Piazza san Pietro

L’obelisco vaticano: l’impresa di Sisto V e Domenico Fontana

Obelisco vaticano
Obelisco vaticano

L’obelisco vaticano, che svetta al centro di piazza san Pietro abbracciato dal colonnato del Bernini ed inquadrato dalla facciata della basilica, conobbe nel corso dei secoli molteplici vite: al pari di altri obelischi romani, fu realizzato in Egitto al tempo dei faraoni, impiegato per decorare il Forum Iulii di Alessandria d’Egitto. Nel 37 venne trasportato a Roma per volere dell’imperatore Caligola ed innalzato in un luogo di grande visibilità, il circo di Nerone. Simbolo della potenza dell’impero, qui rimase anche quando il circo cadde in disuso, trovandosi sul fianco di san Pietro durante il sacco di Roma del 546 d.C.. In questa tragica circostanza molti obelischi subirono la furia distruttrice dei Goti guidati da Totila, venendo abbattuti, rotti in più punti e smussati agli angoli della base, sì da non poter più essere innalzati. Fra di essi si salvò solo l’obelisco vaticano, che fu l’unico a rimanere integro e in piedi, graziato in virtù della sua collocazione: l’area Vaticana era sacra anche al re ariano e cristiano Totila.

Alto 25,50 metri e dal peso di trecentocinquanta tonnellate, dopo aver assistito al crollo di due imperi ed essere sopravvissuto a vicende tanto drammatiche, l’obelisco vaticano nel 1586 fu il protagonista di un’impresa straordinaria: venne infatti trasferito dalla sua posizione fino al centro della piazza dove oggi si ammira, percorrendo un rettilineo di quasi trecento metri e un dislivello di oltre 5 metri.

Affresco del trasferimento dell'obelisco presso la Biblioteca Vaticana
Affresco del trasferimento dell’obelisco presso la Biblioteca Vaticana

L’impresa, realizzata dall’architetto Domenico Fontana per volere di papa Sisto V, è meticolosamente documentata nella celebre cronaca “Della trasportatione dell’obelisco vaticano”, redatta dal Fontana e data alle stampe nel 1590. Anche nel Palazzo vaticano, nelle sale della Biblioteca (oggi parte del percorso espositivo dei Musei) furono raffigurate le fasi salienti dello straordinario trasferimento, in un affresco realizzato da G. Guerra nel 1588: si mostra l’obelisco vaticano mentre viene inclinato nel suo castello, lo squarcio di una parte della Rotonda di sant’Andrea – demolita per consentirne il rinculo, infine il suo transito – coricato – verso la piazza.

Già molti pontefici – prima di Sisto V – avevano concepito il desiderio di spostare l’obelisco vaticano, ma i loro progetti si erano infranti contro le notevoli difficoltà tecniche del trasloco. Come racconta Michele Mercati nel suo “Gli obelischi di Roma”, scritto nel 1589 su incarico di Sisto V, anche Michelangelo fu più volte sollecitato in tal senso da Giulio II: il pontefice della Rovere “teneva gran desiderio di condurre l’obelisco di Caio Caligola imperatore sulla piazza di S. Pietro“, ma il Buonarroti “non volse mai attendere a tale impresa” e negò la sua disponibilità. Sollecitato da alcuni amici “perché, sendo egli uomo d’ingegno sì ammirabile e avendo ritruovato sì commodi instrumenti per muovere pesi gravissimi, non volesse fare un tanto piacere al Pontefice di trasportare quest’obelisco sulla piazza di San Pietro, egli solamente rispose loro: e se si rompesse?“. L’antica sapienza che aveva portato gli egiziani prima e i romani poi a trasferire ed innalzare questo colosso, era andata perduta nel corso dei secoli.

Obelisco - dettaglio dell'iscrizione dedicata a Domenico Fontana
Obelisco – dettaglio dell’iscrizione dedicata a Domenico Fontana

Solo la perizia e l’intuito di Domenico Fontana, l’architetto a cui papa Sisto V aveva affidato i suoi più importanti progetti architettonici ed urbanistici a Roma, poterono superare le problematiche tecniche che il trasferimento dell’obelisco vaticano poneva. L’affidamento dell’incarico al Fontana non fu però lineare. In un primo momento infatti (siamo nel 1585) fu bandito un concorso internazionale a cui parteciparono, oltre al Fontana, talenti come Giacomo della Porta e Bartolomeo Ammannati, colui che nel 1562 insieme a Giorgio Vasari aveva portato a Firenze, via terra, via mare, via fiume e ancora via terra, una delle altissime colonne delle Terme di Caracalla, elevandola nella piazza di santa Trinita. Il concorso fu vinto dall’Ammannati, che all’epoca aveva ben 74 anni: Sisto V rimase insoddisfatto dell’esito della selezione, convinto che fosse necessario un profilo maggiormente esperto nell’ingegneria e nella meccanica. Di fronte alle esitazioni dell’architetto fiorentino decise dunque di revocare l’incarico all’Ammannati e di affidarlo al Fontana.

