La Leggenda della Vera Croce. Agnolo Gaddi, Ritrovamento delle tre croci e riconoscimento della Vera Croce

La Leggenda della Vera Croce, il racconto nei dipinti dei Maestri

La Leggenda della Vera Croce. Agnolo Gaddi, Ritrovamento delle tre croci e riconoscimento della Vera Croce
Agnolo Gaddi, Ritrovamento delle tre croci e riconoscimento della Vera Croce @ Scala

La Leggenda della Vera Croce è la storia della Croce di Cristo raccolta dal vescovo Jacopo da Varagine e codificata nel suo compendio sulle vite dei santi noto come Legenda aurea. Fu un tema caro all’ordine francescano, che commissionò nelle proprie chiese cicli dipinti dedicati a rappresentarlo: fra i più famosi, quello di Agnolo Gaddi nella chiesa di santa Croce a Firenze, quello di Masolino nella Collegiata di Empoli (purtroppo andato perduto), quello di Cenni di Francesco di Ser Cenno nella chiesa di san Francesco a Volterra. Infine, il capolavoro di Piero della Francesca nella chiesa di san Francesco ad Arezzo.

La Leggenda della Vera Croce ha per i Francescani un significato particolare, legato alla devozione del santo fondatore dell’ordine: il crocifisso parlò a Francesco nella chiesa di san Damiano e sul suo corpo egli portava impresse le stigmate, i segni della crocifissione, che aveva ricevuto alla Verna – dov’egli si era ritirato in preghiera e si trova il suo santuario – il giorno dell’Esaltazione della croce. Ai francescani inoltre era stata concessa, sin dal 1342 con bolla di papa Clemente VI, la custodia del Santo Sapolcro, mentre re Luigi IX, San Luigi dei Francesi, aveva loro affidato le celebrazioni della Vera Croce presso la Sainte-Chapelle di Parigi, dove si trova un frammento della reliquia.

La Leggenda attinge le proprie origini dai Vangeli apocrifi, dalla biografia di Costantino scritta da Eusebio di Cesarea, dalle parole di Ambrogio vescovo di Milano – che ricostruì la vicenda del ritrovamento della croce da parte dell’imperatrice Elena, madre di Costantino – da fatti storici realmente accaduti.

Piero della Francesca, Cappella Maggiore della chiesa di San Francesco, Ritrovamento delle tre croci
Piero della Francesca, Ritrovamento delle tre croci

Questi elementi furono raccolti e codificati dal frate domenicano e vescovo di Genova Jacopo da Varagine, che nel 1265 redasse la Legenda Aurea: si tratta di un’enciclopedica raccolta di circa 150 vite di santi, disposte seguendo le feste del calendario. Oltre alle vite dei santi più antichi compaiono le storie di quelli del tempo, come san Francesco e san Domenico. Le biografie sono inoltre intervallate da alcuni capitoli dedicati alle principali feste cristologiche e mariane, come la Natività, l’Ascensione, l’Epifania, etc. La croce è inserita nella Legenda aurea come festa cristologica, con i due distinti episodi dell’Invenzione (3 maggio) e dell’Esaltazione (14 settembre). Nel primo episodio è narrata la storia dello scavo della regina Elena, nel secondo il furto della reliquia da Gerusalemme ad opera di Cosroe e la sua restituzione da parte di Eraclio.

Già il vescovo Ambrogio aveva raccontato il ritrovamento della croce da parte della madre di Costantino, basandosi su alcuni elementi storici come l’interesse di Elena per lo scavo del sepolcro di Cristo e la presenza dell’imperatrice a Gerusalemme in occasione del concilio di Nicea (che aveva sancito la sconfitta delle eresie ariane che sostenevano la sola natura umana di Cristo, negandone quella divina). Rispetto alla tradizione di Ambrogio, Jacopo da Varagine inserì nella Legenda Aurea un’ampia introduzione partendo dalla morte di Adamo. Scrisse che quando Seth vide il padre Adamo morire, si recò presso la porta del paradiso per domandare in dono l’olio del legno della misericordia, un viatico che avrebbe potuto risanarlo. L’arcangelo donò a Seth alcuni semi – tratti dall’albero della conoscenza del bene e del male – da piantare sulla tomba di Adamo.

