Celle dell'Eremo di Camaldoli

Camaldoli, l’Eremo di san Romualdo tra le foreste del Casentino

Celle dell'Eremo di Camaldoli
Celle dell’Eremo

Camaldoli è uno dei centri di spiritualità più importanti ed antichi della Toscana insieme al Santuario francescano della Verna, che si trova a breve distanza sulle stesse montagne del Casentino: fondato ai primi dell’anno Mille da san Romualdo, si articola nei due luoghi del Monastero e del Sacro Eremo. Situati a pochi chilometri l’uno dall’altro, sono entrambi circondati dai boschi del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, un patrimonio verde antico quanto l’Appennino stesso.

Per raggiungere Camaldoli è necessario intraprendere un viaggio impegnativo anche in auto, abbandonando la valle e addentrandosi su per i tornanti che risalgono la montagna, fino a questo luogo che è davvero “appartato e lontano dai rumori del mondo”. La sua storia ha inizio verso il 1025, quando il ravennate Romualdo ricevette in dono dal vescovo di Arezzo Teodaldo di Canossa (zio di Matilde) alcune terre nell’Appennino Tosco-Romagnolo: qui il monaco, già noto per la sua riforma della Regola Benedettina – che univa l’esperienza eremitica alla comunione cenobitica, oltre all’impegno per la missione e l’ospitalità – fondò un Eremo e una chiesa, consacrata nel 1027. Nei pressi della chiesa Romualdo edificò cinque celle, stabilendovi cinque fratelli mentre più in basso, nel luogo chiamato Fontebuono, il santo costruì una casa per l’accoglienza degli ospiti. Già molto anziano, Romualdo morì poco dopo: il suo corpo riposa nella chiesa a lui intitolata, a Fabriano.

Strada fra Eremo e monastero a Camaldoli
Strada fra Eremo e monastero

Presso il cenobio di Fontebuono, poi Camaldoli, nel corso del Cinquecento fu edificato il Monastero, dotato di ospedale, farmacia e chiesa. La chiesa fu costruita sul luogo delle prime quattro chiese precedenti: quella distrutta da un incendio nel 1203 venne subito ricostruita, poi riedificata nel Cinquecento e infine ristrutturata nel Settecento. Al suo interno si ammirano sette tavole del Vasari, di cui sull’altare maggiore la Deposizione di Cristo dalla croce e, nelle cappelle laterali, la Natività di Cristo e la Vergine in trono col Bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo.

Uno spazio di grande fascino è l’antica Farmacia, che ha conservato intatti gli arredi cinquecenteschi e la raccolta di libri a stampa, dal Cinquecento all’Ottocento, comprendente ricettari, manuali di chirurgia, erbari: fra i volumi esposti ho ammirato una copia delle “Istituzioni botaniche” di Ottaviano Targioni Tozzetti, direttore del Giardino dei Semplici di Firenze dal 1801. Annessa all’ospedale fondato nel 1046 per curare gli ammalati dei paesi vicini, la Farmacia di Camaldoli ha continuato ad operare anche dopo la soppressione napoleonica del ricovero. Oggi espone gli alambicchi, i forni, i mortai e i vasi in ceramica e vetro, e prosegue la produzione e la vendita di prodotti ricavati dalle antiche ricette.

Chiostro di Maldolo, monastero di Camaldoli
Chiostro di Maldolo

Il nucleo medievale del Monastero è testimoniato dal chiostro di Maldolo, costruito in pietra serena fra il XII e il XIII secolo, inizialmente chiamato chiostro degli Speziali perché annesso ai locali del primitivo ospedale. Attorno ad esso si dispongono gli ambienti della foresteria, che in origine era raggiungibile dal basso, tramite la scala che lo collega al sentiero proveniente dalla valle. Alla fine del Quattrocento la parte superiore del chiostro subì alcune modifiche, per renderlo adeguato ad accogliere Lorenzo il Magnifico e il suo seguito di intellettuali e umanisti – tra i quali Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Leon Battista Alberti – che si riunirono a Camaldoli per discutere alcune questioni: dai loro incontri derivano le Disputationes Camaldulenses di Cristoforo Landino (1474).