Obelisco - dettaglio
Obelisco – dettaglio

All’architetto furono dati pieni poteri, tra i quali la possibilità di demolire i palazzi che fossero stati d’intralcio all’opera (previo adeguato indennizzo ai proprietari). Furono necessari sette mesi di preparativi per reperire i materiali necessari al trasloco (legnami, funi di canapa, argani, carrucole…), per costruire le fondazioni per il trasporto dell’obelisco e per spianare lo spazio in cui 800 uomini e 100 cavalli e buoi avrebbero operato. Fu realizzato un corridoio di collegamento rialzato, che congiungeva i punti di partenza ed arrivo dell’obelisco vaticano situati a oltre 5 metri di dislivello, sì da consentire che il colosso fosse trasferito in piano. Furono infine abbattute alcune abitazioni, nonché una parte della Rotonda di sant’Andrea, all’epoca adibita a sagrestia del vecchio san Pietro.

Il 30 aprile 1586 ebbe inizio il trasporto, operazione delicatissima preceduta da due messe e da una preghiera in prossimità dell’opera, affinché l’impresa – tentata per la “gloria di Dio” – potesse contare anche sul Suo aiuto. Di fronte a una piazza gremita di astanti – alcuni arrampicatisi anche sul tamburo non finito della basilica di san Pietro – l’obelisco vaticano venne sollevato dal suo basamento, con uno sforzo corale della manodopera istruita al suono di una tromba – corrispondente al “tirare” – e di una campana, per il “fermarsi”. Una volta sollevato il colosso e appoggiato sotto uno “strascino” di rulli, fu poi coricato e trasportato in orizzontare per una distanza di 256 metri. Il suo trasferimento procedette a passo di lumaca, mentre il vecchio basamento venne smontato e poi rimontato nella nuova collocazione. Furono necessari cinque mesi, fino al 26 settembre 1586, quando l’obelisco vaticano fu eretto sul suo piedistallo al tramonto del sole. Il giorno successivo fu oggetto di “espurgazione et consecrazione“, con una cerimonia di benedizione per renderlo degno sostegno della croce che vi fu appoggiata sulla cima.

Obelisco - dettaglio
Obelisco – dettaglio

L’impresa venne portata a compimento quando piazza san Pietro era ancora un cantiere: della basilica esisteva il corpo centrale, realizzato dal Bramante, e il tamburo privo della sua cupola; la facciata era una sovrapposizione di piccole facciate differenti, mentre il colonnato del Bernini sarebbe arrivato dopo quasi un secolo. Il trasferimento dell’obelisco vaticano segnò per sempre la carriera di Domenico Fontana, che divenne l'”architetto della guglia vaticana“: la spesa di 38.269 scudi superò di gran lunga il preventivo di 16.000, ma data l’eccezionalità della circostanza e la sua unicità, Sisto V autorizzò il pagamento, previa verifica del funzionario misuratore delle opere per la Camera Apostolica e dopo un piccolo sconto, per un totale di 37.000 scudi. Il Fontana fu nominato “Cavaliere della guglia e dello sperone d’oro” e godette di altre numerose ricompense materiali e morali: sul basamento dell’obelisco vaticano fu incisa l’iscrizione”Dominicus Fontana transtulit et erexit”.

Grazie al successo del trasferimento dell’obelisco Sisto V fece innalzare dal Fontana altri tre obelischi: l’Esquilino, il Lateranense, il Flaminio, più piccoli del primo e soprattutto bisognosi di restauro, perché ridotti in pezzi dopo il sacco di Roma.

Dopo la morte di Sisto V nel 1590 la sorte del Fontana mutò rapidamente ed in seguito ad alcune vicissitudini l’architetto fu costretto a lasciare lo Stato Pontificio. Riparò a Napoli, realizzando importanti opere di architettura ed ingegneria idraulica: tra di esse, l’acquedotto del Sarno, il Palazzo Reale di Napoli (costruito in soli due anni), la chiesa di Gesù e Maria, la fontana di Nettuno a Chiaia. Morì nella città partenopea nel 1607: sulla sua tomba, nel portico della chiesa di sant’Anna dei Lombardi, si legge “Dominicus Fontana, summus Romae architectus”.

Per approfondire la vicenda che portò al trasferimento dell’obelisco vaticano in piazza san Pietro consiglio la lettura del libro “Il papa & l’architetto” di Roberto Dragosei (Roma, Gangemi Editore, 2015), che racconta il fecondo pontificato di Sisto V e la felice collaborazione con Domenico Fontana. Me ne sono in parte avvalsa per la redazione di questo articolo.

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