Piero della Francesca, Cappella Maggiore della chiesa di San Francesco, Adorazione della Vera Croce
Piero della Francesca, La Regina di Saba in ginocchio davanti al ponte sul fiume Siloe

Alcuni millenni dopo, l’albero piantato da Seth era divenuto forte e rigoglioso: il re Salomone, che non ne conosceva la vera natura ma rimase colpito dalla sua bellezza, ordinò che venisse abbattuto e impiegato nella costruzione del suo Tempio. I costruttori tentarono di lavorarlo, ma il legno si oppose a qualsiasi tentativo. Secondo Jacopo da Varagine questa resistenza indicava l’impossibilità di costruire il tempio degli ebrei con lo stesso legno con cui Cristo sarebbe stato crocifisso. Poiché i costruttori non riuscirono a impiegare il legno, lo gettarono in un lago dove fu utilizzato come passerella sul fiume Siloe.
Il racconto della Leggenda della Vera Croce prosegue con la figura della regina di Saba. Quando la regina si recò in Palestina per conoscere il re Salomone, di cui aveva udito la grande fama, e si trovò a passare sulla passerella, ebbe una visione: quel legno sarebbe servito a compiere il supplizio del Messia per mano degli ebrei. La regina confessò la visione a Salomone, confidando al re che la cecità del popolo ebraico sarebbe stata punita con la distruzione di Israele. Atterrito da questo vaticinio, Salomone fece seppellire il legno, ma dopo mille anni – quando la profezia era ormai dimenticata – il legno riemerse dalle acque della piscina probatica, che era utilizzata per guarire gli infermi e purificare gli agnelli prima del sacrificio rituale. Gli ebrei lo videro galleggiare sulle acque e avvicinandosi i giorni della passione decisero di utilizzarlo come asse trasversale per la croce sulla quale sarebbe stato giustiziato il sedicente “re dei Giudei”. Il legno, fino ad allora refrattario a ogni lavorazione, al compimento del suo tempo divenne docile, pronto per diventare il legno della Croce. I pali per le esecuzioni capitali erano infatti già preparati ed infissi nel terreno, di solito fuori le mura cittadine: solo la fascia orizzontale veniva predisposta appositamente per il condannato, che vi veniva legato (o inchiodato, nei casi peggiori) e poi issato.

Piero della Francesca, Cappella Maggiore della chiesa di San Francesco, Prova della Croce
Piero della Francesca, Prova della Croce

La Leggenda della Vera Croce attraversa i secoli, durante i quali Gerusalemme venne distrutta, gli ebrei dispersi e la Croce dispersa anch’essa – insieme a quelle dei due ladroni. La notte che precedette la battaglia di ponte Milvio l’imperatore Costantino ebbe un sogno: un angelo gli mostrò una croce luminosissima, annunciandogli che in virtù di quel segno egli avrebbe vinto la battaglia contro Massenzio. Costantino – impugnando la croce – sconfisse il suo avversario, si convertì poi al cristianesimo e nel 313 liberalizzò il culto ponendo fine alle persecuzioni.

La Legenda aurea narra che l’imperatore inviò in Terra Santa la madre Elena per ritrovare la Vera Croce. Elena, giunta a Gerusalemme, non sapeva individuare il luogo esatto della crocifissione. Venne però informata che un ebreo di nome Giuda ne era al corrente e lo costrinse a parlare, facendolo calare in un pozzo e lasciandolo a digiuno per sette giorni. Piero della Francesca è il pittore che più di tutti accoglie questo episodio della Legenda, tanto da dedicargli un’intera scena del suo ciclo, dove mostra i carcerieri che tirano fuori l’ebreo dal pozzo tirandolo per i capelli. Scavando sul Golgota, nel luogo su cui nel frattempo l’imperatore Adriano aveva fatto costruire un tempio dedicato a Venere, Elena rinvenne le tre croci, apparentemente identiche. Paolino di Nola – che scrisse qualche anno dopo Ambrogio – raccontò che Elena riconobbe la Vera Croce grazie a un miracolo: nel timore di venerare la croce di un malfattore fece portare sul luogo dello scavo il corpo di un uomo deceduto da poco, facendolo deporre a turno sulle tre croci. Appoggiato sulla Croce di Cristo il corpo resuscitò, consentendo di identificare la Vera Croce.