Cappella di san Romualdo a Camaldoli
Cappella di san Romualdo

Percorrendo la strada che costeggia il torrente e sale la montagna si può ammirare la foresta, che per molti secoli è stata oggetto delle cure dei monaci: a partire dal XVI secolo la comunità di Camaldoli praticò – come quella dei monaci di Vallombrosa – la coltivazione boschiva, redigendo una serie di regole che andarono a costituire il primo “Codice forestale”: fra le prescrizioni, ogni anno venivano piantati almeno quattromila abeti e nessuno aveva il permesso di tagliare un albero senza il consenso del Capitolo.

Lungo il percorso verso l’Eremo s’incontrano luoghi di devozione come la Cappella della Madonna della Neve (del XV secolo) e la Cappella di Romualdo, più antica. Accanto a questa si trova una pietra che, secondo la tradizione, conserva l’impronta dei piedi e di una mano di Romualdo, memoria del prodigio da lui operato mentre il demonio tentava di gettarlo nel torrente sottostante. Poco prima di giungere all’Eremo si trova un piccolo lago, scavato per volere del priore Ambrogio Traversari alla prima metà del XV secolo: serviva alla coltura del pesce necessario all’alimentazione della comunità, che non consumava carne.

Sagrato dell'Eremo di Camaldoli
Sagrato dell’Eremo

Il Sacro Eremo di Camaldoli è circondato da mura: superato il portale d’ingresso – la “Porta speciosa” realizzata da Claudio Parmiggiani – si accede a un sagrato costeggiato dagli edifici della foresteria, giungendo infine alla chiesa. Il primo edificio venne consacrato nel 1220 sul luogo dell’antico oratorio di Romualdo, forse alla presenza di san Francesco. Venne poi rifatto in epoche successive. Dopo un piccolo atrio ci si trova in un transetto, separato dalla navata centrale da un divisorio in legno intagliato, coperto da foglia d’oro. La navata centrale è decorata con stucchi e affreschi entro cornici, mentre in controfacciata si ammira un affresco del XVII secolo con la Visione di san Romualdo, rappresentante il santo insieme ai primi cinque monaci. Nella navata il coro in legno di noce risale al XVI secolo. A lato dell’altare, nella cappella di sant’Antonio abate, è conservata una splendida terracotta invetriata di Andrea della Robbia, raffigurante la Vergine con il Bambino e i santi Romualdo, Maria Maddalena, Giovanni Battista e Antonio Abate, sovrastati dall’Eterno benedicente.

Antica farmacia di Camaldoli
Antica farmacia

Dal piazzale della chiesa si accede alla cella di san Romualdo: è il modello di tutte le altre venti, che si dispongono oltre il cancello della clausura, distribuite su cinque file. La struttura delle celle è per tutte identica, rimasta immutata nel corso dei secoli: ciascuna cella è una piccola abitazione, con lo spazio dedicato allo studio, al riposo, alla preghiera, e all’esterno un giardino indipendente. Nelle venti celle di Camaldoli, per qualche tempo in epoche diverse, vissero anche san Francesco e san Carlo Borromeo. In fondo al viale centrale fra le celle sorge una piccola chiesa, chiamata Cappella del papa perché fu fatta costruire nel 1220 da colui che divenne papa Gregorio IX. Accanto si estende il cimitero dei monaci.

Sul sagrato della chiesa, annessa alla cella di san Romualdo, si trova la Biblioteca, qui realizzata nel 1622 e arricchitasi nel corso dei secoli grazie alle acquisizioni delle biblioteche personali dei monaci e agli acquisti annuali di libri a stampa. Ancor oggi nella Biblioteca dell’Eremo di Camaldoli sono custoditi volumi preziosi, tra i quali il Salterio di san Romualdo dell’XI secolo.

Chiesa del monastero di Camaldoli
Chiesa del monastero

Informazioni utili: ho redatto questo articolo avvalendomi di fonti diverse, tra le quali la preziosa guida illustrata di Camaldoli a cura di S. Frigerio, U. Cortoni e M. Ferrari. Per visitare l’Eremo e il Monastero suggerisco di consultare il sito internet www.camaldoli.it, che riporta le informazioni e i contatti utili. La Farmacia di Camaldoli ha un suo sito, anticafarmaciacamaldoli.it. La visita di questi luoghi può accompagnarsi a quella del santuario della Verna o a qualche località del Casentino, come Romena o Poppi, oppure a un’escursione nel Parco delle Foreste Casentinesi (tutte le info sul sito www.parcoforestecasentinesi.it).

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