Basilica di san Marco, veduta del transetto

La basilica di san Marco a Venezia e la sua storia millenaria

Basilica di san Marco e campanile
Basilica e campanile

La basilica di san Marco è l’edificio simbolo di Venezia, capolavoro d’arte, testimonianza della storia civile e religiosa ed espressione della spiritualità della città.

Costruita nel corso dei secoli, rappresenta una summa di elementi artistici fra Oriente ed Occidente. Fu cappella ducale fino alla fine del XVIII secolo, luogo dei grandi riti civici della Repubblica Serenissima, è cattedrale e sede del Patriarca dal 1807.

La sua costruzione risale al 1063, la consacrazione al 1094: fu edificata sul luogo di due chiese preesistenti (la prima consacrata nell’832, la seconda dopo l’incendio del 976) nello spazio tra l’antico castello (a sud) e la chiesetta di san Teodoro (a nord), sul modello della basilica dei Dodici Apostoli di Costantinopoli.

Veduta della basilica di san Marco e di Palazzo Ducale dal campanile
Veduta della basilica e di Palazzo Ducale dal campanile

Dall’impianto a croce greca, con ciascun braccio suddiviso in tre navate, è coperta da cinque cupole: all’incrocio dei bracci la cupola dell’Ascensione, sul presbiterio quella dei profeti, sulla navata la cupola della Pentecoste, quelle di san Giovanni e di san Leonardo sui bracci nord e sud.

La cripta a tre navate absidate, corrispondente alla struttura della prima chiesa, è posta sotto il presbiterio: qui si trova il sacello che custodiva il corpo di San Marco, trafugato dai veneziani da Alessandria d’Egitto nell’828, spostato nel 1835 sotto l’altare maggiore.

Dopo la costruzione si susseguirono modifiche, ingrandimenti, abbellimenti: nel 1071 prese avvio la decorazione musiva sul modello bizantino, nel 1177 venne realizzata la terrazza in facciata, nello stesso secolo fu aggiunto il nartece. Nel XIII secolo le cupole in muratura furono ricoperte da strutture in legno rivestite da lastre di piombo sovrapposte e culminanti in croci cosmiche con sfere dorate, e a partire dal 1204 – in seguito alla conquista di Costantinopoli in occasione della IV Crociata – le tre facciate furono rivestite da marmi. Al 1343-1354 risalgono il battistero e la cappella di sant’Isidoro, al 1486 la sagrestia, fra il 1504 e il 1521 la cappella Zen, tra il 1529 e il 1570 Jacopo Sansovino realizzò tra le varie opere l’altare del Santissimo e il fonte battesimale.

Catino sopra il portale di sant'Alipio, raffigurante il trasporto processionale di san Marco in basilica (mosaico del XIII secolo)
Catino sopra il portale di sant’Alipio, raffigurante il trasporto processionale di san Marco in basilica (mosaico del XIII secolo)

La visita approfondita di questo luogo straordinario richiede anni di pazienza, capacità di osservazione, studio e dedizione. In questo articolo mi soffermo solo su alcuni elementi a mio avviso imperdibili, demandando ogni ulteriore approfondimento alla passione e alla curiosità di ciascuno.

Al centro della facciata occidentale della basilica (verso piazza San Marco), sulla terrazza che la divide in due ordini, spicca la celeberrima quadriga marciana, eccezionale testimonianza di statuaria antica a tutto tondo, unico esempio di tiro a quattro giunto dall’antichità fino ai nostri giorni e una delle poche opere dorate che oggi si possano ammirare (insieme, ad esempio, al Marco Aurelio di Roma e ai Bronzi di Cartoceto).

La Quadriga marciana, esposta nel Museo della basilica di san Marco
La Quadriga marciana, esposta nel Museo della basilica

Il gruppo fu realizzato con la tecnica della fusione a cera persa in una lega quasi al 100% in rame, per consentirne la doratura al mercurio. Datato all’inizio del II secolo a.C. (secondo l’analisi con il carbonio 14), s’ipotizza provenga dall’ippodromo di Costantinopoli, da dove fu prelevato e inviato a Venezia come bottino di guerra in occasione della IV Crociata (1204) dal doge Enrico Dandolo.

