Virtù e Vizi di Giotto

Le Virtù e i Vizi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova

Virtù e Vizi di Giotto, Giustizia
Giustizia

Nella Cappella degli Scrovegni di Padova si ammira una straordinaria rappresentazione delle Virtù e dei Vizi realizzata in monocromo da Giotto. Il ciclo si sviluppa nel registro inferiore delle pareti laterali all’interno di un finto zoccolo in marmo con finte statue allegoriche: le statue sono disposte in sette coppie contrapposte e simmetriche, con le Virtù sulla parete destra e i Vizi sulla parete sinistra.

La Cappella degli Scrovegni venne realizzata da Giotto fra il 1303 e il 1305 su commissione di Enrico Scrovegni, erede di una ricca dinastia di mercanti: lo Scrovegni fece edificare e affrescare la Cappella come gesto di riscatto ed affrancamento sociale dal prestito a usura, attività infamante praticata dal padre Reginaldo.

La rappresentazione delle Virtù e dei Vizi di Giotto si inserisce all’interno del racconto della Storia della Salvezza, tema cui è dedicata la raffigurazione sulle pareti, attraverso il racconto delle Storie di Gioacchino ed Anna, della Storia di Maria e della Storia di Gesù. La narrazione termina con il Giudizio universale, dipinto in controfacciata. La meditazione sulle sette Virtù – le tre Teologali e le quattro Cardinali – e sui sette Vizi ad esse contrapposti accompagna dunque il fedele nel suo personale percorso di salvezza – o perdizione – fino al giorno del Giudizio, conducendolo in Paradiso oppure all’Inferno. La disposizione delle Virtù e dei Vizi lungo le due pareti – le prime sulla parete destra, i secondi sulla sinistra – riprende proprio la raffigurazione del Cristo nel Giudizio Universale, con la mano destra aperta verso il Paradiso e la mano sinistra chiusa sull’inferno.

Virtù e Vizi di Giotto, Ingiustizia
Ingiustizia

La lotta tra bene e male è un motivo ricorrente della tradizione religiosa, in particolar modo nel Medioevo, ma viene interpretato qui in modo del tutto originale: la rappresentazione delle Virtù e dei Vizi di Giotto si distingue infatti per l’identificazione di queste figure allegoriche in personaggi concreti e riconoscibili, superando l’illustrazione morale e idealizzata precedente. Giotto compie dunque una scelta iconografica coerente con l’intero ciclo affrescato della Cappella, che si distingue per la profonda umanità e la caratterizzazione emotiva di ciascun personaggio da lui effigiato.

Accanto alle scelte individuali di ogni credente vi è poi la celebrazione giottesca delle conseguenze civili della Virtù e del Vizio, che trova espressione nelle figure allegoriche della Giustizia e dell’Ingiustizia, collocate al centro delle due sequenze e più grandi delle altre: entrambe sedute su troni simbolici sono corredate – in basso – dalla rappresentazione delle conseguenze pubbliche del loro buono e cattivo governo.

L’intento didascalico infine è esplicitato dall’iscrizione che accompagna ciascuna figura allegorica, collocata al di sotto di ogni riquadro a spiegarne il simbolismo e il significato. Molte iscrizioni, purtroppo, sono giunte a noi lacunose e poco comprensibili.

Prudenza
Prudenza

Partendo dall’altare, le prime quattro Virtù di Giotto sono quelle Cardinali. Il primo riquadro mostra la Prudenza, raffigurata seduta in cattedra con un libro aperto sul leggìo: guarda in uno specchio che tiene nella sinistra, mentre con la destra regge un compasso. Lo specchio – invito alla riflessione e alla ponderazione – le permette di guardare ciò che si trova dietro di lei, tenendo “presente” il suo passato e sempre viva la memoria. Sulla parete di fronte si trova il Vizio contrapposto, ovvero la Stoltezza: è raffigurato nelle fattezze di un giullare dal corpo appesantito, che guarda in alto con la testa cinta da penne di uccello. La sua veste, con una lunga coda, rievoca le sembianze di un volatile, mentre nella destra tiene un bastone.

Il secondo riquadro a destra è quello della Fortezza, una donna ben salda disposta di tre quarti, con una mazza in mano e nell’altra uno scudo ornato da un leone e una croce. Sulla sua veste porta una pelle leonina, di cui le fauci fungono da elmo e le zampe sono annodate attorno al collo e alla vita. La figura evoca quella classica di Ercole, e suggerisce i concetti di forza e saldezza. Contrapposta vi è l’Incostanza, che in quanto tale non ha solidità né resistenza: scomposta, scivola su una ruota posta su di un piano inclinato, che non consente alcun equilibrio. La sua veste è agitata dal vento, emblema di insicurezza e instabilità.

