delle opere

Chiesa del Pio Monte della Misericordia
Chiesa del Pio Monte della Misericordia

Caravaggio trascorse a Napoli due periodi della sua vita, tra il 1606 e il 1607 e tra il 1609 e il 1610, realizzando alcuni capolavori di cui tre sono rimasti nel capoluogo partenopeo: ad essi è dedicato questo articolo. Il primo soggiorno napoletano fu uno dei più felici e prolifici della carriera del Merisi: qui giunse dopo la fuga in seguito all’omicidio a Roma di Ranuccio Tommasoni, ospite dei Carafa Colonna, e dipinse le Sette opere di Misericordia per il Pio Monte della Misericordia e la Flagellazione di Cristo per la chiesa di san Domenico Maggiore. Dopo un soggiorno a Malta e in Sicilia Caravaggio tornò a Napoli nel 1609 e realizzò il Martirio di sant’Orsola, appartenente alla collezione di Intesa Sanpaolo esposta a Palazzo Zevallos Stigliano.

Caravaggio, Sette opere di Misericordia
Caravaggio, Sette opere di Misericordia

L’itinerario dedicato ai capolavori di Caravaggio a Napoli segue in senso cronologico la loro realizzazione a partire dalle Sette opere di Misericordia (1607): la tela si trova nel contesto per la quale fu realizzata, l’altare maggiore della chiesa barocca del Pio Monte della Misericordia, congregazione costituita dagli aristocratici della città. Pagata 400 ducati, raffigura le opere di misericordia corporale tratte dal Vangelo di Matteo e oggetto delle attività di beneficenza del Monte. Caravaggio fu il primo, in quest’opera, a rappresentare i sette atti di virtù cristiana tutti insieme, anziché separatamente, realizzando una complessa disposizione teatrale ispirata alla vita di strada. In alto vi è la Madonna con il Bambino sorretti dagli angeli, mentre in basso si osservano alcune scene simboliche: a destra Cimone in carcere allattato dalla figlia Pero (simbolo delle opere “dar da mangiare agli affamati” e “visitare i carcerati”); dietro il muro del carcere un becchino seguito da un sacerdote con la torcia trasporta un cadavere (“seppellire i morti”); a sinistra, in primo piano, un cavaliere (che rievoca san Martino) divide il suo mantello con un povero (“vestire gli ignudi”); in secondo piano un pellegrino (riconoscibile dalla conchiglia di san Giacomo sul cappello) è accolto da un uomo di fronte a lui (“ospitare i pellegrini”); sul fondo, sempre a sinistra, un assetato beve come Sansone dalla mascella di un asino (“dar da bere agli assetati”). La tela, con la sua composizione complessa, rivoluzionò il panorama della pittura meridionale e divenne subito un riferimento per i pittori locali, tanto che i Governatori del Monte sin dal 1613 ne vietarono la copia e la vendita.

Caravaggio, Flagellazione
Caravaggio, Flagellazione

La seconda opera napoletana di Caravaggio è la Flagellazione di Cristo che si trova presso il Museo di Capodimonte. Risalente al 1607-1608 venne realizzata per la cappella della famiglia De Franchis nella chiesa di san Domenico Maggiore. La composizione – ispirata alla Flagellazione di Sebastiano del Piombo nella chiesa romana di san Pietro a Montorio – ruota attorno al corpo di Cristo, legato alla colonna posta al centro della tela, attorno a cui si dispongono tre torturatori: i tre si muovono nell’ombra, mentre sul corpo del figlio di Dio – chinato e con le gambe incrociate – si proietta un potente fascio di luce. Commentando quest’opera e l’uso sapiente della luce e del buio Mina Gregori scrisse: “l’oscurità fa emergere la potenza interiorizzata dal Cristo”. Le radiografie hanno rivelato che la scena fu modificata durante la sua esecuzione: era prevista un’ulteriore presenza, a destra in basso, un volto del tutto rifinito che guardava al Cristo, forse un ritratto del committente poi eliminato.

L’itinerario dedicato alle opere di Caravaggio a Napoli si conclude con il Martirio di sant’Orsola, dipinta dal maestro nel maggio 1610 pochi mesi prima della sua morte. Secondo la tradizione, Orsola fu una principessa cristiana di origini bretoni, uccisa a Colonia insieme ad altre undicimila vergini per volere di un re unno che se ne era invaghito. La tela venne commissionata dal principe genovese Marcantonio Colonna tramite Lanfranco Massa – suo corrispondente a Napoli – e fu dipinta e spedita a Genova con grande sollecitudine (ancora fresca di vernice, circostanza che determinò le successive problematiche conservative).

Caravaggio, Martirio di sant'Orsola
Caravaggio, Martirio di sant’Orsola

Dopo diverse vicissitudini fu acquistata dalla Banca Commerciale Italiana nel 1972 come opera di Mattia Preti. Soltanto nel 1980 – grazie al ritrovamento di una preziosa testimonianza documentale, una lettera del Massa al Colonna – la tela fu definitivamente attribuita a Caravaggio. L’opera che oggi si ammira mostra l’episodio del martirio nel momento in cui la santa viene trafitta dalla freccia scagliatale dal re unno, collocato a sinistra. Alle spalle e ai lati di Orsola Caravaggio dispose tre soldati, fra i quali nella figura alle spalle della santa effigiò se stesso, il suo ultimo autoritratto.

Le opere descritte in questo itinerario furono tra le innumerevoli realizzate dal Merisi durante i suoi due periodi napoletani. A differenza delle tre rimaste nel capoluogo partenopeo alcune andarono disperse, altre invece si possono ammirare altrove: fra di esse, la Flagellazione di Cristo (conservata presso il Musée des Beaux -Arts di Rouen), la Madonna del Rosario (esposta al Kunsthistoriches Museum di Vienna), David con la testa di Golia (custodita nella Galleria Borghese di Roma insieme ad alcune opere “romane” del pittore).

Informazioni utili per questo itinerario caravaggesco: per ammirare i capolavori del Merisi rimando alle indicazioni riferite sui siti internet dei luoghi dove essi sono custoditi, ovvero il Pio Monte della Misericordia (www.piomontedellamisericordia.it), il Museo di Capodimonte (www.museocapodimonte.beniculturali.it), Palazzo Zevallos Stigliano (www.gallerieditalia.com/it/napoli).

Alle opere di Caravaggio a Roma ho dedicato un articolo: nella città si trova infatti il più ricco nucleo di opere del Maestro, ben ventitré sulle oltre sessanta sparse per il mondo, sicuramente attribuibili a lui.

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