Probabilmente dopo la caduta dell’Impero Latino (1261) la Quadriga fu collocata sulla facciata della basilica di san Marco, dove rimase fino al 1977: qui rappresentava simbolicamente la continuità del potere imperiale di Bisanzio e al contempo rievocava la Quadriga Domini, ovvero i quattro Evangelisti e il loro annuncio della Parola di Dio.

Tetrarchi, sculture in porfido provenienti da Costantinopoli (arte egiziana del IV secolo)
Tetrarchi, sculture in porfido provenienti da Costantinopoli (arte egiziana del IV secolo)

Oggi i cavalli di san Marco si ammirano nel Museo, sostituiti sulla loggia da riproduzioni. I graffi che si osservano sulla superficie vennero apportati volutamente, per ridurre il riflesso della luce.

Fra le cinque grandi arcate che si aprono nella parte inferiore della facciata occidentale della basilica merita soffermarsi su quella centrale – sia per le sculture dei sottarchi, risalenti al XIII secolo, sia per osservare il portale bronzeo, adattamento di due valve di epoca bizantina. Fra i mosaici dei sottarchi delle cinque arcate il più antico è il primo a sinistra, rappresentante il trasporto del corpo di san Marco in basilica, che raffigura l’edificio nel 1265.

L’angolo tra la basilica e il Palazzo Ducale è ornato dalla scultura in porfido dei Tetrarchi, risalente al IV secolo, preceduti – in corrispondenza della porta del battistero – da due pilastri scolpiti provenienti sempre da Costantinopoli.

Per entrare nella basilica di san Marco è necessario transitare dal nartece, costruito un secolo dopo la chiesa e ricoperto da mosaici risalenti al XIII secolo (eseguiti dal 1215 al 1280) raffiguranti Storie del Vecchio Testamento.

Nartece, fianco occidentale
Nartece, fianco occidentale

Questi mosaici a fondo oro appartengono allo straordinario patrimonio musivo che si estende per una superficie complessiva di oltre 8mila metri quadrati sulle volte, le cupole e le pareti di tutta la basilica: la loro realizzazione ha accompagnato la costruzione dell’edificio sacro per otto secoli, a seguito della fondazione avvenuta nel IX secolo.

Mentre i mosaici dell’interno raffigurano le storie del Nuovo Testamento (oltre a storie della Vergine e dei santi veneziani più venerati – in particolare San Marco), quelli del nartece raccontano episodi veterotestamentari, che preannunciano al visitatore lo spazio sacro dell’interno e lo preparano alle immagini là raffigurate. Il racconto che qui si svolge è modellato sulle miniature di una bibbia paleocristiana alessandrina del V secolo, la Bibbia Cotton, di cui il British Museum di Londra conserva alcuni frammenti.

La superficie musiva del nartece si estende nei cupolini, nelle volte e nelle lunette, opera di maestranze veneziane: il percorso di visita ha inizio dall’angolo di destra con la Creazione, articolata su tre fasce circolari concentriche su cui si dipanano ventisei scene. In tutti gli altri cupolini le scene si sviluppano lungo una sola fascia alla base. Nei pennacchi del primo cupolino si trovano i cherubini, custodi del Paradiso terrestre.

Nartece, sottarco del portale centrale, Storie di Noè - dettaglio
Nartece, sottarco del portale centrale, Storie di Noè – dettaglio

Il racconto biblico prosegue sugli archi e le lunette circostanti presso la porta di San Clemente con la Storie di Caino e Abele. Nei sottarchi del portale centrale si osservano le Storie di Noè e la costruzione della Torre di Babele.

Seguono le Storie di Abramo (cupola e lunette presso la porta di San Pietro) e le Storie di Giuseppe (rappresentate nei tre successivi cupolini lungo il fianco settentrionale, verso la piazzetta dei Leoni). L’ultima cupolina raffigura infine le Storie di Mosè, realizzate alla fine del XIII secolo.

Dal nartece si giunge al portale principale, in oricalco (una lega simile all’ottone) ageminato con figure di santi e profeti, realizzato a Costantinopoli nel XII secolo. Attorno sono disposte le figure a mosaico della Vergine con il Bambino tra apostoli ed evangelisti, risalenti alla fine dell’XI secolo e forse fra i più antichi della basilica.