La Leggenda della Vera Croce. Agnolo Gaddi, Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme
Agnolo Gaddi, Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme @ Scala

La Leggenda della Vera Croce comprende, oltre a quanto tramandato dai testi scritti, i fatti storici: nel 614 i persiani di Cosroe entrarono a Gerusalemme, compiendo sacrilegi e saccheggi, e portando via la reliquia che fu trasportata a Ctesifonte. I bizantini guidati da Eraclio passarono alla controffensiva, sconfiggendo i persiani alla fine del 627: Cosroe fu detronizzato con un colpo di stato e poi assassinato, ed Eraclio ottenne la restituzione della croce tra il 629 e il 630 grazie a un accordo diplomatico, gesto che gli consentì anche di riconciliarsi con la Chiesa: l’imperatore infatti aveva sposato la nipote Martina, matrimonio che contravveniva alle disposizioni e aveva creato grande imbarazzo. Di tale colpa sembra ricordarsi la raffigurazione di Agnolo Gaddi, quando nel rappresentare l’episodio di Eraclio che riporta la croce a Gerusalemme dapprima mostra un angelo indicante le porte della città sbarrate, poi dipinge Eraclio recante la croce con i piedi scalzi e una tunica da pellegrino, entrambi segni di penitenza. Dopo la ventennale guerra fra Persiani e Bizantini, che aveva indebolito entrambi gli eserciti, seguì una fulminea espansione musulmana, che trovò un’opposizione scarna e inefficace: Gerusalemme fu posta d’assedio tra la fine del 636 e la primavera del 637, e venne infine conquistata.

Cappella maggiore della chiesa di santa Croce
Cappella maggiore della chiesa di santa Croce a Firenze

In seguito al grande successo della Legenda Aurea, la Leggenda della Vera Croce entrò nell’immaginario collettivo dei cristiani e ad essa furono dedicate le prime rappresentazioni figurative, fra cui le più celebri sono senz’altro quelle di Agnolo Gaddi in santa Santa Croce a Firenze e di Piero della Francesca in san Francesco ad Arezzo. Quando ai due Maestri fu affidata la realizzazione dei cicli, incombeva la minaccia turca sulle coste dell’Illiria e della Dalmazia e non era ancora tramontato il desiderio di una nuova Crociata, che restituisse ai cristiani le terre conquistate dai musulmani. L’attenzione dei due pittori si concentrò quindi sul tema del furto della Croce, presentando Eraclio – colui che aveva sconfitto il profanatore Cosroe e recuperato la reliquia – come il vero eroe della fede cristiana: addirittura negli affreschi di Santa Croce è Eraclio ad avere il sogno premonitore la notte prima della battaglia contro Cosroe, laddove invece la biografia di Eusebio lo riferisce all’imperatore Costantino, che è invece protagonista della celebre scena del ciclo di Piero della Francesca.

La prima raffigurazione della Leggenda della Vera Croce fu ad opera di Agnolo Gaddi nella cappella maggiore della chiesa di Santa Croce a Firenze: il ciclo fu realizzato ad affresco tra il 1380 e il 1390 da Agnolo e da alcuni suoi collaboratori, alla cui mano vanno ricondotti gli sbalzi di qualità e le cadute del ciclo (come ad esempio i quattro evangelisti, san Francesco e san Giovanni dipinti nelle vele della volta). In otto grandi affreschi il pittore narra sulle due pareti laterali del coro le storia della Croce secondo la versione tramandata della Legenda Aurea.

Agnolo Gaddi, Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme - dettaglio della decapitazione di Corsoe
Agnolo Gaddi, Eraclio riporta la Croce a Gerusalemme – dettaglio della decapitazione di Corsoe @ Scala

La narrazione comincia dalla lunetta che corona in alto la parete destra: qui è raffigurato Seth, figlio di Adamo, che si reca alla porta del paradiso per chiedere l’olio dell’albero di misericordia, e riceve dall’arcangelo Michele un ramo di quell’albero. Al ritorno, Seth trova Adamo già morto e pianta il ramo sul corpo del padre. Ad Agnolo è attribuito il disegno generale della scena e poche fra le figure che vi compaiono: tutto il resto si deve all’esecuzione di un aiuto.

