Santa Maria sopra Minerva, Cappella Carafa, Filippino Lippi

Santa Maria sopra Minerva a Roma, Basilica ricca di capolavori e storie

Santa Maria sopra Minerva, facciata e obelisco
Facciata e obelisco

La Basilica di santa Maria sopra Minerva a Roma custodisce innumerevoli opere d’arte grazie ai tanti artisti che vi lavorarono, come Filippino Lippi, Antoniazzo Romano, Michelangelo Buonarroti, Gian Lorenzo Bernini. Ospita inoltre le spoglie di personalità di grandissimo rilievo per la storia della chiesa e la storia dell’arte: tra di esse, santa Caterina da Siena, il Beato Angelico, i due papi Medici Leone X e Clemente VII. E’ un luogo ricco di capolavori e di storie, che merita di essere conosciuto e ammirato.

La Basilica deriva il suo nome dal fatto che nell’area in cui si trova, in epoca romana sorgevano diversi edifici di culto, quali tre templi dedicati a Minerva, Iside e Serapide. Nell’VIII secolo fu eretta una piccola chiesa concessa da papa Zaccaria ad alcune monache basiliane fuggite dall’Oriente. Nel 1256 si insediarono i Domenicani, una comunità che ai primi del Trecento divenne tra le più importanti di Roma. La Basilica attuale risale al 1280 ed è attribuita all’opera e all’ingegno di fra’ Sisto e fra’ Ristoro, gli stessi “architetti” domenicani che, secondo alcune fonti tra cui il Vasari, progettarono la chiesa coeva di santa Maria Novella a Firenze.

Piazza di santa Maria sopra Minerva, obelisco e Pantheon
Piazza di santa Maria sopra Minerva, obelisco e Pantheon

E’ uno dei pochissimi esempi romani di stile gotico, con l’interno diviso in tre navate da volte a crociera poggianti su pilastri, mentre ai lati si trovano le cappelle che hanno mantenuto il loro aspetto barocco. Nel 1577 venne fondato il Collegio di san Tommaso d’Aquino per formare intellettualmente e spiritualmente i frati, oggi Pontificia Università, mentre nel convento annesso – uno dei più  importanti dell’ordine domenicano, divenuto dal 1628 sede delle riunioni settimanali del Sant’Uffizio – dal 12 aprile al 22 giugno 1633 fu processato Galileo Galilei, e qui lo scienziato pronunciò la sua abiura. Durante l’occupazione francese il convento fu utilizzato come caserma e subì danni ingenti, mentre nel 1810 con la soppressione degli ordini religiosi fu abbandonato dai frati, che vennero dispersi: qui tornarono solo nel 1929.

Santa Maria sopra Minerva, alcune lapidi delle inondazioni sulla facciata della chiesa
Alcune lapidi delle inondazioni sulla facciata della chiesa

Nella piazza su cui affaccia la Basilica si trova uno degli innumerevoli obelischi egizi di Roma, sostenuto da un elefante scolpito da Gian Lorenzo Bernini. La curiosa costruzione fu voluta da papa Alessandro VII nel 1667 sul luogo in cui anticamente sorgeva il tempio dedicato alla dea Iside: un’iscrizione incisa sulla base omaggia la saggezza venuta dall’Egitto. Secondo alcuni, la costruzione del Bernini rappresenta la resurrezione, cui fa riferimento anche la stella a otto punte collocata sulla cima dell’obelisco.

Sul lato destro della facciata di santa Maria sopra Minerva si notano alcune lapidi che commemorano le inondazioni del quartiere, assai frequenti in particolare durante la stagione delle piogge perché la città per secoli non fu protetta dagli argini. Dopo gli straripamenti del 1870 – ricordati in molte targhe sparse in tutta Roma – fu intrapresa la costruzione dei Muraglioni, veri e propri muri alti fino a 12 metri che modificarono profondamente il rapporto con il fiume e l’aspetto della città lungo il suo corso. In questa occasione, ad esempio, fu distrutto il magnifico porto di Ripetta, di cui in Largo san Rocco, a fianco dell’Ara Pacis, si ammira ancora l’antico idrometro.