Veduta della cupola centrale della basilica di san Marco - raffigurante l'Ascensione di Gesù - e di quella della Pentecoste
Veduta della cupola centrale – raffigurante l’Ascensione di Gesù – e di quella della Pentecoste

Una volta all’interno si è avvolti nel fulgore dorato dei mosaici che rivestono la parte superiore, le pareti, le volte e le cupole della basilica di san Marco, secondo un piano iconografico unitario – celebrante la storia della salvezza – elaborato nel XII secolo da un teologo sconosciuto ed ispirato ai modelli bizantini. Alla figura di questo primo iconografo ne fecero seguito altri, in occasione della decorazione dei vari ambienti della basilica nel susseguirsi dei secoli.

La realizzazione del ciclo si dispiegò per otto secoli, sì che esso testimonia l’evolversi delle tendenze e dei linguaggi dell’arte: mentre i mosaici all’interno risalgono nel loro nucleo essenziale al XII secolo e quelli dell’atrio al XIII secolo, quelli del battistero e la cappella di Sant’Isidoro furono realizzati nel XIV secolo, la cappella dei Mascoli e la sagrestia rispettivamente nel XV e XVI secolo. Inoltre, nei secoli successivi la decorazione fu continuamente interessata da interventi per sostituire le parti rovinate o cadute.

Cupola della Pentecoste
Cupola della Pentecoste

L’orientamento della basilica con l’abside ad est indica il senso di lettura dei mosaici, che si succedono seguendo il cammino del sole nel corso della giornata: la cupola del presbiterio – detta dei profeti – è dedicata a coloro che annunziarono la venuta del Messia. La volta seguente, collocata sopra l’iconostasi, racconta la presenza storica di Gesù con l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, il Battesimo e la Trasfigurazione. Molti altri episodi della vita di Cristo sono raffigurati nei due transetti, mentre gli ultimi momenti della sua presenza terrena sono narrati sotto la cupola centrale, al cui centro si ammira l’Ascensione al cielo di Gesù.

Nella terza cupola è raffigurata la Pentecoste, con gli apostoli inviati ad annunciare il messaggio evangelico. Sopra l’ingresso, infine, si trovano le due volte dell’Apocalisse e del Giudizio Finale, dedicate al ritorno ultimo di Cristo sulla terra.

Dettaglio del pavimento
Dettaglio del pavimento

A questo asse principale si collegano le raffigurazioni realizzate in altri luoghi della basilica: le Storie della Vergine (alle estremità del transetto e nella cappella dei Mascoli), il martirio di San Pietro e di San Clemente (nelle rispettive cappelle), le Storie del Battista (nel battistero), di Sant’Isidoro (nella cappella dedicata), di San Giovanni Evangelista (nel transetto nord), le Storie di San Marco (nelle cantorie del presbiterio e nella cappella Zen) ed infine i santi del pantheon di Venezia (raffigurati, tra l’altro, in tutti i sottarchi).

Il pavimento della basilica di San Marco è anch’esso un capolavoro: con un’estensione di oltre duemila metri quadrati, fu realizzato in varie epoche impiegando il marmo in differenti lavorazioni: nell’accostamento tra pannelli di dimensioni diverse si compone un unico tappeto decorato, in cui alle figure geometriche si accompagnano raffigurazioni di pavoni, colombe, aquile, volpi, galli, riferimento ai bestiari medievali.

Iconostasi gotica della basilica di san Marco, con i dodici apostoli, la Vergine e san Marco
Iconostasi gotica con i dodici apostoli, la Vergine e san Marco

Al centro della basilica, sotto la cupola dell’Ascensione, si erge l’iconostasi gotica (1394) sormontata da quattordici statue (raffiguranti i dodici apostoli, la Vergine e san Marco), affiancata da un doppio ambone a sinistra e da un ambone ottagonale in porfido a destra (riservato al doge). Oltre l’iconostasi si apre il presbiterio, al cui centro si trova il ciborio in marmo verde sorretto da quattro colonne in alabastro scolpite con episodi evangelici (XIII secolo). Sotto il ciborio vi è l’altare maggiore, che custodisce il sarcofago marmoreo con il corpo di san Marco.