Il riquadro sottostante mostra il ramo piantato da Seth cresciuto e diventato un albero robusto. Salomone intende servirsene per realizzare la trave che sosterrà il suo tempio, ma il legno si rifiuta a questa destinazione e viene impiegato come ponticello sul fiume vicino. Nella scena inferiore si osserva la regina di Saba, che recatasi in visita a Salomone si imbatte nel ponticello e – intuendone il valore sacro – si inginocchia per adorarlo. Salomone, informato del fatto, fa sotterrare il legno. Anche in questo caso – al di là dell’impianto generale ideato dal Gaddi – le figure sembrano essere opera di un discepolo, che ha copiato le sinopie del maestro.

Il riquadro seguente raffigura l’estrazione del legno sacro dalla miracolosa piscina che gli si era formata attorno, e la costruzione con esso della Croce. L’esecuzione è ricondotta interamente alla bottega del maestro, che invece si riservò quasi totalmente la realizzazione dei riquadri più in basso e di maggiore visibilità. Quasi completamente di mano del Gaddi è la scena con l’Invenzione e la Prova della Croce, ossia il ritrovamento da parte di Elena della reliquia, e la prova che davvero essa era la Croce di Cristo attraverso il miracolo della resurrezione di una donna defunta. In questo riquadro le figure sono distribuite con continuità sullo stesso piano e la presenza delle due croci (la stessa, nei due diversi momenti della storia – il ritrovamento a destra e il miracolo a sinistra) diviene strumento per spartire la composizione. Sullo sfondo si trova un paesaggio con edifici, personaggi e animali: un boscaiolo, un frate che attinge l’acqua al pozzo, un altro frate che getta la lenza dal ponticello.

Cappella della Croce di Giorno. Cenni di Francesco, Trasporto della Croce a Gerusalemme (in basso)
Cappella della Croce di Giorno. Cenni di Francesco, Trasporto della Croce a Gerusalemme (in basso)

Sulla parete opposta la narrazione ricomincia dalla lunetta in alto, con la regina Elena che porta la Croce a Gerusalemme, accompagnata da un folto seguito e accolta dai fedeli genuflessi davanti alle mura della città. La realizzazione è interamente attribuita a un collaboratore, ad eccezione delle tre figure in primo piano a destra. Il riquadro sottostante raffigura la Fuga di Cosroe, il re dei persiani che – dopo aver invaso Gerusalemme – sottrasse la Croce: la scena è quasi completamente opera di Agnolo Gaddi. Il riquadro sottostante contiene ben tre episodi: Cosroe adorato dai cortigiani, il Sogno di Eraclio – che riceve l’ordine di recuperare la reliquia -, la Battaglia di Eraclio e Cosroe. Mentre la prima scena fu realizzata da un aiuto, le successive sono del tutto attribuite al Gaddi.
L’ultimo affresco raffigura la Decapitazione di Cosroe e il Trionfo di Eraclio, che seguendo l’ordine di un angelo riporta la croce a Gerusalemme vestito da pellegrino e con i piedi scalzi.

La cappella maggiore in santa Santa Croce fu la più impegnativa impresa ad affresco di Agnolo Gaddi, a cui fece seguito a distanza di pochi anni la cappella Castellani sempre in santa Croce e, nel duomo di Prato, la cappella del Sacro Cingolo. Accanto alla narrazione dei fatti descritti dalla Legenda Aurea, il maestro dispose momenti e figure di vita quotidiana, come l’ospedale affollato di malati disposti sui lettucci nel riquadro dell’estrazione del legno dalla piscina e la rappresentazione dei falegnami intenti alla costruzione della Croce. Il ciclo del Gaddi inserisce inoltre l’evento miracoloso nella contemporaneità dell’uomo del Trecento, rappresentando un precedente iconografico importante per le leggende dipinte successivamente per mano di Masolino e Piero della Francesca. Anche alcune immagini – come nella scena del Sogno di Eraclio la tenda cuspidata con i lembi alzati per mostrarne l’interno, dove l’imperatore bizantino dorme mentre su di essa scende l’angelo messaggero celeste – costituirono un precedente importante per le invenzioni dei pittori successivi, ad esempio per l’analoga scena del Sogno di Costantino nel ciclo di Piero della Francesca.

