Basilica di san Pietro in Vincoli. Michelangelo Buonarroti, Monumento funebre di Giulio II

La basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, dalle catene di san Pietro a Michelangelo

Abside
Abside

La basilica di san Pietro in Vincoli è uno dei luoghi di Roma legati al culto di san Pietro: il suo nome deriva dalla presenza delle catene che avvinsero l’apostolo durante la prigionia a Gerusalemme, ora conservate in un reliquiario incastonato nell’altare maggiore. La chiesa custodisce inoltre uno dei capolavori di Michelangelo, il Mosè destinato alla tomba di Giulio II: il primo progetto non venne mai portato a compimento, a causa di travagliate vicende.

Al di sotto della chiesa sono stati trovati resti di abitazioni romane di età repubblicana, databili tra il III e il I secolo a.C.. Tali abitazioni, di carattere signorile, nel corso del I secolo d.C. vennero distrutte per consentire l’edificazione di una domus imperiale, poi trasformata tra la fine del III e l’inizio del IV secolo con la costruzione di un’aula absidata a navata unica: forse quest’aula era adibita al culto cristiano prima dell’edificazione della chiesa. La prima costruzione di san Pietro in Vincoli – risalente alla fine del IV secolo e i primi del V – aveva una navata centrale e due laterali, divise da due file di quindici colonne, un’abside centrale di diametro pari alla navata ed era priva di transetto. Per la sua elevazione furono utilizzate come fondamenta i resti della domus imperiale. In seguito la basilica fu ricostruita – per volontà di papa Sisto III (432-440) – con il conferimento della direzione dei lavori al presbitero Filippo, primo rettore di san Pietro in Vincoli: fu introdotto il transetto, con la riduzione del numero delle colonne a dieci, venne realizzata una recinzione liturgica e soprattutto la chiesa venne dotata di un battistero con accesso dalla navata destra.

Teca contenente le catene di san Pietro @ reliquiosamente
Teca contenente le catene di san Pietro @ reliquiosamente

Durante la ricostruzione sistina gli imperatori d’Oriente Teodosio II e sua moglie Elia Eudossia dettero il loro sostegno finanziario, e dopo di loro la figlia Licinia Eudossia: la basilica infatti è denominata anche Eudossiana. Alla figura di Eudossia è legata inoltre la presenza delle catene di san Pietro, che dettero il nome alla chiesa. Secondo Paolo Diacono fu l’imperatrice a ritrovarle a Gerusalemme e a donarle al papa: fra le mani di Leone Magno gli anelli si saldarono miracolosamente a quelli che avevano tenuto prigioniero l’apostolo a Roma. Il culto delle catene si diffuse sin dai tempi più antichi, portando alla costruzione di molte chiese con questo titolo. La reliquia si trova oggi in una preziosa teca incastonata al centro dell’altare maggiore, secondo il progetto di sistemazione della cripta ad opera di Virgilio Vespignani, compiuto nel 1876-1877 per volere di papa Pio IX. Sono di grande pregio le due portelle che – attraverso un meccanismo di scorrimento – chiudono il vano della teca, commissionate da papa Sisto IV ad un orafo di cui non si conosce l’identità.

Andrea Bregno, Rilievo con il Cardinale Nicola Cusano inginocchiato davanti a san Pietro
Andrea Bregno, Rilievo con il Cardinale Nicola Cusano inginocchiato davanti a san Pietro

In occasione della sistemazione ottocentesca della cripta fu realizzato un secondo ambiente destinato ad accogliere il sarcofago cristiano con le reliquie dei fratelli Maccabei: tale sarcofago fu rinvenuto nel corso dei lavori di scavo del 1876 e al proprio interno conserva i resti dei sette fratelli e della loro madre. Martirizzati intorno alla seconda metà del II secolo a.C. dal re antioco Epifane, furono considerati precursori della fede cristiana, analogamente ad altre figure del Vecchio Testamento, e perciò assai venerati. Sul sarcofago, risalente al IV secolo d.C., si ammirano cinque episodi scolpiti in rilievo: la Resurrezione di Lazzaro, la Moltiplicazione dei pani, la Samaritana al pozzo, la Triplice negazione di Pietro e infine la Consegna delle chiavi.

Mosaico di san Sebastiano @ wikipedia, Luciano Tronati
Mosaico di san Sebastiano @ wikipedia, Luciano Tronati

Nel terzo altare sulla sinistra di san Pietro in Vincoli si trova l’icona di san Sebastiano, santo taumaturgo il cui culto a Roma ha origini antiche, come testimoniano anche le catacombe sulla via Appia. Il mosaico, composto in occasione della peste del 680 d.C. come pannello votivo, era originariamente posto in controfacciata. Ad esso si aggiunse un affresco, tuttora visibile, realizzato in seguito alla nuova epidemia di peste del 1476.Tra il 1681 e il 1683 il mosaico venne trasferito per ordine di papa Innocenzo IX in un altare dedicato, quello ancor oggi esistente, insieme alla Madonna con il Bambino eseguita da un autore ignoto in occasione del centenario della peste del 1476. Sotto l’affresco – rimasto in loco – si trova il monumento funebre dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo.