Cappella Carafa, Filippino Lippi, Trionfo di san Tommaso sull'eresia
Cappella Carafa, Filippino Lippi, Trionfo di san Tommaso sull’eresia

Entrando nella chiesa di santa Maria sopra Minerva, la Cappella dell’Annunciazione è uno dei capolavori custoditi al suo interno. Fu affrescata da Filippino Lippi (figlio di Filippo Lippi) tra il 1489 e il 1492 su incarico del cardinale Oliviero Carafa. Il Lippi aveva appena ricevuto la commissione di decorare la magnifica Cappella Strozzi in Santa Maria Novella (una delle cappelle imperdibili di Firenze), quando fu chiamato a Roma su consiglio di Lorenzo il Magnifico: il Cardinal Carafa infatti volle affidargli la decorazione della cappella di famiglia con un ciclo di affreschi dedicati a San Tommaso d’Aquino. Sull’altare si ammira la pala – opera del Lippi – raffigurante san Tommaso che presenta il cardinale Carafa alla Vergine. La pala è sovrastata dall’affresco sulla parete di fondo che mostra l’Assunzione della Vergine. Sulla parete di destra, il Trionfo di san Tommaso sull’eresia e – nella lunetta – il Miracolo del Crocifisso che loda san Tommaso. Sulla parete di sinistra si trova il monumento funebre di Paolo IV, opera di Pirro Ligorio, sulla volta le Sibille di Raffaellino del Garbo. Di particolare interesse è l’affresco del Trionfo di san Tommaso, con il santo in cattedra affiancato dalle personificazioni della Grammatica, Retorica, Teologia e Filosofia. Ai suoi piedi è effigiato l’errore nelle sembianze di un vecchio in preda alla rabbia, impotente, insieme ai volumi dei testi e alle figure degli eresiarchi confutati. Sullo sfondo della scena si ammira una veduta di Roma, con la Basilica e il Palazzo del Laterano e il monumento equestre di Marco Aurelio.

Cappella Carafa, Filippino Lippi, Assunzione della Vergine
Cappella Carafa, Filippino Lippi, Assunzione della Vergine

Nonostante avesse commissionato la realizzazione della Cappella al Lippi, tanto da comparire nell’Annunciazione e nelle altre scene rappresentate, Oliviero Carafa non trovò sepoltura qui: il suo corpo riposa infatti nella cappella di famiglia nel Duomo di Napoli, il Succorpo di san Gennaro che egli aveva fatto costruire dopo essere riuscito a traslare le reliquie del santo dall’abbazia di Montevergine a Napoli: ricavata sotto il presbiterio della cattedrale, la Cappella è uno dei monumenti rinascimentali più notevoli della città partenopea, opera di Tommaso e di Gian Tommaso Malvino, forse progettata dal Bramante. Di fronte all’altare si ammira una statua del Carafa inginocchiato in preghiera.

La chiesa di santa Maria sopra Minerva custodisce sotto l’altare maggiore la tomba di santa Caterina da Siena, che morì in una casa nell’attuale via santa Chiara il 29 aprile 1380. Caterina giunse a Roma dopo aver convinto Gregorio XI – l’ultimo dei papi di Avignone – a fare ritorno in Italia, riportando la sede pontificia nella città di san Pietro.

Santa Maria sopra Minerva, altare maggiore e tomba di santa Caterina da Siena @santamariasopraminerva.it
Altare maggiore e tomba di santa Caterina da Siena @santamariasopraminerva.it

Dopo l’elezione di papa Urbano VI, che intraprese una profonda riforma della chiesa, Caterina intervenne al concistoro del 29 novembre 1378 per convincere i cardinali ad obbedire al pontefice contro l’antipapa Clemente VII, rimanendo a Roma per sostenere Urbano VI nella sua azione di riforma e risoluzione della crisi che ne era conseguita. Il sepolcro che oggi si ammira non è quello originario, ma è il risultato di spostamenti e mutamenti che si succedettero nel corso dei secoli per assecondare la devozione popolare. L’attuale sarcofago risale al XV secolo e fu eretto nella medesima Cappella Capranica dove si trovava il precedente, con l’effige della santa scolpita nel marmo a grandezza naturale. Nel corso dell’Ottocento le reliquie furono trasferite dalla Cappella all’altare maggiore, decisione che comportò la manomissione delle sculture quattrocentesche per poter inserire l’antico sarcofago nel nuovo altare. Nella tomba riposano i resti del corpo della santa ad eccezione del teschio e di un dito, che sono venerati nella chiesa di san Domenico a Siena (ne parlo nell’articolo dedicato alle chiese senesi).