Dietro il ciborio si osserva la Pala d’oro, uno dei tesori più preziosi della basilica di San Marco: colpisce per lo sfolgorio dell’oro, delle pietre preziose e degli smalti qui incastonati, emanando un bagliore che, secondo la tradizione orientale, simboleggia la luce divina.

Pala d'oro della basilica di San Marco @ www.basilicasanmarco.it
Pala d’oro di San Marco @ www.basilicasanmarco.it

Il suo aspetto attuale risale al 1343-1345, quando il doge Andrea Dandolo commissionò la cornice in argento dorato e pietre preziose, ad arco romanico nella parte superiore ed arco gotico in quella inferiore. Con questo intervento furono composte due pale precedenti: quella inferiore, commissionata nel 1102-1105 da Ordelaffo Falier, e la superiore voluta dal doge Pietro Ziani, portata a Venezia da Costantinopoli dopo il 1204 e sovrapposta nel 1209.

La parte inferiore della Pala d’oro è organizzata attorno alla figura del Cristo Pantocrator circondato dai quattro Evangelisti entro clipei: sotto di lui la Vergine orante è affiancata dal doge Falier e dall’imperatrice Irene, sopra si osserva il trono del Giudizio Universale tra due coppie di cherubini e arcangeli. Ai lati si dispongono – su tre registri sovrapposti, dal basso verso l’alto – le figure di dodici profeti, dodici apostoli e dodici arcangeli. Lungo il bordo superiore si susseguono scene della vita di Gesù e ai lati momenti della vita di San Marco (a sinistra) ed episodi relativi al suo martirio e al trasferimento del corpo a Venezia (a destra).

Pala d'oro, particolare del Cristo Pantocrator circondato dai quattro Evangelisti entro clipei
Pala d’oro, particolare del Cristo Pantocrator circondato dai quattro Evangelisti entro clipei

In basso un’iscrizione riportata su due placchette riferisce la storia di questo capolavoro: “Nell’anno mille e cento e aggiungi cinque, quando Ordelaffo Falier era doge in città, fu creata questa pala, ricchissima di gemme, che fu rinnovata quando tu, Pietro Ziani, eri Doge e quando era procuratore degli atti Angelo Falier nell’anno milleduecentonove. Nel quarantacinquesimo anno del milletrecento, quando Andrea Dandolo, celebre fra tutti per onore, era doge e sotto i nobili procuratori dell’alma chiesa veneranda di San Marco, veramente beato, Marco Loredan e Francesco Querini, allora quest’antica tavola preziosa di gemme fu rinnovata”.

La parte superiore, proveniente dalla chiesa di San Michele del monastero del Pantocrator di Costantinopoli, presenta al centro l’arcangelo Michele e ai lati sei formelle raffiguranti l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme, la Discesa al Limbo, la Crocifissione, l’Ascensione, la Pentecoste, la Dormitio Virginis. Il fregio è completato da numerosi tondi smaltati, con le figure dei santi venerati dai veneziani.

Nartece della basilica di san Marco, cupola della Creazione
Nartece, cupola della Creazione

La Pala d’oro è rivestita posteriormente da un contenitore ligneo e anteriormente è ricoperta da una pala in legno dipinto detta “feriale”: la più antica, esposta presso il Museo della Basilica di San Marco, fu realizzata da Paolo Veneziano e figli con Storie di San Marco e santi (1343-1345).

Dal presbiterio si accede alla sagrestia della basilica, preceduta dalle porte bronzee capolavoro del Sansovino, proto di San Marco (ovvero architetto responsabile della sua conservazione) dal 1529 al 1570.

Tra la basilica e il Palazzo Ducale si trova il Tesoro di san Marco, che dal XIII secolo raccoglie e custodisce reliquiari e manufatti preziosi, alcuni trasportati a Venezia dopo la conquista di Costantinopoli del 1204, opere di oreficeria bizantina e oggetti di arte islamica.

Lungo la navata centrale si apre il battistero, disposto sul fianco sud della basilica, costruito nel XIV secolo in un’area di passaggio fra la chiesa e il Palazzo Ducale. Dal battistero e dall’atrio si accede alla cappella Zen, ricavata nel vestibolo dell’antica “porta da mar”, ovvero la porta di accesso alla basilica direttamente dal canale che giungeva fin qui costeggiando il Palazzo Ducale.