Cappella della Croce di Giorno. Cappella della Croce di Giorno. Cenni di Francesco, Eraclio fa decapitare Cosroe e riporta scalzo la Croce a Gerusalemme
Cappella della Croce di Giorno. Cenni di Francesco, Eraclio fa decapitare Cosroe e riporta scalzo la Croce a Gerusalemme

Agli affreschi del Gaddi guardò anche Cenni di Francesco di Ser Cenno, autore del ciclo affrescato della Cappella della Croce di Giorno della Chiesa di San Francesco a Volterra. Il ciclo fu realizzato nel 1410 con scene della vita della Vergine e di Cristo e momenti della storia della Vera Croce. Tra gli episodi hanno grande efficacia espressiva, oltre a quello raffigurante la strage degli innocenti, il trafugamento della Croce da parte di Cosroe e la decapitazione di Cosroe per volere di Eraclio.

Gli affreschi del Gaddi e di Cenni di Francesco rappresentarono modelli iconografici cui guardò Piero della Francesca qualche anno dopo, quando realizzò nella cappella maggiore della Chiesa di San Francesco ad Arezzo il suo straordinario ciclo delle Storie della Vera Croce. L’opera fu compiuta tra il 1452 e il 1466 (con un’interruzione negli anni 1458-1459 in occasione del soggiorno romano di Piero) ma si discosta dai cicli precedenti sia nella trattazione delle storie, sia a livello iconografico, sia infine nella scelta dell’andamento dei riquadri, che non rispondono a un criterio cronologico ma puramente estetico e simmetrico: le scene infatti sono disposte su tre livelli, in alto si fronteggiano quelle ambientate all’aperto, al centro le scene di corte e in basso quelle di battaglia. Sono dodici gli episodi principali, a partire dalla Morte di Adamo, nella lunetta della parete di destra, fino all’Esaltazione della Croce, con la reliquia che dopo essere stata rubata, viene riportata a Gerusalemme da Eraclio.

Piero della Francesca, Cappella Maggiore della chiesa di San Francesco, Sogno di Costantino
Sogno di Costantino

Fra le scene della Leggenda della Vera Croce qui rappresentate, vi sono: la già menzionata Morte di Adamo, la Regina di Saba in ginocchio davanti al ponte sul fiume Siloe e il suo incontro con il re Salomone, il Seppellimento del sacro legno, il Sogno di Costantino, la Vittoria di Costantino su Massenzio, la Tortura dell’ebreo, il Ritrovamento e il riconoscimento della Vera Croce, la Battaglia di Eraclio contro Cosroe, l’Esaltazione della Croce. Sono poi dipinti l’Annunciazione, il profeta Geremia, un angelo, un cupido, san Ludovico, san Pietro Martire. La luce delle scene è modulata su quella naturale, proveniente dalla finestra al centro della cappella, e rappresenta un elemento unificatore delle varie scene, insieme ad artifici quali la continuità del paesaggio e degli edifici di fondo.

Vale particolare attenzione la scena del Sogno di Costantino, che è una veduta notturna di potente suggestione: la figura dell’angelo – illuminata in controluce – è rappresentata con uno scorcio di grande audacia, mentre il motivo della tenda scostata che mostra l’imperatore addormentato ricorda la similare composizione della Madonna del parto di Piero della Francesca, e la precedente raffigurazione del Sogno di Eraclio nel ciclo di Agnolo Gaddi in santa Croce. Anche se vi sono scene notturne precedenti a questa, il Sogno di Costantino è il primo notturno in cui la luce è utilizzata in termini monumentali e al contempo simbolici.

Nella scena della Vittoria di Costantino contro Massenzio, l’immagine di Costantino ricorda moltissimo quella di Giovanni VIII Paleologo, imperatore di Bisanzio che giunse a Firenze nel 1439 per partecipare al Concilio, nella speranza di una riunificazione delle chiese d’Oriente e d’Occidente e della possibilità di organizzare una nuova Crociata contro i turchi che minacciavano Bisanzio. Il Concilio permise di raggiungere un accordo tra le due chiese, ma la Crociata non venne organizzata, nonostante le pressioni in tale senso anche di papa Pio II (della presenza del Paleologo a Firenze e del sogno di una nuova crociata da parte di papa Piccolomini raccontano gli affreschi di Benozzo Gozzoli nella Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi a Firenze e di Pinturicchio nella Libreria Piccolomini della cattedrale di Siena: ne parlo in questo articolo).