Sarcofago di santa Caterina da Siena
Sarcofago di santa Caterina da Siena

La stanza dove santa Caterina morì nel 1380 venne smontata e ricostruita nel Seicento dietro l’attuale sagrestia, ed è visibile attraverso una grata. E’ decorata da affreschi deteriorati attribuiti ad Antoniazzo Romano.

La Basilica custodisce inoltre i monumenti funebri di alcuni papi tra cui, nell’abside, si trovano quelli dei due pontefici Medici, Leone X e Clemente VII, ornati da sculture di Baccio Bandinelli.

Nella chiesa si trovano due opere di Gian Lorenzo Bernini: al 1630 circa risale il busto per il Monumento funebre di Giovanni Vigevano, una delle prime sculture del giovane Bernini, ispirata alla statuaria antica nel dettaglio della mano che fuoriesce dal mantello. Addossata al quinto pilastro della navata sinistra si trova la Memoria funebre di Maria Raggi, eseguita fra il 1647 e il 1653 su commissione della famiglia Raggi: il ritratto della domenicana suggerisce l’idea di un’apparizione della defunta in estasi, appartenente alla dimensione della gioia eterna, e richiama la santa Teresa in estasi sempre del Bernini. Il tondo bronzeo con la sua immagine, sorretto da angeli, è racchiuso in un drappeggio in marmo nero e giallo, innovazione artistica che riproduce i monumenti provvisori allestiti per i funerali dell’epoca.

Tomba di Beato Angelico
Tomba di Beato Angelico

Alla sinistra dell’altare si ammira la Statua del Redentore di Michelangelo, commissionata nel 1514 ma iniziata solo nel 1519. Fu inviata a Roma ancora incompiuta nel 1521 e venne terminata da Pietro Ubaldo e Federico Frizzi. Il Cristo vincitore sulla morte porta i simboli della Passione: nella destra la croce, nella sinistra la canna, la spugna e la corda. Attorno ai fianchi la scultura reca un panneggio bronzeo, posteriore.

Nel vestibolo si trova il Monumento funebre di Beato Angelico, realizzato nel 1455 da Isaia da Pisa e qui spostato dalla primitiva collocazione. Il pittore, nato in Mugello fra il 1395 e il 1400 e vissuto prima a Fiesole e poi a Firenze, arrivò a Roma nel 1445 convocato da papa Eugenio IV, rimanendovi fino al 1449. In questo periodo lavorò agli affreschi della Cappella di Niccolò V in Vaticano, la sua sola opera romana sopravvissuta fino a noi, e ad altre decorazioni nello studio del papa, lavori portati a termine insieme alla bottega e all’allievo Benozzo Gozzoli. Dopo un breve rientro a Firenze tornò a Roma nel 1453 o 1454 – non sappiamo in quale lavoro fu impegnato – e qui morì nel 1455. Gli epitaffi per la sua tomba furono forse scritti dall’umanista Lorenzo Valla e quello sulla parete, andato perduto, diceva: “La gloria, lo specchio, l’ornamento dei pittori, Giovanni il Fiorentino è conservato in questo luogo. Religioso, egli fu un fratello del santo ordine di San Domenico, e fu lui stesso un vero servo di Dio. I suoi discepoli piangono la morte di un così grande maestro, perché chi troverà un altro pennello come il suo? La sua patria e il suo ordine piangono la morte di un insigne pittore, che non aveva uguali nella sua arte“. Sulla sua lapide è rappresentato il corpo con la tonaca, inserito in una nicchia rinascimentale.

Antoniazzo Romano, Annunciazione
Antoniazzo Romano, Annunciazione

Fra le opere da ammirare in santa Maria della Minerva vi è infine l’Annunciazione di Antoniazzo Romano, realizzata tra il 1499 e il 1500 su commissione della Confraternita dell’Annunziata, la cui missione era dare una dote alle ragazze povere permettendo loro di trovare marito. Collocata al centro della Cappella dell’Annunciata, l’opera mostra la Vergine che dona una dote alle fanciulle vestite di bianco presentatele dal fondatore della Confraternita, mentre l’arcangelo Gabriele le annuncia il concepimento di Gesù. La pala è affiancata da due dipinti raffiguranti san Domenico e san Giacinto.

Informazioni utili: prima di visitare la chiesa consiglio di consultare le indicazioni riportate sul sito internet www.santamariasopraminerva.it.

Altre foto di santa Maria della Minerva:

Mappa di santa Maria della Minerva:

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