La Quadriga marciana
La Quadriga marciana

Alla testa del transetto nord si trovano due cappelle, quella di sant’Isidoro e quella dei Mascoli, avviata nel 1430.

Il Museo di san Marco, cui si accede alla destra del portale principale, è allestito in alcuni ambienti sopra al nartece della basilica e nell’ex sala dei banchetti del doge, sala appartenente al Palazzo del Patriarca. Oltre ad ospitare i cavalli di san Marco, vi si ammirano codici miniati, arazzi di manifattura bizantina, veneziana e medicea, la pala feriale di Paolo Veneziano destinata a coprire la Pala d’oro, frammenti musivi e scultorei. Dal museo è possibile accedere alla terrazza, per godere il panorama verso piazza san Marco e la piazzetta e affacciarsi all’interno della basilica verso la navata centrale, godendo dello spettacolo del pavimento marmoreo e dei mosaici sulla volta.

Loggetta del Sansovino alla base del campanile
Loggetta del Sansovino alla base del campanile

Di fronte alla basilica di san Marco si erge il campanile, costruito nel XII secolo probabilmente sul luogo di una torre di avvistamento: antico faro per i naviganti, è il prototipo di tutti i campanili della laguna, principale riferimento visivo della città e suo belvedere più spettacolare.

Modificato a più riprese, ai primi del Cinquecento fu aggiunta la cella campanaria con la cuspide rivestita in rame e una piattaforma girevole sormontata dalla statua dell’arcangelo Gabriele con funzione di banderuola. Il campanile assunse l’aspetto definitivo tra il 1511 e il 1514: una torre a pianta quadrata in cotto, con lesene, alta quasi 100 metri e larga 12.

Cella campanaria del campanile
Cella campanaria del campanile

Tra il 1536 e il 1549 fu infine aggiunta la loggetta ornata di marmi e bronzi opera di Jacopo Sansovino. Il 14 luglio 1902, a causa dell’imperizia durante alcuni lavori murari, il campanile crollò rovinosamente, disastro dal quale fortunatamente fu salvata la basilica: all’angolo destro del nartece si trova la “pietra del bando”, un tronco di colonna siriaca proveniente da San Giovanni d’Acri sulla quale venivano lette le ordinanze della Repubblica. La sua presenza frenò le macerie impedendo che travolgessero la chiesa.

La catastrofe distrusse quattro delle cinque campane originarie (sopravvisse solo la più grande, la Marangona, che scandiva la giornata dei carpentieri dell’Arsenale) e travolse la loggetta del Sansovino, che fu sepolta dai detriti.

Il Consiglio Comunale di Venezia decise la ricostruzione “dov’era e com’era” e il 25 aprile 1912 – giorno di san Marco – il campanile fu inaugurato, con la loggetta sansoviniana ricomposta con i pezzi originali, la Marangona di nuovo nella cella, la statua dell’arcangelo Gabriele – ricostituita con i frammenti originali – ad indicare ancora la direzione dei venti.

Il panorama dal campanile verso Punta della Dogana e la Giudecca
Il panorama dal campanile verso Punta della Dogana e la Giudecca

La salita sul campanile permette di ammirare uno dei panorami più belli al mondo, in virtù di quella posizione soprelevata che fu eletta da Galileo Galilei ad osservatorio del cielo: nella cella, una lapide ricorda il punto in cui lo scienziato nel 1609 presentò il cannocchiale alla Signoria.

Informazioni utili: per visitare la basilica e il campanile di san Marco suggerisco di consultare il sito internet www.basilicasanmarco.it in merito a modalità e orari di accesso. Per la redazione di questo post mi sono avvalsa di fonti diverse, tra le quali la Guida alla Basilica di San Marco a cura di Maria Da Villa Urbani, le schede ricche di dettagli sul sito internet della Basilica Marciana e il volume “La Basilica di San Marco a Venezia” a cura di Ettore Vio. Ho scritto vari articoli su Venezia, tra i quali una proposta di itinerario di visita delle chiese a mio avviso imperdibili.

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