Virtù e Vizi di Giotto, Stoltezza
Stoltezza

La terza Virtù di Giotto è la Temperanza, che reca in mano una spada fasciata da una lunga cintura – ad indicare che non vi fa facilmente ricorso – e la bocca ugualmente imbrigliata da un morso, simbolo della necessità e volontà di moderazione. Il Vizio corrispondente è l’Ira, una donna che si straccia la veste mostrando il petto, con il volto deformato dalla passione incontenibile. La medesima prepotente passione è rappresentata da Giotto in modo analogo in due riquadri della Cappella: nella figura di un angelo disperato che vola accanto al Cristo in Croce, e nel personaggio del sacerdote Caifa, seduto davanti al Cristo e in preda all’ira perché vorrebbe condannare a morte il Figlio di Dio ma non ne ha l’autorità.

La quarta e ultima Virtù cardinale è la Giustizia, splendida rappresentazione di una donna incoronata, seduta regalmente su un trono decorato con cuspidi. Regge una bilancia con cui pondera ogni azione, premiando il bene e punendo i vizi (così spiega l’iscrizione sottostante): sul piatto di destra si osserva un angelo intento a conferire un premio, su quello di sinistra un’altra figura usa la spada per punire il peccato. Nella predella del trono, sotto ai piedi della Giustizia, si osservano gli effetti della sua buona amministrazione, con quattro cavalieri (due cacciatori col falco e due mercanti) che convergono verso un villaggio in festa dove si suona e si danza, simbolo di libertà e buongoverno. Una composizione analoga torna nell’Ingiustizia, dove un tiranno dalla barba appuntita è seduto entro un’architettura in rovina, con una natura incolta e inselvatichita a cingerne le gambe. Nelle mani tiene una spada e una lancia, mentre ai suoi piedi sono rappresentati episodi di violenza, spoliazioni ed omicidi.

Virtù e Vizi di Giotto, Carità
Carità

Il ciclo dedicato alle Virtù e ai Vizi di Giotto prosegue con la raffigurazione delle tre Virtù Teologali, a partire dalla Fede: disposta frontalmente con lo sguardo proteso verso l’osservatore, indossa la corona mentre una chiave – simbolo di san Pietro e del Papa – custode della fede cristiana – è appesa al suo fianco. Nella sinistra tiene una croce ad asta che, con l’estremità, frantuma un idolo, nella destra un cartiglio con il testo delle Sacre Scritture. Calpesta sotto ai piedi le false profezie, mentre si erge stabile e retta sopra la salda roccia. Dinanzi a lei si trova l’Infedeltà, che invece tiene in mano l’idolo innalzandolo sopra la sua testa. La statuetta reca un arboscello ma anche una corda, che termina con un cappio attorno al collo della figura allegorica, disposta in precario equilibrio, zoppicante, con le fiamme infernali a lambirne i piedi. Essa non ascolta la parola sacra pronunciata da un profeta che, proteso in alto a destra, le reca un cartiglio.

La seconda delle tre Virtù Teologali è la Carità, che nella destra tiene un cesto pieno di frutta, fiori e spighe da offrire mentre con la sinistra porge il suo cuore – che le viene restituito – dal Cristo che lei guarda intensamente. Sulla testa, coronata di fiori, ha un’aureola e sotto i piedi calpesta sacchetti pieni di denaro – forse un’evocazione dell’attività del prestito ad usura praticata da Reginaldo Scrovegni. La Carità è la Virtù di coloro che – amati da Dio – offrono con gratitudine e liberalità disdegnando il possesso egoistico.

Virtù e Vizi di Giotto, Invidia
Invidia

Di fronte si osserva l’Invidia, il Vizio più diabolico: avvolta nelle fiamme infernali, stringe nella mano il sacchetto degli averi e con l’altra ad artiglio si protende bramosa verso i beni altrui. Una serpe le esce dalla bocca e si ritorce contro i suoi occhi per avvelenarne e accecarne lo sguardo, mentre la coda esce dalla nuca. L’orecchio ha dimensioni animalesche, spalancato alle seduzioni del male.

L’ultima raffigurazione delle Virtù è la Speranza, che vola verso la corona della Gloria e la dimensione ultraterrena del Paradiso del Giudizio Universale. Non tocca la terra e ogni parte del suo corpo richiama l’identica rappresentazione del Cristo nel riquadro dell’Ascensione. L’ultimo Vizio è la Disperazione, una donna impiccata che ricade pesantemente verso il basso, i pugni chiusi nella disperazione e il volto sfigurato da un diavolo che l’arpiona per condurla all’Inferno. La sua fine ricorda quella di Giuda e richiama la corda con il nodo scorsoio che l’idolo teneva attorno al collo dell’Infedeltà.

Informazioni utili: la prenotazione della visita alla Cappella degli Scrovegni richiede molta attenzione. Rimando al sito internet ufficiale (www.cappelladegliscrovegni.it) e alle informazioni che con maggiore ampiezza ho inserito in chiusura dell’articolo sulla Cappella.

Altre immagini delle Virtù e dei Vizi di Giotto:

Mappa della Cappella degli Scrovegni:

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