Nel 1465, quando il cardinale titolare di san Pietro in Vincoli era Nicola Cusano, venne restaurata la copertura a capriate della navata centrale e fu costruito l’altare delle Sacre Catene (da dove i vincoli furono spostati per la loro definitiva sistemazione ottocentesca). L’altare, andato perduto, era decorato anche da un rilievo raffigurante Il cardinale Cusano inginocchiato davanti a san Pietro in trono, opera di Andrea Bregno: il rilievo – risalente al 1464-1465 e considerato una delle prime opere dell’artista a Roma – si ammira all’inizio della navata sinistra.

Basilica di san Pietro in Vincoli. Michelangelo Buonarroti, Monumento funebre di Giulio II
Michelangelo Buonarroti, Monumento funebre di Giulio II

Anche i Della Rovere proseguirono le attività di restauro e manutenzione di san Pietro in Vincoli: prima papa Sisto IV, poi Giulio II, infine altri tre cardinali della famiglia. Tra gli interventi, vi fu il rifacimento delle volte a crociera delle navate laterali e del transetto. Il nome di Giulio II è legato alla travagliata vicenda che riguardò il suo monumento funebre, commissionato a Michelangelo Buonarroti nel 1505, inizialmente progettato quale monumentale mausoleo da collocarsi in San Pietro. In seguito alla morte di Giulio II, avvenuta nel 1513, Michelangelo elaborò un secondo progetto, meno grandioso e dispendioso, realizzando i due Prigioni che oggi si trovano al Louvre e il Mosè che poi è stato utilizzato nella versione definitiva della tomba. Il secondo progetto venne ulteriormente ridotto nel 1516 e quindi sospeso per il sopraggiungere di nuovi diversi incarichi, che Leone X prima e Clemente VII poi affidarono al Buonarroti a Firenze. I della Rovere chiesero la restituzione dei denari e degli interessi e Michelangelo, per liberarsi dall’impegno, offrì i disegni affinché l’opera potesse essere realizzata da altri maestri, oltre ai denari. Il Buonarroti tornò sopra al monumento nel 1526, con un quarto progetto che però non piacque a Francesco Maria della Rovere, e infine nel 1532, con una quinta versione che prevedeva la realizzazione della tomba a san Pietro in Vincoli, dove effettivamente fu collocata. A questo periodo risale l’esecuzione dei quattro Prigioni che si trovano all’Accademia di Firenze. Nel 1542 venne firmato l’ennesimo e definitivo contratto, che finalmente diede corso all’opera, completata nel 1545. Oltre al Mosè, Michelangelo fornì cinque statue già iniziate: la Madonna con il Bambino, la Sibilla, il Profeta, la Vita attiva e la Vita contemplativa, queste ultime due in sostituzione dei due Schiavi.

San Pietro in Vincoli
San Pietro in Vincoli

Altri interventi nella basilica di san Pietro in Vincoli si susseguirono nei secoli seguenti: nella seconda metà del Cinquecento fu edificato l’avancorpo che sovrasta il portico, nel 1577 Jacopo Coppi affrescò la parete e la calotta dell’abside con episodi in parte riferiti alla reliquia delle catene. Tra di essi, La liberazione di san Pietro dal carcere, Il patriarca di Gerusalemme che consegna le chiavi a Eudossia, Eudossia che dona le catene al Papa.

Nel 1705 il tetto a capriate lignee voluto dal Cusano fu nascosto da una copertura a volta in legno e cannucciato ornata al centro da un dipinto del Miracolo delle catene di Giovanni Battista Parodi (che si ammira ancor oggi), e infine nel 1765 l’antico piano di calpestìo fu coperto da un pavimento in mattoni con profili in marmo.

Informazioni utili e altre suggestioni: per approfondire la storia di san Pietro in Vincoli suggerisco il volumetto “La Basilica di San Pietro in Vincoli” a cura di Gabriele Bartolozzi Casti, edito da Viella nel 2013, a cui ho fatto in parte riferimento per le informazioni inserite in questo articolo. Per visitare la chiesa consiglio di consultare gli orari di apertura indicati sul sito internet www.lateranensi.org/sanpietroinvincoli. Essa si trova nel rione Monti, al centro di un’area ricchissima di monumenti da ammirare, appartenenti ad epoche diverse: nelle immediate vicinanze la Domus aurea e il Colosseo, l’area dei Fori e il Palatino. Facendo qualche passo in più si possono raggiungere la basilica di santa Prassede e la basilica papale di santa Maria Maggiore, la basilica di san Clemente e quella dei Santi Quattro Coronati, con il magnifico oratorio di san Silvestro. La visita di san Pietro in Vincoli potrebbe inoltre essere l’occasione per organizzare un itinerario dedicato ai santi Pietro e Paolo, patroni di Roma: ad essi sono infatti legati alcuni luoghi di grande bellezza e significato storico-artistico, tra cui la basilica di san Pietro – luogo di sepoltura di Pietro – la chiesa di san Pietro in Montorio, dove secondo la tradizione l’apostolo subì il martirio, la basilica di san Paolo fuori le mura – nella quale san Paolo fu sepolto – l’Abbazia delle tre Fontane, luogo della decapitazione di Paolo.

Altre immagini di san Pietro in Vincoli:

Mappa di san Pietro in Vincoli:

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