Nella cappella maggiore di san Francesco ho girato questo video:

Ho ammirato il ciclo di Piero della Francesca ad Arezzo in occasione di un viaggio nelle Terre di Piero, che mi ha permesso di ammirare i capolavori del maestro laddove egli nacque ed operò: le altre mete del mio itinerario sono state Sansepolcro – città natale dove si trovano la Resurrezione e il Polittico della Misericordia – e Monterchi – dove si ammira la Madonna del parto.

Oratorio di san Silvestro. La regina Elena trova la Vera Croce di Cristo
Oratorio di san Silvestro. La regina Elena trova la Vera Croce di Cristo

Ripercorrendo la storia della Leggenda della Vera Croce e delle sue rappresentazioni, ritengo indispensabile fare riferimento alla prima raffigurazione dell’invenzione della croce da parte di Elena, risalente alla prima metà del XIII secolo. Si trova all’interno di un ciclo di affreschi realizzato nell’oratorio della chiesa dei Quattro Santi Coronati, sul colle Celio a Roma. Per comprendere l’origine di questi affreschi è necessario fare riferimento all’origine e alla collocazione della chiesa, che sorgeva entro il perimetro del Laterano e, in particolare, lungo il percorso che il pontefice compiva – dopo la sua elezione in Vaticano – per raggiungere la cattedra vescovile, simbolo del potere politico del vescovo di Roma.

Gli affreschi che si trovano nell’oratorio – costruito nel 1246 – raffigurano la storia della presunta donazione della città di Roma da parte dell’imperatore Costantino a papa Silvestro I, atto da cui sarebbe scaturito il potere politico e secolare del papa. Dipinti da maestranze bizantine, gli affreschi sviluppano il racconto in undici scene secondo la versione tramandata dagli Actus Silvestri del IV-V secolo d.C.. Due scene del ciclo sono dedicate alla storia della Vera Croce a partire dalla figura di Elena che, secondo gli Actus, simpatizzava per l’ebraismo. La madre di Costantino venne convertita al cristianesimo da Silvestro I, che per mostrarle la vera fede affrontò in una disputa dodici rabbini. La prima delle due scene mostra dunque la disputa, durante la quale venne condotto un toro: i rabbini sussurrarono nell’orecchio dell’animale il nome di YHWH e ne causarono immediatamente la morte; Silvestro pronunciò il nome di Cristo, resuscitando l’animale. Nell’affresco si osserva il toro morto di fronte a un gruppo di sacerdoti e la bestia risuscitata davanti a Silvestro. A seguito di questa dimostrazione gli Actus narrano la conversione di Elena al cristianesimo. La scena successiva mostra il ritrovamento della Croce da parte della madre di Costantino, che con la sua conversione ottenne la grazia di scoprirne l’esatta ubicazione.

Oratorio di san Silvestro. La disputa di Silvestro I con i rabbini e la morte e resurrezione del toro
Oratorio di san Silvestro. La disputa di Silvestro I con i rabbini e la morte e resurrezione del toro

Per chi è interessato ad approfondire la storia della Leggenda della Vera Croce consiglio il volume di Chiara Mercuri “La Vera Croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma” edito da Laterza nel 2014. In merito alla storia e all’iconografia degli affreschi di Piero della Francesca suggerisco i libri di Marco Mendogni “La Veneranda pittura della Vera Croce di Piero della Francesca” edito da Angelo Pontecorboli nel 2019 e di Anna Maria Maetke (a cura di), “Piero della Francesca. La leggenda della vera Croce in San Francesco ad Arezzo” per Skira. Per quanto concerne gli affreschi di Agnolo Gaddi in santa Croce a Firenze rimando alla “Guida alla Basilica” di Francesco Vossilla per Scala (2015) e al volume “Santa Croce. La basilica, le cappelle, i chiostri, il museo” a cura di Umberto Baldini e Bruno Naldini pubblicato da Naldini Editore nel 1983. A queste opere ho fatto in parte riferimento per la redazione di questo articolo.

Per visitare i luoghi qui descritti ecco alcune informazioni utili:

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